Vivere o vivacchiare

Nella recente visita a Torino per venerare la sacra Sindone, il Santo Padre ha incontrato anche i giovani del Piemonte e ha loro indicato come modello da imitare un loro concittadino, il beato Piergiorgio Frassati, definendolo “un ragazzo affascinato dalla bellezza del Vangelo delle beatitudini, che sperimentò tutta la gioia di essere amico di Cristo, di seguirlo, di sentirsi in modo vivo parte della Chiesa”. “Vivere e non vivacchiare”, ripeteva il giovane Piergiorgio, che apparteneva a una famiglia agiata, frequentava con successo l’Università, amava la montagna e le escursioni con gli amici. Si potrebbe pensare che per vivere, e non vivacchiare, egli intendesse tutto questo, ma non era così. Pur apprezzando quanto la vita gli offriva, avvertiva l’esigenza di andare più a fondo, di immergersi nella vita più completa e intensa che Cristo insegnava, praticandola, nel segno della carità, ovvero dell’amore tutto speso per gli altri, per cambiare la loro esistenza, per confortarla elevandola verso la visione eterna di Dio. Per questo, nella sua breve esistenza, Piergiorgio ebbe cura di dedicare un tempo prezioso ai fratelli poveri e bisognosi, recando loro, con la freschezza del suo sorriso e della sua gioventù, concreti aiuti morali e materiali, vivendo insieme a loro la semplicità e la letizia del Vangelo. Infaticabile testimone del divino Maestro, si faceva così egli stesso maestro dei suoi amici, che non di rado riuscì a coinvolgere nelle sue esperienze spirituali e caritative, per scoprire come nell’amore disinteressato e oblativo si possa avvertire tutta la levità del giogo di cui parla Gesù. Sicuramente Piergiorgio Frassati, se fosse stato al posto del giovane di cui parla Matteo nel suo Vangelo (19, 16-22), avrebbe seguito Gesù, come di fatto è avvenuto, avendo accolto e vissuto la sua Parola. Oggi, in questa macchina disumanizzata che è diventato il mondo, sembra assai più difficile, se non improponibile, questa scelta che implica la rinuncia di ciò che appare irrinunciabile, e il riconoscimento della fatuità dei nuovi valori. Eppure Benedetto XVI non teme di invitare i giovani alle scelte forti, agli impegni che sollecitano la facoltà fondamentale dello spirito e che riflettono l’essenza stessa di Dio, ossia l’amore. È l’amore che dà la pienezza e il senso alla vita, che impedisce di fare intorno a noi terra bruciata di umanità e di alienarci la speranza. Il Santo Padre, che non teme il deserto, facile metafora della spiritualità inaridita, invita i giovani a rivendicare la loro libertà, a fare della loro vita qualcosa di bello e di grande che la giustifichi e ne risolva l’insoddisfazione, la strutturi in vista di una meta che ci è destinata, anche se il percorso può presentarsi difficoltoso. Il navigare controcorrente è comunque tipico delle forze giovanili, ma viene spesso interpretato come trasgressione. Può accadere che in certi momenti la fatica ci induca alla rinuncia, impedendoci di vivere, nell’amore reciproco, l’amore di Dio. Rassicuratevi. Gesù ci ha avvertito: “Senza di me non potete fare nulla”. Ma con Lui possiamo fare tutto!

AUTORE: † Mario Ceccobelli