LaVoce https://www.lavoce.it/ Settimanale di informazione regionale Wed, 20 Nov 2024 17:38:17 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.5 https://www.lavoce.it/wp-content/uploads/2018/07/cropped-Ultima-FormellaxSito-32x32.jpg LaVoce https://www.lavoce.it/ 32 32 Gaza. Papa Francesco chiede chiarezza perché la storia del male non si ripeta https://www.lavoce.it/gaza-papa-francesco-chiede-chiarezza-perche-la-storia-del-male-non-si-ripeta/ https://www.lavoce.it/gaza-papa-francesco-chiede-chiarezza-perche-la-storia-del-male-non-si-ripeta/#respond Wed, 20 Nov 2024 17:37:13 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78615 Un palazzo a gaza distrutto dai bombardamenti

Le parole contenute nel libro La speranza non delude mai di Papa Francesco e che hanno destato scandalo sono esattamente queste: “A detta di alcuni esperti, ciò che sta accadendo a Gaza ha le caratteristiche di un genocidio. Bisognerebbe indagare con attenzione per determinare se s’inquadra nella definizione tecnica formulata da giuristi e organismi internazionali”. Non una sentenza ma semplicemente la manifestazione della necessità di un approfondimento di giurisprudenza internazionale e delle reali volontà dell’attuale governo di Israele. E se è vero che alle vittime della Striscia di Gaza poco importa se sono morte a causa di un genocidio pianificato o di una risposta (vendetta) esponenzialmente sproporzionata o a causa di una guerra di legittima difesa, è vero che la comunità internazionale ha il diritto di sapere. È indispensabile saper leggere la lezione della storia perché il male non si ripeta e perché altre persone e popolazioni non siano calpestate domani da altra violenza. Non è solo utile, è necessario per definire i confini del diritto così come è avvenuto nell’analisi della Shoah che è una delle pagine che più grondano sangue nella storia e che non deve più affacciarsi nella mente di nessuno.]]>
Un palazzo a gaza distrutto dai bombardamenti

Le parole contenute nel libro La speranza non delude mai di Papa Francesco e che hanno destato scandalo sono esattamente queste: “A detta di alcuni esperti, ciò che sta accadendo a Gaza ha le caratteristiche di un genocidio. Bisognerebbe indagare con attenzione per determinare se s’inquadra nella definizione tecnica formulata da giuristi e organismi internazionali”. Non una sentenza ma semplicemente la manifestazione della necessità di un approfondimento di giurisprudenza internazionale e delle reali volontà dell’attuale governo di Israele. E se è vero che alle vittime della Striscia di Gaza poco importa se sono morte a causa di un genocidio pianificato o di una risposta (vendetta) esponenzialmente sproporzionata o a causa di una guerra di legittima difesa, è vero che la comunità internazionale ha il diritto di sapere. È indispensabile saper leggere la lezione della storia perché il male non si ripeta e perché altre persone e popolazioni non siano calpestate domani da altra violenza. Non è solo utile, è necessario per definire i confini del diritto così come è avvenuto nell’analisi della Shoah che è una delle pagine che più grondano sangue nella storia e che non deve più affacciarsi nella mente di nessuno.]]>
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Mattarella rispetta le regole del gioco https://www.lavoce.it/mattarella-rispetta-le-regole-del-gioco/ https://www.lavoce.it/mattarella-rispetta-le-regole-del-gioco/#respond Wed, 20 Nov 2024 17:29:04 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78609

Il presidente Mattarella ha detto che gli è capitato di mettere la sua firma sotto leggi delle quali non approvava il contenuto. La dichiarazione ha provocato scalpore, ma ci si sarebbe dovuti sorprendere se avesse detto il contrario; e cioè che lui è stato sempre d’accordo con tutto quello che ha firmato.

Le leggi le approva il Parlamento; la firma del presidente serve a certificare che quello che sta scritto proviene, appunto, da votazioni parlamentari svoltesi regolarmente ed il testo è proprio quello approvato dalle camere. Se il presidente potesse negare la sua firma perché non è pienamente d’accordo, sarebbe il terzo titolare del potere legislativo, insieme alle due camere; sarebbe una specie di terza camera, ma la costituzione non ha voluto questo (era così, invece, il re per lo Statuto albertino).

È vero che il presidente può rinviare la legge alle camere per una nuova deliberazione (dopo di che, se le camere la confermano, è obbligato a firmarla) ma da quando esiste questa regola, cioè dal 1948, le volte in cui è avvenuto si contano con le dita della mano; perché tutti gli studiosi della materia la considerano una potestà da usare in casi eccezionali.

Non si può dire neppure che la funzione del presidente sia di verificare che quella legge sia perfettamente in linea con la costituzione: questa verifica è assegnata alla Corte costituzionale, la quale si pronuncia collegialmente alla fine di un vero e proprio processo in contraddittorio.

La dichiarazione di Mattarella avrebbe fatto (giustamente) scalpore, se lui avesse detto “quali” sono le leggi che ha firmato senza condividerle; ma questo non lo ha detto e sono certo che non lo dirà mai, perché sarebbe una grave scorrettezza istituzionale.

Potrebbe farlo, forse, una volta tornato privato cittadino, ma credo che non lo farà neanche allora. Chiedo scusa se ho annoiato i lettori con questioni che sembrano riservate agli azzeccagarbugli; ma mi è sembrata una buona occasione per mostrare come funzionano quei princìpi, come la divisione dei poteri, che sono alla base del nostro sistema democratico. Dove nessuno, neppure il Capo dello Stato, può fare e dire liberamente quello che gli passa per la testa; deve invece attenersi alle regole del gioco e rispettare le funzioni che la costituzione e le leggi assegnano ad altri. I quali a loro volta dovranno regolarsi allo stesso modo.

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Il presidente Mattarella ha detto che gli è capitato di mettere la sua firma sotto leggi delle quali non approvava il contenuto. La dichiarazione ha provocato scalpore, ma ci si sarebbe dovuti sorprendere se avesse detto il contrario; e cioè che lui è stato sempre d’accordo con tutto quello che ha firmato.

Le leggi le approva il Parlamento; la firma del presidente serve a certificare che quello che sta scritto proviene, appunto, da votazioni parlamentari svoltesi regolarmente ed il testo è proprio quello approvato dalle camere. Se il presidente potesse negare la sua firma perché non è pienamente d’accordo, sarebbe il terzo titolare del potere legislativo, insieme alle due camere; sarebbe una specie di terza camera, ma la costituzione non ha voluto questo (era così, invece, il re per lo Statuto albertino).

È vero che il presidente può rinviare la legge alle camere per una nuova deliberazione (dopo di che, se le camere la confermano, è obbligato a firmarla) ma da quando esiste questa regola, cioè dal 1948, le volte in cui è avvenuto si contano con le dita della mano; perché tutti gli studiosi della materia la considerano una potestà da usare in casi eccezionali.

Non si può dire neppure che la funzione del presidente sia di verificare che quella legge sia perfettamente in linea con la costituzione: questa verifica è assegnata alla Corte costituzionale, la quale si pronuncia collegialmente alla fine di un vero e proprio processo in contraddittorio.

La dichiarazione di Mattarella avrebbe fatto (giustamente) scalpore, se lui avesse detto “quali” sono le leggi che ha firmato senza condividerle; ma questo non lo ha detto e sono certo che non lo dirà mai, perché sarebbe una grave scorrettezza istituzionale.

Potrebbe farlo, forse, una volta tornato privato cittadino, ma credo che non lo farà neanche allora. Chiedo scusa se ho annoiato i lettori con questioni che sembrano riservate agli azzeccagarbugli; ma mi è sembrata una buona occasione per mostrare come funzionano quei princìpi, come la divisione dei poteri, che sono alla base del nostro sistema democratico. Dove nessuno, neppure il Capo dello Stato, può fare e dire liberamente quello che gli passa per la testa; deve invece attenersi alle regole del gioco e rispettare le funzioni che la costituzione e le leggi assegnano ad altri. I quali a loro volta dovranno regolarsi allo stesso modo.

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Il Sinodo tiene aperti gli occhi https://www.lavoce.it/il-sinodo-tiene-aperti-gli-occhi/ https://www.lavoce.it/il-sinodo-tiene-aperti-gli-occhi/#respond Wed, 20 Nov 2024 15:00:54 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78591 I sinodali seduti ai tavoli all'interno della basilica di San palo fuori le mura

Dire che Sinodo è innanzitutto “cammino” non è una banalità, soprattutto se si comprende la fatica di tenere ciascuno il passo dell’altro per procedere con un’andatura armonica, che rispetti la fatica dell’altro senza concentrarsi esclusivamente sulla propria. Significa abbandonare il sogno e il desiderio di mete personali per scrutare piuttosto l’orizzonte come bene comune.

L’Assemblea sinodale che si è realizzata nei giorni scorsi nella basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma è stata sì fortemente voluta, proposta e sospinta da Papa Francesco, ma è stata suggerita soprattutto dallo Spirito e generata dalla Storia. La scelta del luogo in cui avvenne il primo annuncio “giovanneo” diceva con tutta chiarezza che ci si poneva in continuità con quella primavera del Concilio il cui spirito attende ancora d’essere metabolizzato dalle Chiese locali.

D’altra parte non si possono più chiudere gli occhi di fronte al futuro disegnato dalla proiezione sociologica e statistica che parla di chiese, seminari e conventi che si svuotano. Nello stesso tempo – ha rilevato mons. Erio Castellucci in apertura - “per la scienza statistica una visita all’ammalato o un dialogo anche occasionale con un adolescente o l’accoglienza di un povero non ha rilevanza, a differenza delle percentuali dei praticanti o di chi si sposa in Chiesa o del numero dei seminaristi”.

Quindi l’evento-Sinodo è un ascolto dello Spirito santo e della Storia, e uno sguardo attento al bene e ai segni di speranza che sono enormemente di più di quelli che possiamo conoscere e immaginare. È questo che ha segnato la rotta dell’Assemblea sinodale, in cui è sembrato che i delegati delle Chiese si siano scrollati di dosso le preoccupazioni inutili e superflue, oltre che banali e inconcludenti, del politicamente/ecclesiasticamente corretto per risvegliare piuttosto la parresìa di chi sa di non avere nulla da perdere e tutto da guadagnare.

In questo si è respirata la profezia cui ha fatto riferimento esplicito Papa Francesco nel suo messaggio all’Assemblea: “I profeti vivono nel tempo - ha detto - , leggendolo con lo sguardo della fede, illuminato dalla Parola di Dio. Si tratta dunque di tradurre in scelte e decisioni evangeliche quanto raccolto in questi anni. E questo lo si fa nella docilità allo Spirito”.

Il mandato pertanto era a ricercare la concretezza della profezia che “è la capacità di declinare quello che del cristianesimo ‘fa la differenza’ nella cultura in cui esso è chiamato a vivere, non in un contesto ideale astorico e atemporale. La missione diventa cultura quando un’esperienza si presenta ragionevole e praticabile anche per gli altri. Qui sta la forza della profezia” (mons. Castellucci). Una profezia di popolo che è il carattere stesso della Pentecoste, che non fu un atto di singoli, dal momento che “tutti” sentivano gli apostoli parlare la propria lingua.

In questo senso sono preziose le scelte concrete rilanciate dai 100 tavoli dell’Assemblea per riformare la Chiesa nella sua capacità di comunicare, di educare all’iniziazione cristiana, di costruire la pace e la nonviolenza, di abbracciare il dialogo come cifra della relazione, di nuova corresponsabilità nelle scelte da operare, di revisione delle strutture di partecipazione, solo per fare alcuni esempi.

Temi che hanno originato proposte molte concrete che, se non vengono edulcorate da una sintesi atrofizzata dalla paura del nuovo, possono riuscire a cambiare il volto della comunità cristiana che assume lo stile della missione come battito del proprio cuore.

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I sinodali seduti ai tavoli all'interno della basilica di San palo fuori le mura

Dire che Sinodo è innanzitutto “cammino” non è una banalità, soprattutto se si comprende la fatica di tenere ciascuno il passo dell’altro per procedere con un’andatura armonica, che rispetti la fatica dell’altro senza concentrarsi esclusivamente sulla propria. Significa abbandonare il sogno e il desiderio di mete personali per scrutare piuttosto l’orizzonte come bene comune.

L’Assemblea sinodale che si è realizzata nei giorni scorsi nella basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma è stata sì fortemente voluta, proposta e sospinta da Papa Francesco, ma è stata suggerita soprattutto dallo Spirito e generata dalla Storia. La scelta del luogo in cui avvenne il primo annuncio “giovanneo” diceva con tutta chiarezza che ci si poneva in continuità con quella primavera del Concilio il cui spirito attende ancora d’essere metabolizzato dalle Chiese locali.

D’altra parte non si possono più chiudere gli occhi di fronte al futuro disegnato dalla proiezione sociologica e statistica che parla di chiese, seminari e conventi che si svuotano. Nello stesso tempo – ha rilevato mons. Erio Castellucci in apertura - “per la scienza statistica una visita all’ammalato o un dialogo anche occasionale con un adolescente o l’accoglienza di un povero non ha rilevanza, a differenza delle percentuali dei praticanti o di chi si sposa in Chiesa o del numero dei seminaristi”.

Quindi l’evento-Sinodo è un ascolto dello Spirito santo e della Storia, e uno sguardo attento al bene e ai segni di speranza che sono enormemente di più di quelli che possiamo conoscere e immaginare. È questo che ha segnato la rotta dell’Assemblea sinodale, in cui è sembrato che i delegati delle Chiese si siano scrollati di dosso le preoccupazioni inutili e superflue, oltre che banali e inconcludenti, del politicamente/ecclesiasticamente corretto per risvegliare piuttosto la parresìa di chi sa di non avere nulla da perdere e tutto da guadagnare.

In questo si è respirata la profezia cui ha fatto riferimento esplicito Papa Francesco nel suo messaggio all’Assemblea: “I profeti vivono nel tempo - ha detto - , leggendolo con lo sguardo della fede, illuminato dalla Parola di Dio. Si tratta dunque di tradurre in scelte e decisioni evangeliche quanto raccolto in questi anni. E questo lo si fa nella docilità allo Spirito”.

Il mandato pertanto era a ricercare la concretezza della profezia che “è la capacità di declinare quello che del cristianesimo ‘fa la differenza’ nella cultura in cui esso è chiamato a vivere, non in un contesto ideale astorico e atemporale. La missione diventa cultura quando un’esperienza si presenta ragionevole e praticabile anche per gli altri. Qui sta la forza della profezia” (mons. Castellucci). Una profezia di popolo che è il carattere stesso della Pentecoste, che non fu un atto di singoli, dal momento che “tutti” sentivano gli apostoli parlare la propria lingua.

In questo senso sono preziose le scelte concrete rilanciate dai 100 tavoli dell’Assemblea per riformare la Chiesa nella sua capacità di comunicare, di educare all’iniziazione cristiana, di costruire la pace e la nonviolenza, di abbracciare il dialogo come cifra della relazione, di nuova corresponsabilità nelle scelte da operare, di revisione delle strutture di partecipazione, solo per fare alcuni esempi.

Temi che hanno originato proposte molte concrete che, se non vengono edulcorate da una sintesi atrofizzata dalla paura del nuovo, possono riuscire a cambiare il volto della comunità cristiana che assume lo stile della missione come battito del proprio cuore.

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Carlo Acutis diventerà santo il prossimo 27 aprile https://www.lavoce.it/il-beato-carlo-acutis-santo-il-prossimo-27-aprile/ https://www.lavoce.it/il-beato-carlo-acutis-santo-il-prossimo-27-aprile/#respond Wed, 20 Nov 2024 14:21:10 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78578 carlo acutis a mezzo busto, ritratto di fronte, con una maglietta rossa a mezze maniche, con gli occhiali da sole. Sullo sfondo le montagne

Campane a festa ad Assisi per l’annuncio della canonizzazione del beato Carlo Acutis. Il Santo Padre lo ha detto nel corso dell’udienza generale di mercoledì, 20 novembre, annunciando che il giovane milanese, sepolto al santuario della Spogliazione di Assisi, sarà elevato agli onori degli altari, durante il Giubileo degli adolescenti, che si svolgerà dal 25 al 27 aprile 2025.

Assisi esulta per la canonizzazione di Carlo Acutis

La messa presieduta dal Papa è prevista per domenica, 27 aprile alle ore 10.30, in piazza San Pietro. “Assisi esulta – dichiara il vescovo delle diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno, monsignor Domenico Sorrentino - per questa importante notizia che ci consente di avviarci al giorno della canonizzazione del beato Carlo Acutis con tutto l’entusiasmo e la buona preparazione necessaria. Abbiamo già in programma alcuni momenti significativi di approfondimento, riflessione e coordinamento che ci vedranno impegnati in città, in tutta la diocesi, nella diocesi sorella di Foligno e nelle diocesi umbre.

Vescovo Sorrentino: "I giovani sentono Carlo come un raggio di luce"

Sento questo momento come una grazia per la nostra Chiesa, la Chiesa italiana e del mondo intero. La Chiesa e specialmente i giovani – aggiunge monsignor Sorrentino - sentono Carlo come un raggio di luce, come lo sono stati Francesco e Chiara sulle cui orme egli è venuto a santificarsi e ora riposa. È stato davvero originale non fotocopia, ha voluto conformarsi pienamente a Gesù, ha voluto essere un sorriso di Dio e una calamita di santità per i giovani. Condividono la nostra gioia il papà Andrea, la mamma Antonia, la sorella Francesca e il fratello Michele. È bello che Carlo ci indichi la strada della famiglia come strada di santità. Ringraziamo Papa Francesco e ci prepariamo con gioia a questo momento”. [embed]https://www.youtube.com/shorts/N-Ierb48JNE[/embed]  ]]>
carlo acutis a mezzo busto, ritratto di fronte, con una maglietta rossa a mezze maniche, con gli occhiali da sole. Sullo sfondo le montagne

Campane a festa ad Assisi per l’annuncio della canonizzazione del beato Carlo Acutis. Il Santo Padre lo ha detto nel corso dell’udienza generale di mercoledì, 20 novembre, annunciando che il giovane milanese, sepolto al santuario della Spogliazione di Assisi, sarà elevato agli onori degli altari, durante il Giubileo degli adolescenti, che si svolgerà dal 25 al 27 aprile 2025.

Assisi esulta per la canonizzazione di Carlo Acutis

La messa presieduta dal Papa è prevista per domenica, 27 aprile alle ore 10.30, in piazza San Pietro. “Assisi esulta – dichiara il vescovo delle diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino e di Foligno, monsignor Domenico Sorrentino - per questa importante notizia che ci consente di avviarci al giorno della canonizzazione del beato Carlo Acutis con tutto l’entusiasmo e la buona preparazione necessaria. Abbiamo già in programma alcuni momenti significativi di approfondimento, riflessione e coordinamento che ci vedranno impegnati in città, in tutta la diocesi, nella diocesi sorella di Foligno e nelle diocesi umbre.

Vescovo Sorrentino: "I giovani sentono Carlo come un raggio di luce"

Sento questo momento come una grazia per la nostra Chiesa, la Chiesa italiana e del mondo intero. La Chiesa e specialmente i giovani – aggiunge monsignor Sorrentino - sentono Carlo come un raggio di luce, come lo sono stati Francesco e Chiara sulle cui orme egli è venuto a santificarsi e ora riposa. È stato davvero originale non fotocopia, ha voluto conformarsi pienamente a Gesù, ha voluto essere un sorriso di Dio e una calamita di santità per i giovani. Condividono la nostra gioia il papà Andrea, la mamma Antonia, la sorella Francesca e il fratello Michele. È bello che Carlo ci indichi la strada della famiglia come strada di santità. Ringraziamo Papa Francesco e ci prepariamo con gioia a questo momento”. [embed]https://www.youtube.com/shorts/N-Ierb48JNE[/embed]  ]]>
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Inaugurata la nuova residenza protetta del Centro Sereni-Don Guanella https://www.lavoce.it/inaugurata-la-nuova-residenza-protetta-del-centro-sereni-don-guanella/ https://www.lavoce.it/inaugurata-la-nuova-residenza-protetta-del-centro-sereni-don-guanella/#respond Fri, 15 Nov 2024 16:53:29 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78556 La porta a vetri di ingresso della residenza

Il 10 novembre scorso, dopo la messa celebrata in chiesa, è stata inaugurata la nuova residenza protetta over 65 del Centro Sereni – Opera Don Guanella nel quartiere perugino di Montebello. Un passo importante per la comunità guanelliana e per il Centro Sereni che ha la finalità di accompagnare gli ospiti anche nella parte finale della loro vita, garantendo una continuità assistenziale e una qualità di vita dignitosa.

La nuova struttura è “qualcosa in più per rispondere alle esigenze, e un inizio non una fine”, frutto di un “lavoro durato cinque mesi che ha visto la collaborazione di tante persone” ha detto don Giovanni Amico, direttore del centro.

Le autorità presenti

Ha tagliato il nastro la ministra per le Disabilità, Alessandra Locatelli, presenti la presidente della Regione Donatella Tesei, la sindaca Vittoria Ferdinandi, il garante regionale dei diritti delle persone con disabilità Massimo Rolla, il vicario diocesano don Simone Sorbaioli.

La nuova residenza protetta del Centro Sereni

La nuova ala comprende 12 camere, per un totale di 20 posti. Attualmente la struttura socio-riabilitativa, accreditata dalla Regione Umbria e convenzionata con la Usl Umbria 1, accoglie 70 ospiti, sia in regime residenziale che semiresidenziale, con disabilità intellettiva e difficoltà comportamentali derivanti da disfunzioni cerebrali, seguiti da 80 dipendenti, religiosi e laici.

Le parole della ministra Alessandra Locatelli

”È una giornata straordinaria per me, perché si inaugura un servizio importante che ho sentito nascere e desiderare”, ha detto la ministra Locatelli “Per me l’apertura di un servizio è una risposta ai bisogni delle persone”, e in questo caso “persone con disabilità che hanno bisogno di essere accompagnate in un percorso che dura tutta la vita, finché c’è qualcuno che è in grado di amare, di tenere quella mano e di interpretare i desideri e il volere di una persona. Non solo per erogare un servizio, ma per cercare di realizzare quel progetto di vita, di cui parlo spesso, che però sia scelto e desiderato sempre dalla persona stessa in base alle sue necessità”.

Le parole della sindaca Ferdinandi

La sindaca Ferdinandi ha sottolineato che l’inclusione “da tema di agenda politica deve diventare tema di agenda collettiva, dove ognuno con i propri comportamenti quotidiani può fare la differenza”.

Portando il saluto dell’arcivescovo Ivan Maffeis, il vicario don Simone Sorbaioli ha ricordato che “il don Guanella per la città è oltre che un luogo di attenzione e carità, un luogo simbolo che oggi si arricchisce di una nuova perla”.

Al termine alla ministra Locatelli, nominata simbolicamente madrina della residenza protetta, è stata consegnata la chiave dell’opera don Guanella.

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La porta a vetri di ingresso della residenza

Il 10 novembre scorso, dopo la messa celebrata in chiesa, è stata inaugurata la nuova residenza protetta over 65 del Centro Sereni – Opera Don Guanella nel quartiere perugino di Montebello. Un passo importante per la comunità guanelliana e per il Centro Sereni che ha la finalità di accompagnare gli ospiti anche nella parte finale della loro vita, garantendo una continuità assistenziale e una qualità di vita dignitosa.

La nuova struttura è “qualcosa in più per rispondere alle esigenze, e un inizio non una fine”, frutto di un “lavoro durato cinque mesi che ha visto la collaborazione di tante persone” ha detto don Giovanni Amico, direttore del centro.

Le autorità presenti

Ha tagliato il nastro la ministra per le Disabilità, Alessandra Locatelli, presenti la presidente della Regione Donatella Tesei, la sindaca Vittoria Ferdinandi, il garante regionale dei diritti delle persone con disabilità Massimo Rolla, il vicario diocesano don Simone Sorbaioli.

La nuova residenza protetta del Centro Sereni

La nuova ala comprende 12 camere, per un totale di 20 posti. Attualmente la struttura socio-riabilitativa, accreditata dalla Regione Umbria e convenzionata con la Usl Umbria 1, accoglie 70 ospiti, sia in regime residenziale che semiresidenziale, con disabilità intellettiva e difficoltà comportamentali derivanti da disfunzioni cerebrali, seguiti da 80 dipendenti, religiosi e laici.

Le parole della ministra Alessandra Locatelli

”È una giornata straordinaria per me, perché si inaugura un servizio importante che ho sentito nascere e desiderare”, ha detto la ministra Locatelli “Per me l’apertura di un servizio è una risposta ai bisogni delle persone”, e in questo caso “persone con disabilità che hanno bisogno di essere accompagnate in un percorso che dura tutta la vita, finché c’è qualcuno che è in grado di amare, di tenere quella mano e di interpretare i desideri e il volere di una persona. Non solo per erogare un servizio, ma per cercare di realizzare quel progetto di vita, di cui parlo spesso, che però sia scelto e desiderato sempre dalla persona stessa in base alle sue necessità”.

Le parole della sindaca Ferdinandi

La sindaca Ferdinandi ha sottolineato che l’inclusione “da tema di agenda politica deve diventare tema di agenda collettiva, dove ognuno con i propri comportamenti quotidiani può fare la differenza”.

Portando il saluto dell’arcivescovo Ivan Maffeis, il vicario don Simone Sorbaioli ha ricordato che “il don Guanella per la città è oltre che un luogo di attenzione e carità, un luogo simbolo che oggi si arricchisce di una nuova perla”.

Al termine alla ministra Locatelli, nominata simbolicamente madrina della residenza protetta, è stata consegnata la chiave dell’opera don Guanella.

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Anspi Umbria. Il nuovo presidente è don Mirko Nardelli https://www.lavoce.it/anspi-umbria-nuovo-presidente-don-mirko-nardelli/ https://www.lavoce.it/anspi-umbria-nuovo-presidente-don-mirko-nardelli/#respond Fri, 15 Nov 2024 10:08:46 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78546 I sei membri del direttivo Anspi Umbria, cinque uomini, e una donna a destra, in piedi sullo sfono un crocifisso di legno attaccato alla parete

L’Anspi (Associazione nazionale San Paolo Italia) è una realtà di grande valore nel panorama delle attività giovanili e sociali in Italia. Fondata nel 1965 da mons. Battista Belloli “prete degli oratori”, l’associazione intende dare piena legittimità agli oratori di operare nel tessuto sociale per l’educazione integrale dei giovani. Per stimolare la crescita culturale e spirituale delle nuove generazioni, l’associazione si impegna quotidianamente a sostenere le parrocchie e le comunità locali attraverso attività educative, formative e ricreative.

Le attività di Anspi

Ogni anno, migliaia di ragazzi e giovani adulti prendono parte ai progetti Anspi, che spaziano da eventi di aggregazione giovanile a momenti di formazione spirituale, sociale e civile. Le attività che l’Anspi promuove mirano a fornire un contesto sano e stimolante, che favorisca lo sviluppo della personalità dei giovani, incoraggiandoli a diventare cittadini attivi e responsabili. Attraverso i vari “zonali” – sedi locali distribuite sul territorio – l’Anspi offre anche un importante supporto alla Pastorale giovanile delle diocesi italiane, agendo come una vera e propria rete di solidarietà che unisce l’aspetto educativo a quello religioso. La missione dell’associazione si fonda sulla convinzione che la crescita spirituale dei giovani sia fondamentale non solo per la loro vita personale, ma anche per la comunità in cui vivono.

A Gubbio si è tenuta l'assemblea regionale Anspi Umbria

Proprio in questo contesto, il 5 novembre scorso si è svolta, presso l’oratorio Don Bosco di Gubbio, l’assemblea regionale dell’Anspi Umbria, un evento importante per il futuro dell’associazione nella regione. L’assemblea ha visto la partecipazione dei presidenti delle cinque sedi zonali Anspi dell’Umbria, che hanno discusso delle attività svolte finora e tracciato le linee guida per i progetti futuri. L’incontro è stato anche il momento per eleggere il nuovo presidente, che guiderà l’associazione regionale nei prossimi quattro anni.

Nuovo presidente Aspi Umbria don Mirko Nardelli

Ad essere scelto per questo incarico è stato don Mirko Nardelli, giovane sacerdote della diocesi di Gubbio, già noto per il suo impegno nella Pastorale giovanile e per la sua funzione di vice cancelliere della diocesi. La sua nomina è stata accolta con entusiasmo dai membri dell’associazione, poiché don Nardelli rappresenta una figura capace di coniugare l’esperienza pastorale con l’energia giovanile.

Il nuovo Consiglio

Il nuovo consiglio è composto ad oggi dal presidente don Mirko Nardelli, il vice presidente Sergio Eugeni presidente in carica dello zonale di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, il tesoriere don Riccardo Pascolini, presidente in carica dello zonale di Perugia-Città della Pieve, il segretario Luca Scimmi, presidente in carica dello zonale di Terni e dai consiglieri don Luca Lepri, presidente in carica dello zonale di Gubbio e don Marcello Cruciani presidente in carica dello zonale di Orvieto-Todi. Lo zonale di Perugia ha poi un delegato nella persona di don Daniele Malatacca.

Il nuovo ciclo che inizia in coincidenza con l’anno giubilare, si presenta come un’opportunità per consolidare i legami tra i giovani e la Chiesa locale.

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I sei membri del direttivo Anspi Umbria, cinque uomini, e una donna a destra, in piedi sullo sfono un crocifisso di legno attaccato alla parete

L’Anspi (Associazione nazionale San Paolo Italia) è una realtà di grande valore nel panorama delle attività giovanili e sociali in Italia. Fondata nel 1965 da mons. Battista Belloli “prete degli oratori”, l’associazione intende dare piena legittimità agli oratori di operare nel tessuto sociale per l’educazione integrale dei giovani. Per stimolare la crescita culturale e spirituale delle nuove generazioni, l’associazione si impegna quotidianamente a sostenere le parrocchie e le comunità locali attraverso attività educative, formative e ricreative.

Le attività di Anspi

Ogni anno, migliaia di ragazzi e giovani adulti prendono parte ai progetti Anspi, che spaziano da eventi di aggregazione giovanile a momenti di formazione spirituale, sociale e civile. Le attività che l’Anspi promuove mirano a fornire un contesto sano e stimolante, che favorisca lo sviluppo della personalità dei giovani, incoraggiandoli a diventare cittadini attivi e responsabili. Attraverso i vari “zonali” – sedi locali distribuite sul territorio – l’Anspi offre anche un importante supporto alla Pastorale giovanile delle diocesi italiane, agendo come una vera e propria rete di solidarietà che unisce l’aspetto educativo a quello religioso. La missione dell’associazione si fonda sulla convinzione che la crescita spirituale dei giovani sia fondamentale non solo per la loro vita personale, ma anche per la comunità in cui vivono.

A Gubbio si è tenuta l'assemblea regionale Anspi Umbria

Proprio in questo contesto, il 5 novembre scorso si è svolta, presso l’oratorio Don Bosco di Gubbio, l’assemblea regionale dell’Anspi Umbria, un evento importante per il futuro dell’associazione nella regione. L’assemblea ha visto la partecipazione dei presidenti delle cinque sedi zonali Anspi dell’Umbria, che hanno discusso delle attività svolte finora e tracciato le linee guida per i progetti futuri. L’incontro è stato anche il momento per eleggere il nuovo presidente, che guiderà l’associazione regionale nei prossimi quattro anni.

Nuovo presidente Aspi Umbria don Mirko Nardelli

Ad essere scelto per questo incarico è stato don Mirko Nardelli, giovane sacerdote della diocesi di Gubbio, già noto per il suo impegno nella Pastorale giovanile e per la sua funzione di vice cancelliere della diocesi. La sua nomina è stata accolta con entusiasmo dai membri dell’associazione, poiché don Nardelli rappresenta una figura capace di coniugare l’esperienza pastorale con l’energia giovanile.

Il nuovo Consiglio

Il nuovo consiglio è composto ad oggi dal presidente don Mirko Nardelli, il vice presidente Sergio Eugeni presidente in carica dello zonale di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, il tesoriere don Riccardo Pascolini, presidente in carica dello zonale di Perugia-Città della Pieve, il segretario Luca Scimmi, presidente in carica dello zonale di Terni e dai consiglieri don Luca Lepri, presidente in carica dello zonale di Gubbio e don Marcello Cruciani presidente in carica dello zonale di Orvieto-Todi. Lo zonale di Perugia ha poi un delegato nella persona di don Daniele Malatacca.

Il nuovo ciclo che inizia in coincidenza con l’anno giubilare, si presenta come un’opportunità per consolidare i legami tra i giovani e la Chiesa locale.

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Dal 2019 uno sguardo sul futuro delle diocesi umbre https://www.lavoce.it/dal-2019-uno-sguardo-sul-futuro-delle-diocesi-umbre/ https://www.lavoce.it/dal-2019-uno-sguardo-sul-futuro-delle-diocesi-umbre/#respond Thu, 14 Nov 2024 21:47:38 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78530 L'arcivescovo a mezzo busto, seduto vestito di nero con il microfono in mano

“Le Chiese diocesane dell’Umbria hanno pensato già nel 2019 a un’assemblea regionale che ha raccolto gli operatori pastorali per una giornata di conoscenza innanzitutto, e poi studio, condivisione, riflessione con uno sguardo al futuro. Lì sono stati delineati alcuni punti centrali da realizzare nel cammino pastorale delle diverse Chiese locali. Poi è arrivata la pandemia che ha ritardato il cammino, però nel 2022 abbiamo voluto riprendere il lavoro fatto allora”. Il presidente della Conferenza episcopale umbra, l’arcivescovo di Spoleto-Norcia Renato Boccardo, non nasconde una punta di orgoglio per il fatto che le diocesi della regione di san Francesco e san Benedetto avessero già anticipato gli incontri e le assemblee in stile sinodale che da un triennio stanno cambiando il volto della Chiesa.

Dal 2019 ai giorni nostri. Proprio sabato scorso, ad Assisi le Chiese umbre si sono ritrovate quasi per una "verifica" pastorale di questo cammino iniziato cinque anni fa…

“Esattamente: una giornata di nuovo con i responsabili dei diversi settori della pastorale nelle nostre diocesi per guardare non tanto al cammino fatto, che ormai è parte integrante della nostra storia, ma soprattutto con lo sguardo al futuro immediato, che è il Giubileo. In Umbria, nel 2026 vivremo anche il centenario della morte di san Francesco e questo sarà un altro momento di grazia. Dunque, ci fermiamo un attimo per proiettarci in avanti e riprendere questo percorso già pensando a quella che potrà essere una ulteriore Assemblea ecclesiale regionale, probabilmente nel novembre del 2025, che farà tesoro anche del documento finale del Cammino sinodale delle Chiese in Italia, che dovrà essere approvato dall’Assemblea generale dei vescovi nel maggio prossimo”.

Tornando al Cammino sinodale della Chiesa italiana, alle sue fasi e ai suoi temi, come è stato vissuto in parallelo con l’altro cammino già avviato qui in Umbria?

“Ogni diocesi ha avuto, com’è giusto che sia, la sua peculiarità nell’affrontare i diversi temi suggeriti anche per ognuno dei primi due anni, ora per il terzo, del Cammino sinodale italiano. Quello che mi sembra essere comune, quasi come una linea trasversale, è l’interesse suscitato forse più nei laici che non nei sacerdoti. In particolare, la scoperta che la differenza non è una minaccia, ma in realtà è una grande ricchezza. Mettersi insieme, raccontarsi, raccontare la propria esperienza di fede, raccontare come si annuncia il Vangelo nella situazione concreta, vedere che ognuno è animato da una passione particolare per rendere vivo e comunicativo il messaggio del Vangelo oggi: questa si è rivelata una grande ricchezza e ha suscitato certamente molte attese. La responsabilità adesso è non deludere queste attese. Non si tratta di fare rivoluzioni, quanto di ritrovare la freschezza dell’annuncio evangelico, che sembra essere oggi più che mai necessaria per questa nostra società sempre più disorientata, paurosa e superficiale.

Pensando proprio a queste sue ultime parole - dal punto di vista del credente “semplice”, che non ha ministeri né incarichi pastorali - che ricaduta possono avere i cammini ecclesiali locale, regionale, nazionale, universale?

“A me piacerebbe che - al di là di tutte le dichiarazioni, i documenti, gli orientamenti, ecc. - rinascesse nelle nostre comunità la voglia di stare insieme, cioè di far vedere che oggi, nella complessità di questo nostro mondo, il Vangelo può ancora dare senso all’esistenza. Credo sia il messaggio più urgente che noi dobbiamo tentare di trasmettere. Giustamente, non facendo riferimento esclusivamente ai cosiddetti operatori pastorali o a chi ha ricevuto un ministero, guardiamo le nostre comunità, le nostre parrocchie che fanno fatica, che si lamentano continuamente perché i giovani non ci sono, perché gli anziani non si possono spostare da una parte all’altra per partecipare alla celebrazione domenicale, poi le famiglie, il catechismo... Ecco, non possiamo nasconderci dietro un dito: in queste situazioni di fatica, proviamo a far vedere che il Vangelo è fecondo, che porta frutto. In modi diversi, non possiamo pretendere di uniformare il tutto, di fare tutti la stessa cosa, nello stesso modo, nello stesso tempo. Concentriamoci su alcune cose fondamentali ed essenziali, e proviamo a renderle ‘parlanti’, direi. Qualcosa che possa interpellare i nostri contemporanei fino a chiedersi: ma chi te lo fa fare? Ma perché tu vivi così? Credo che se noi riuscissimo a suscitare questa curiosità e questo interesse già avremmo fatto una grande operazione”.

Da una parte i vescovi, i sacerdoti, i ministri ordinati, dall’altra il popolo di Dio. Sono pronti gli uni e gli altri a lavorare sempre più con questo stile sinodale di cui si parla ormai da tre anni?

“Il Papa ci parla spesso di conversione, cioè di cambiamento. Noi preti dobbiamo cambiare la mentalità perché siamo stati formati per essere responsabili. Poi naturalmente questa responsabilità ognuno la esercita secondo i propri carismi, però sentiamo fortemente la responsabilità di essere guida della comunità. I fedeli laici sono stati formati, o forse ‘deformati’, dal fatto di essere guidati. La parrocchia non è affidata esclusivamente al prete. Per il battesimo che prete e laici hanno ricevuto, la parrocchia vive grazie all’impegno di tutti. Nessuno è inutile, ognuno ha il suo posto e - se quel posto che è il mio non lo occupo - rimane vuoto, non c’è qualcun altro che lo possa fare al mio posto. Credo che noi dobbiamo recuperare proprio questa visione d’insieme”.

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L'arcivescovo a mezzo busto, seduto vestito di nero con il microfono in mano

“Le Chiese diocesane dell’Umbria hanno pensato già nel 2019 a un’assemblea regionale che ha raccolto gli operatori pastorali per una giornata di conoscenza innanzitutto, e poi studio, condivisione, riflessione con uno sguardo al futuro. Lì sono stati delineati alcuni punti centrali da realizzare nel cammino pastorale delle diverse Chiese locali. Poi è arrivata la pandemia che ha ritardato il cammino, però nel 2022 abbiamo voluto riprendere il lavoro fatto allora”. Il presidente della Conferenza episcopale umbra, l’arcivescovo di Spoleto-Norcia Renato Boccardo, non nasconde una punta di orgoglio per il fatto che le diocesi della regione di san Francesco e san Benedetto avessero già anticipato gli incontri e le assemblee in stile sinodale che da un triennio stanno cambiando il volto della Chiesa.

Dal 2019 ai giorni nostri. Proprio sabato scorso, ad Assisi le Chiese umbre si sono ritrovate quasi per una "verifica" pastorale di questo cammino iniziato cinque anni fa…

“Esattamente: una giornata di nuovo con i responsabili dei diversi settori della pastorale nelle nostre diocesi per guardare non tanto al cammino fatto, che ormai è parte integrante della nostra storia, ma soprattutto con lo sguardo al futuro immediato, che è il Giubileo. In Umbria, nel 2026 vivremo anche il centenario della morte di san Francesco e questo sarà un altro momento di grazia. Dunque, ci fermiamo un attimo per proiettarci in avanti e riprendere questo percorso già pensando a quella che potrà essere una ulteriore Assemblea ecclesiale regionale, probabilmente nel novembre del 2025, che farà tesoro anche del documento finale del Cammino sinodale delle Chiese in Italia, che dovrà essere approvato dall’Assemblea generale dei vescovi nel maggio prossimo”.

Tornando al Cammino sinodale della Chiesa italiana, alle sue fasi e ai suoi temi, come è stato vissuto in parallelo con l’altro cammino già avviato qui in Umbria?

“Ogni diocesi ha avuto, com’è giusto che sia, la sua peculiarità nell’affrontare i diversi temi suggeriti anche per ognuno dei primi due anni, ora per il terzo, del Cammino sinodale italiano. Quello che mi sembra essere comune, quasi come una linea trasversale, è l’interesse suscitato forse più nei laici che non nei sacerdoti. In particolare, la scoperta che la differenza non è una minaccia, ma in realtà è una grande ricchezza. Mettersi insieme, raccontarsi, raccontare la propria esperienza di fede, raccontare come si annuncia il Vangelo nella situazione concreta, vedere che ognuno è animato da una passione particolare per rendere vivo e comunicativo il messaggio del Vangelo oggi: questa si è rivelata una grande ricchezza e ha suscitato certamente molte attese. La responsabilità adesso è non deludere queste attese. Non si tratta di fare rivoluzioni, quanto di ritrovare la freschezza dell’annuncio evangelico, che sembra essere oggi più che mai necessaria per questa nostra società sempre più disorientata, paurosa e superficiale.

Pensando proprio a queste sue ultime parole - dal punto di vista del credente “semplice”, che non ha ministeri né incarichi pastorali - che ricaduta possono avere i cammini ecclesiali locale, regionale, nazionale, universale?

“A me piacerebbe che - al di là di tutte le dichiarazioni, i documenti, gli orientamenti, ecc. - rinascesse nelle nostre comunità la voglia di stare insieme, cioè di far vedere che oggi, nella complessità di questo nostro mondo, il Vangelo può ancora dare senso all’esistenza. Credo sia il messaggio più urgente che noi dobbiamo tentare di trasmettere. Giustamente, non facendo riferimento esclusivamente ai cosiddetti operatori pastorali o a chi ha ricevuto un ministero, guardiamo le nostre comunità, le nostre parrocchie che fanno fatica, che si lamentano continuamente perché i giovani non ci sono, perché gli anziani non si possono spostare da una parte all’altra per partecipare alla celebrazione domenicale, poi le famiglie, il catechismo... Ecco, non possiamo nasconderci dietro un dito: in queste situazioni di fatica, proviamo a far vedere che il Vangelo è fecondo, che porta frutto. In modi diversi, non possiamo pretendere di uniformare il tutto, di fare tutti la stessa cosa, nello stesso modo, nello stesso tempo. Concentriamoci su alcune cose fondamentali ed essenziali, e proviamo a renderle ‘parlanti’, direi. Qualcosa che possa interpellare i nostri contemporanei fino a chiedersi: ma chi te lo fa fare? Ma perché tu vivi così? Credo che se noi riuscissimo a suscitare questa curiosità e questo interesse già avremmo fatto una grande operazione”.

Da una parte i vescovi, i sacerdoti, i ministri ordinati, dall’altra il popolo di Dio. Sono pronti gli uni e gli altri a lavorare sempre più con questo stile sinodale di cui si parla ormai da tre anni?

“Il Papa ci parla spesso di conversione, cioè di cambiamento. Noi preti dobbiamo cambiare la mentalità perché siamo stati formati per essere responsabili. Poi naturalmente questa responsabilità ognuno la esercita secondo i propri carismi, però sentiamo fortemente la responsabilità di essere guida della comunità. I fedeli laici sono stati formati, o forse ‘deformati’, dal fatto di essere guidati. La parrocchia non è affidata esclusivamente al prete. Per il battesimo che prete e laici hanno ricevuto, la parrocchia vive grazie all’impegno di tutti. Nessuno è inutile, ognuno ha il suo posto e - se quel posto che è il mio non lo occupo - rimane vuoto, non c’è qualcun altro che lo possa fare al mio posto. Credo che noi dobbiamo recuperare proprio questa visione d’insieme”.

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Disinteressati servitori del bene comune. O no? https://www.lavoce.it/disinteressati-servitori-del-bene-comune-o-no/ https://www.lavoce.it/disinteressati-servitori-del-bene-comune-o-no/#respond Thu, 14 Nov 2024 17:10:03 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78598

La cronaca ripropone il tema dell’“abuso di ufficio”, che, secondo alcuni, si ravviserebbe negli atti di questo o quell’esponente politico. Senza entrare nei casi concreti, tenterò qualche spiegazione tecnica. Dunque: una caratteristica tipica degli incarichi pubblici di un certo livello è che i loro titolari hanno il compito di scegliere fra più opzioni tutte ugualmente legittime. Si chiama discrezionalità e deve essere esercitata, si capisce, avendo per guida l’interesse pubblico, non l’interesse privato del titolare o dei suoi amici.

Si suppone che chi viene designato ad una certa carica sia una persona integerrima, ma non ci si può fidare troppo. Il sistema prevede perciò alcune contromisure. Una è quella di dare il potere di fare certe scelte non ad uno solo, ma a più persone riunite (un consiglio comunale, una giunta), un’altra è far sì che la scelta passi attraverso più fasi e più sedi, in modo che ci sia un controllo reciproco e ci siano più punti di vista.  Tutto questo per avere la scelta migliore possibile per l’interesse pubblico.

La coda finale è – o meglio era fino a poche settimane fa – la giustizia penale, qualora si sospettasse che il titolare del potere lo abbia usato intenzionalmente per dare a Tizio un vantaggio che sapeva ingiusto, o per procurare a Caio un danno che sapeva ingiusto. Questo prevedeva l’art. 323 del codice penale; il quale era stato più volte modificato negli ultimi anni, ogni volta per rendere più ridotto lo spazio per la sua applicazione; l’ultima versione era tale che rendeva quasi impossibile incriminare qualcuno. Ma, a quanto pare, sembrava ancora troppo, perché l’attuale maggioranza politica ha votato la pura e semplice cancellazione dell’art. 323 e quindi del reato di abuso di ufficio (legge 9 agosto 2024, n. 114). Così sono decadute tutte le accuse e tutte le indagini pendenti. Liberi tutti.

Va notato che questo è avvenuto dopo che il sistema amministrativo era stato riformato (con una legge del 1997 e una modifica costituzionale del 2001, entrambe volute da maggioranze di centrosinistra) nel senso della abolizione dei controlli amministrativi di legittimità sugli atti delle regioni e degli enti locali. Vuol dire che la nostra classe politica – di destra e di sinistra – ha una gran fiducia nei suoi componenti quali disinteressati servitori del bene comune.

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La cronaca ripropone il tema dell’“abuso di ufficio”, che, secondo alcuni, si ravviserebbe negli atti di questo o quell’esponente politico. Senza entrare nei casi concreti, tenterò qualche spiegazione tecnica. Dunque: una caratteristica tipica degli incarichi pubblici di un certo livello è che i loro titolari hanno il compito di scegliere fra più opzioni tutte ugualmente legittime. Si chiama discrezionalità e deve essere esercitata, si capisce, avendo per guida l’interesse pubblico, non l’interesse privato del titolare o dei suoi amici.

Si suppone che chi viene designato ad una certa carica sia una persona integerrima, ma non ci si può fidare troppo. Il sistema prevede perciò alcune contromisure. Una è quella di dare il potere di fare certe scelte non ad uno solo, ma a più persone riunite (un consiglio comunale, una giunta), un’altra è far sì che la scelta passi attraverso più fasi e più sedi, in modo che ci sia un controllo reciproco e ci siano più punti di vista.  Tutto questo per avere la scelta migliore possibile per l’interesse pubblico.

La coda finale è – o meglio era fino a poche settimane fa – la giustizia penale, qualora si sospettasse che il titolare del potere lo abbia usato intenzionalmente per dare a Tizio un vantaggio che sapeva ingiusto, o per procurare a Caio un danno che sapeva ingiusto. Questo prevedeva l’art. 323 del codice penale; il quale era stato più volte modificato negli ultimi anni, ogni volta per rendere più ridotto lo spazio per la sua applicazione; l’ultima versione era tale che rendeva quasi impossibile incriminare qualcuno. Ma, a quanto pare, sembrava ancora troppo, perché l’attuale maggioranza politica ha votato la pura e semplice cancellazione dell’art. 323 e quindi del reato di abuso di ufficio (legge 9 agosto 2024, n. 114). Così sono decadute tutte le accuse e tutte le indagini pendenti. Liberi tutti.

Va notato che questo è avvenuto dopo che il sistema amministrativo era stato riformato (con una legge del 1997 e una modifica costituzionale del 2001, entrambe volute da maggioranze di centrosinistra) nel senso della abolizione dei controlli amministrativi di legittimità sugli atti delle regioni e degli enti locali. Vuol dire che la nostra classe politica – di destra e di sinistra – ha una gran fiducia nei suoi componenti quali disinteressati servitori del bene comune.

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Clima. Serve una “conversione ecologica” del cuore per salvare la “casa comune” https://www.lavoce.it/clima-serve-una-conversione-ecologica-del-cuore-per-salvare-la-casa-comune/ https://www.lavoce.it/clima-serve-una-conversione-ecologica-del-cuore-per-salvare-la-casa-comune/#respond Thu, 14 Nov 2024 08:20:28 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78604 La sala con i presenti alla Cop 29 sullo sfondo una grande schermo con la presidente Meloni che parla

La crisi climatica ormai continua a bussare violentemente anche alle porte delle nostre società. Dai cicloni alle tempeste, dai disastri “naturali” ai periodi di siccità sempre più estesi, anche Europa e Usa non possono più dirsi indifferenti rispetto ai cambiamenti climatici.

“Auspico che la Conferenza sui cambiamenti climatici Cop29, che inizierà domani a Baku, dia un contributo efficace per la tutela della nostra casa comune” – aveva detto Papa Francesco dopo l’Angelus di domenica 10 novembre. E in effetti si tratta di un’occasione cruciale per avanzare su obiettivi chiave come la riduzione drastica delle emissioni globali di CO₂ in linea con l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali.

Si aspettano anche un maggior supporto finanziario per i paesi più vulnerabili, soprattutto attraverso il Fondo per le perdite e i danni, istituito per aiutare le nazioni colpite dagli impatti climatici, la protezione della biodiversità, la riduzione dell’uso dei combustibili fossili, e il supporto alle energie rinnovabili.

Ma al di là degli obiettivi che oramai dovrebbero essere assolutamente chiari, c’è bisogno di elaborare meccanismi di controllo e monitoraggio per bandire ogni forma di greenwashing e promesse vaghe. E anche se l’elezione di Trump rappresenta sicuramente un freno al cammino delle Cop, l’auspicio non può che essere una conversione ecologica anche del suo cuore sollecitato dal grido della terra e di tutti i suoi abitanti.

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La sala con i presenti alla Cop 29 sullo sfondo una grande schermo con la presidente Meloni che parla

La crisi climatica ormai continua a bussare violentemente anche alle porte delle nostre società. Dai cicloni alle tempeste, dai disastri “naturali” ai periodi di siccità sempre più estesi, anche Europa e Usa non possono più dirsi indifferenti rispetto ai cambiamenti climatici.

“Auspico che la Conferenza sui cambiamenti climatici Cop29, che inizierà domani a Baku, dia un contributo efficace per la tutela della nostra casa comune” – aveva detto Papa Francesco dopo l’Angelus di domenica 10 novembre. E in effetti si tratta di un’occasione cruciale per avanzare su obiettivi chiave come la riduzione drastica delle emissioni globali di CO₂ in linea con l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali.

Si aspettano anche un maggior supporto finanziario per i paesi più vulnerabili, soprattutto attraverso il Fondo per le perdite e i danni, istituito per aiutare le nazioni colpite dagli impatti climatici, la protezione della biodiversità, la riduzione dell’uso dei combustibili fossili, e il supporto alle energie rinnovabili.

Ma al di là degli obiettivi che oramai dovrebbero essere assolutamente chiari, c’è bisogno di elaborare meccanismi di controllo e monitoraggio per bandire ogni forma di greenwashing e promesse vaghe. E anche se l’elezione di Trump rappresenta sicuramente un freno al cammino delle Cop, l’auspicio non può che essere una conversione ecologica anche del suo cuore sollecitato dal grido della terra e di tutti i suoi abitanti.

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Le priorità nelle urne alle prossime elezioni regionali https://www.lavoce.it/le-priorita-nelle-urne-alle-prossime-elezioni-regionali/ https://www.lavoce.it/le-priorita-nelle-urne-alle-prossime-elezioni-regionali/#respond Wed, 13 Nov 2024 18:46:34 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78523 Un ragazzo seduto ad una tavolo di profilo, accanto si vede un'altra persona. In piedi c'è un uomo a sinistra le cabine elettorali

La campagna elettorale è in dirittura d’arrivo e ora è il momento del voto per individuare il nuovo presidente della Giunta regionale e i venti componenti dell’Assemblea legislativa umbra. Come sempre, nelle scorse settimane non sono mancate le schermaglie tra i vari candidati, in particolare fra i supporter della candidata di centrodestra Donatella Tesei e quelli di Stefania Proietti, sostenuta dal “campo largo” di centrosinistra. Sono loro due secondo attese, sondaggi e consistenza delle coalizioni che dovrebbero contendersi testa a testa la guida del nuovo “governo” regionale.

A noi interessa soprattutto invitare gli elettori umbri a partecipare al voto, senza delegare ad altri la scelta. E magari farli riflettere sull’importanza di scegliere candidati che mettano da parte ogni tipo di strumentalizzazione e attacco ‘gratuito’ agli avversari, per privilegiare le soluzioni concrete ai problemi che ogni giorno toccano i cittadini. In Umbria, lo sappiamo bene, le questioni davvero rilevanti per il territorio possono riassumersi con le dita di una mano.

La sanità pubblica e l’accesso ai servizi sanitari, in primo luogo. Tema cruciale nella nostra regione, e non solo da noi, già decisivo nelle scelte degli elettori umbri cinque anni fa, dopo le vicende giudiziarie di allora. Sembra persino scontato ribadire la necessità di un sistema sanitario pubblico efficiente e accessibile, che può fare la differenza nella qualità della vita di tante persone, perché nessuno debba mai rinunciare a curarsi per i costi troppo elevati.

Ci sono poi le questioni relative a sviluppo economico e lavoro. L’economia umbra negli ultimi anni (certo, non solo nell’ultimo lustro) ha rallentato e i giovani spesso sono costretti a lasciare la regione in cerca di migliori opportunità lavorative in Italia o all’estero. C’è bisogno di attirare investimenti, promuovere l’occupazione giovanile e sostenere le piccole e medie imprese, per invertire la tendenza.

Temi “caldi” - nel vero senso del termine - anche quelli di ambiente e gestione dei rifiuti, con nodi da sciogliere su smaltimento e incenerimento, trovando un equilibrio tra sviluppo economico e tutela ambientale.

Infine, la partita della mobilità e dei trasporti, che si gioca soprattutto sulla sostenibilità e l’accesso ai trasporti pubblici per ridurre il divario tra le aree urbane e rurali. Solo una scelta informata e consapevole può contribuire a cambiamenti positivi e concreti. Al prossimo “governo” regionale, da chiunque sia guidato, gli umbri chiedono un territorio più forte, sviluppato e inclusivo.

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Un ragazzo seduto ad una tavolo di profilo, accanto si vede un'altra persona. In piedi c'è un uomo a sinistra le cabine elettorali

La campagna elettorale è in dirittura d’arrivo e ora è il momento del voto per individuare il nuovo presidente della Giunta regionale e i venti componenti dell’Assemblea legislativa umbra. Come sempre, nelle scorse settimane non sono mancate le schermaglie tra i vari candidati, in particolare fra i supporter della candidata di centrodestra Donatella Tesei e quelli di Stefania Proietti, sostenuta dal “campo largo” di centrosinistra. Sono loro due secondo attese, sondaggi e consistenza delle coalizioni che dovrebbero contendersi testa a testa la guida del nuovo “governo” regionale.

A noi interessa soprattutto invitare gli elettori umbri a partecipare al voto, senza delegare ad altri la scelta. E magari farli riflettere sull’importanza di scegliere candidati che mettano da parte ogni tipo di strumentalizzazione e attacco ‘gratuito’ agli avversari, per privilegiare le soluzioni concrete ai problemi che ogni giorno toccano i cittadini. In Umbria, lo sappiamo bene, le questioni davvero rilevanti per il territorio possono riassumersi con le dita di una mano.

La sanità pubblica e l’accesso ai servizi sanitari, in primo luogo. Tema cruciale nella nostra regione, e non solo da noi, già decisivo nelle scelte degli elettori umbri cinque anni fa, dopo le vicende giudiziarie di allora. Sembra persino scontato ribadire la necessità di un sistema sanitario pubblico efficiente e accessibile, che può fare la differenza nella qualità della vita di tante persone, perché nessuno debba mai rinunciare a curarsi per i costi troppo elevati.

Ci sono poi le questioni relative a sviluppo economico e lavoro. L’economia umbra negli ultimi anni (certo, non solo nell’ultimo lustro) ha rallentato e i giovani spesso sono costretti a lasciare la regione in cerca di migliori opportunità lavorative in Italia o all’estero. C’è bisogno di attirare investimenti, promuovere l’occupazione giovanile e sostenere le piccole e medie imprese, per invertire la tendenza.

Temi “caldi” - nel vero senso del termine - anche quelli di ambiente e gestione dei rifiuti, con nodi da sciogliere su smaltimento e incenerimento, trovando un equilibrio tra sviluppo economico e tutela ambientale.

Infine, la partita della mobilità e dei trasporti, che si gioca soprattutto sulla sostenibilità e l’accesso ai trasporti pubblici per ridurre il divario tra le aree urbane e rurali. Solo una scelta informata e consapevole può contribuire a cambiamenti positivi e concreti. Al prossimo “governo” regionale, da chiunque sia guidato, gli umbri chiedono un territorio più forte, sviluppato e inclusivo.

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Dialogo ebraico-cristiano: passo importante nella direzione della pace https://www.lavoce.it/dialogo-ebraico-cristiano-passo-importante-nella-direzione-della-pace/ https://www.lavoce.it/dialogo-ebraico-cristiano-passo-importante-nella-direzione-della-pace/#respond Sun, 10 Nov 2024 16:12:27 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78512

Nei giorni scorsi presso la Cittadella Laudato si’ di Assisi sono stati ospitati 18 tra rabbini e studiosi ebrei provenienti da diversi Paesi dell’America Latina, dagli Stati Uniti e dalla Terra Santa. Hanno incontrato il vescovo Domenico Sorrentino e visitato i più importanti luoghi francescani. Il gruppo aderisce all’iniziativa della Pontificia Università della Santa Croce e dell’Istituto Universitario Isaac Abarbanel di Buenos Aires che hanno promosso un corso di studi e dialogo sul Decalogo, aperto agli studenti di tutte le università pontificie. L’iniziativa, intitolata One revelation and two traditions: the decalogue and its jewish and christian readings, offre un’analisi approfondita del testo biblico da prospettive ebraiche e cristiane, con l’obiettivo di favorire il dialogo tra le due tradizioni e la cultura contemporanea. Si tratta pertanto di approfondire un approccio ebraico e cristiano ai Dieci comandamenti ma anche di favorire il dialogo, la collaborazione e l’amicizia tra le due tradizioni religiose. Il Decalogo rappresenta un punto focale delle Scritture ed è centrale nella morale, nella spiritualità e nell’elaborazione teologica ebraica e cristiana, tutt’altro che indifferente alle vicende della storia. Un passo importantissimo nella direzione della pace che affonda le radici anche nello “spirito di Assisi” che fa leva sul contributo delle fedi alla pace.]]>

Nei giorni scorsi presso la Cittadella Laudato si’ di Assisi sono stati ospitati 18 tra rabbini e studiosi ebrei provenienti da diversi Paesi dell’America Latina, dagli Stati Uniti e dalla Terra Santa. Hanno incontrato il vescovo Domenico Sorrentino e visitato i più importanti luoghi francescani. Il gruppo aderisce all’iniziativa della Pontificia Università della Santa Croce e dell’Istituto Universitario Isaac Abarbanel di Buenos Aires che hanno promosso un corso di studi e dialogo sul Decalogo, aperto agli studenti di tutte le università pontificie. L’iniziativa, intitolata One revelation and two traditions: the decalogue and its jewish and christian readings, offre un’analisi approfondita del testo biblico da prospettive ebraiche e cristiane, con l’obiettivo di favorire il dialogo tra le due tradizioni e la cultura contemporanea. Si tratta pertanto di approfondire un approccio ebraico e cristiano ai Dieci comandamenti ma anche di favorire il dialogo, la collaborazione e l’amicizia tra le due tradizioni religiose. Il Decalogo rappresenta un punto focale delle Scritture ed è centrale nella morale, nella spiritualità e nell’elaborazione teologica ebraica e cristiana, tutt’altro che indifferente alle vicende della storia. Un passo importantissimo nella direzione della pace che affonda le radici anche nello “spirito di Assisi” che fa leva sul contributo delle fedi alla pace.]]>
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San Benedetto. Atto accademico nel 60° di proclamazione a patrono d’Europa https://www.lavoce.it/san-benedetto-atto-accademico-nel-60-di-proclamazione-a-patrono-deuropa/ https://www.lavoce.it/san-benedetto-atto-accademico-nel-60-di-proclamazione-a-patrono-deuropa/#respond Sun, 10 Nov 2024 15:30:50 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78491 I relatori interventi all'Atto accademico per il 60° della proclamazione di san Benedetto patrono d'Europa seduti al tavolo, sullo sfondo una libreria e un schermo illuminato

Con la lettera apostolica Pacis nuntius, Papa Paolo VI il 24 ottobre del 1964 ha proclamato san Benedetto da Norcia patrono principale d’Europa.

San Benedetto "messaggero di pace, realizzatore di unione"

Nel testo si legge: “Messaggero di pace, realizzatore di unione, maestro di civiltà, e soprattutto araldo della religione di Cristo e fondatore della vita monastica in Occidente: questi i giusti titoli della esaltazione di san Benedetto abate. Al crollare dell’Impero romano, ormai esausto, mentre alcune regioni d’Europa sembravano cadere nelle tenebre e altre erano ancora prive di civiltà e di valori spirituali, fu lui con costante e assiduo impegno a far nascere in questo nostro continente l’aurora di una nuova èra”. Di sconvolgente attualità anche a distanza di decenni.

"Atto accademico" a Norcia per il 60° dalla proclamazione

Per celebrare la ricorrenza dei 60 anni, l’arcidiocesi di Spoleto-Norcia in collaborazione con il Comune di Norcia ha organizzato un ‘Atto accademico’ con relatori d’eccezione quali dom Donato Ogliari, abate di San Paolo fuori le Mura, Paolo Gentiloni, commissario europeo, Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia, mons. Mariano Crociata, presidente della Commissione delle Conferenze episcopali della Comunità europea. A fare gli onori di casa l’arcivescovo diocesano mons. Renato Boccardo e il sindaco di Norcia Giuliano Boccanera.

Boccardo: “il dialogo possibile e reciproco ancora fecondo tra Benedetto e l'Europa"

“Con questo Atto accademico intendiamo guardare oggi al dialogo possibile e reciproco e certamente ancora fecondo tra Benedetto e l’Europa, alla cui costruzione anche le Chiese vogliono assicurare il loro fattivo contributo – ha detto mons. Boccardo. – L’auspicio di omaggio alla memoria del Santo di Norcia possa contribuire non solo a risvegliarne il ricordo, ma a riproporne la saggezza del pensiero e dell’azione che ancora possono proiettare un fascio di luce sul cammino presente e futuro del nostro Continente”.

Boccanera: “san Benedetto è stato uno dei costruttori dell'Europa"

Particolarmente emozionato il primo cittadino Giuliano Boccanera, che nel suo indirizzo di saluto ricorda: “San Benedetto, con la sua Regola e con la fondazione dei monasteri benedettini, è stato uno dei costruttori dell’Europa, delle sue radici spirituali e culturali.

Dom Ogliari: "Benedetto ci invita a desiderare e amare la pace con tutte le nostre forze"

L’abate di San Paolo fuori le Mura, dom Donato Ogliari, nel suo intervento su “Benedetto e l’Europa” ha delineato la pace prospettata dal Santo: per lui la “ricerca della pace porta a ricercare ciò che sta a cuore a Dio, anche quando si tratta di decifrare le grandi sfide del proprio tempo, quelle della macrostoria. Benedetto ci invita a desiderare e amare la pace con tutte le nostre forze, e a seminarla e diffonderla in ogni situazione con le parole e con la vita, senza perderci d’animo, anche quando dovesse costare fatica e lacrime”.

L’abate si è quindi soffermato sul rispetto per la persona che emerge dalla Regola: “A imitazione di Gesù, san Benedetto esorta ad avere uno sguardo nuovo e accogliente che salvaguardi l’unicità e la dignità di ogni persona, e che sappia riconoscere in ogni fratello e sorella non un avversario, ma un soggetto con cui entrare in relazione rispettosa e dialogica; non un concorrente, ma un proprio simile con cui collaborare e, insieme, cercare e perseguire il bene comune; non un territorio ostile – l ’enfer [inferno], come affermava Sartre – ma la ‘terra familiare’ di Dio”.

Ogliari ha infine parlato della funzione preziosa che svolgono i monasteri benedettini nella società secolarizzata: “Pongono al centro le relazioni fraterne, cercando di arginare il crescente iperindividualismo e di bonificare quel clima malsano, fatto di irrispettosità, di malevolenza, di calunnia, di parole e gesti violenti che mirano a distruggere l’altro e che ammorbano la convivenza”.

Mons. Crociata: Le Chiese per l'Europa

Mons. Mariano Crociata, vescovo di Latina e presidente della Commissione delle Conferenze episcopali della Comunità europea, ha parlato sul tema “Le Chiese per l’Europa”. “La nostra Chiesa e le Chiese – ha detto – guardano con simpatia e stima alla contemporaneità dell’Europa, e in particolare dell’Unione europea. Non perché in essa tutto sia positivo e apprezzabile. Le preoccupazioni e le circostanze di questo tempo – in particolare economiche e belliche – vanno in ben altra direzione. Tuttavia, come Chiese, sentiamo che questa Europa è anche frutto di ciò che esse sono state e sono diventate.

Siamo parte di un unico destino storico. Le Chiese non si sentono fuori dalla corrente della Storia presente, che tutto abbraccia e rimescola. Sanno però di portare dentro la Storia, nonostante gli errori e le fragilità, i segni e la forza di qualcosa di più grande di ogni sia pur buona realtà umana. Sentono la responsabilità di un messaggio, di una presenza che è sacramentale, segno vivo di una efficace Guida dall’alto, che non sono esse stesse a gestire e tanto meno a dominare, ma di cui sono strumento perché passi attraverso di esse e giunga benefica a tutti quelli che sono disponibili ad accoglierne il dono e la grazia”.

Paolo Millefiorini Francesco Carlini https://www.youtube.com/live/_xvH6xFJqmI?si=AN5t0X50IKtvMZNO&t=1891
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I relatori interventi all'Atto accademico per il 60° della proclamazione di san Benedetto patrono d'Europa seduti al tavolo, sullo sfondo una libreria e un schermo illuminato

Con la lettera apostolica Pacis nuntius, Papa Paolo VI il 24 ottobre del 1964 ha proclamato san Benedetto da Norcia patrono principale d’Europa.

San Benedetto "messaggero di pace, realizzatore di unione"

Nel testo si legge: “Messaggero di pace, realizzatore di unione, maestro di civiltà, e soprattutto araldo della religione di Cristo e fondatore della vita monastica in Occidente: questi i giusti titoli della esaltazione di san Benedetto abate. Al crollare dell’Impero romano, ormai esausto, mentre alcune regioni d’Europa sembravano cadere nelle tenebre e altre erano ancora prive di civiltà e di valori spirituali, fu lui con costante e assiduo impegno a far nascere in questo nostro continente l’aurora di una nuova èra”. Di sconvolgente attualità anche a distanza di decenni.

"Atto accademico" a Norcia per il 60° dalla proclamazione

Per celebrare la ricorrenza dei 60 anni, l’arcidiocesi di Spoleto-Norcia in collaborazione con il Comune di Norcia ha organizzato un ‘Atto accademico’ con relatori d’eccezione quali dom Donato Ogliari, abate di San Paolo fuori le Mura, Paolo Gentiloni, commissario europeo, Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia, mons. Mariano Crociata, presidente della Commissione delle Conferenze episcopali della Comunità europea. A fare gli onori di casa l’arcivescovo diocesano mons. Renato Boccardo e il sindaco di Norcia Giuliano Boccanera.

Boccardo: “il dialogo possibile e reciproco ancora fecondo tra Benedetto e l'Europa"

“Con questo Atto accademico intendiamo guardare oggi al dialogo possibile e reciproco e certamente ancora fecondo tra Benedetto e l’Europa, alla cui costruzione anche le Chiese vogliono assicurare il loro fattivo contributo – ha detto mons. Boccardo. – L’auspicio di omaggio alla memoria del Santo di Norcia possa contribuire non solo a risvegliarne il ricordo, ma a riproporne la saggezza del pensiero e dell’azione che ancora possono proiettare un fascio di luce sul cammino presente e futuro del nostro Continente”.

Boccanera: “san Benedetto è stato uno dei costruttori dell'Europa"

Particolarmente emozionato il primo cittadino Giuliano Boccanera, che nel suo indirizzo di saluto ricorda: “San Benedetto, con la sua Regola e con la fondazione dei monasteri benedettini, è stato uno dei costruttori dell’Europa, delle sue radici spirituali e culturali.

Dom Ogliari: "Benedetto ci invita a desiderare e amare la pace con tutte le nostre forze"

L’abate di San Paolo fuori le Mura, dom Donato Ogliari, nel suo intervento su “Benedetto e l’Europa” ha delineato la pace prospettata dal Santo: per lui la “ricerca della pace porta a ricercare ciò che sta a cuore a Dio, anche quando si tratta di decifrare le grandi sfide del proprio tempo, quelle della macrostoria. Benedetto ci invita a desiderare e amare la pace con tutte le nostre forze, e a seminarla e diffonderla in ogni situazione con le parole e con la vita, senza perderci d’animo, anche quando dovesse costare fatica e lacrime”.

L’abate si è quindi soffermato sul rispetto per la persona che emerge dalla Regola: “A imitazione di Gesù, san Benedetto esorta ad avere uno sguardo nuovo e accogliente che salvaguardi l’unicità e la dignità di ogni persona, e che sappia riconoscere in ogni fratello e sorella non un avversario, ma un soggetto con cui entrare in relazione rispettosa e dialogica; non un concorrente, ma un proprio simile con cui collaborare e, insieme, cercare e perseguire il bene comune; non un territorio ostile – l ’enfer [inferno], come affermava Sartre – ma la ‘terra familiare’ di Dio”.

Ogliari ha infine parlato della funzione preziosa che svolgono i monasteri benedettini nella società secolarizzata: “Pongono al centro le relazioni fraterne, cercando di arginare il crescente iperindividualismo e di bonificare quel clima malsano, fatto di irrispettosità, di malevolenza, di calunnia, di parole e gesti violenti che mirano a distruggere l’altro e che ammorbano la convivenza”.

Mons. Crociata: Le Chiese per l'Europa

Mons. Mariano Crociata, vescovo di Latina e presidente della Commissione delle Conferenze episcopali della Comunità europea, ha parlato sul tema “Le Chiese per l’Europa”. “La nostra Chiesa e le Chiese – ha detto – guardano con simpatia e stima alla contemporaneità dell’Europa, e in particolare dell’Unione europea. Non perché in essa tutto sia positivo e apprezzabile. Le preoccupazioni e le circostanze di questo tempo – in particolare economiche e belliche – vanno in ben altra direzione. Tuttavia, come Chiese, sentiamo che questa Europa è anche frutto di ciò che esse sono state e sono diventate.

Siamo parte di un unico destino storico. Le Chiese non si sentono fuori dalla corrente della Storia presente, che tutto abbraccia e rimescola. Sanno però di portare dentro la Storia, nonostante gli errori e le fragilità, i segni e la forza di qualcosa di più grande di ogni sia pur buona realtà umana. Sentono la responsabilità di un messaggio, di una presenza che è sacramentale, segno vivo di una efficace Guida dall’alto, che non sono esse stesse a gestire e tanto meno a dominare, ma di cui sono strumento perché passi attraverso di esse e giunga benefica a tutti quelli che sono disponibili ad accoglierne il dono e la grazia”.

Paolo Millefiorini Francesco Carlini https://www.youtube.com/live/_xvH6xFJqmI?si=AN5t0X50IKtvMZNO&t=1891
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Il pasticcio… governo magistratura https://www.lavoce.it/il-pasticcio-governo-magistratura/ https://www.lavoce.it/il-pasticcio-governo-magistratura/#respond Sat, 09 Nov 2024 16:04:20 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78507

Vediamo di capire qualche cosa del pasticcio che sta creando un contrasto fra il Governo italiano e la magistratura. In linea di principio, ogni Stato ha il potere di selezionare gli stranieri che vogliono entrare nel suo territorio, e di respingere alla frontiera quelli che non hanno i permessi in regola, o addirittura non hanno affatto documenti.

È stato sempre così. Nel tempo, sono intervenute diverse convenzioni internazionali, di livelli diversi, che hanno stabilito eccezioni in favore dei soggetti più deboli. Così, è vietato rigettare alla frontiera quelli che sono in pericolo di vita (è il caso dei naufraghi dei barconi); vanno messi in salvo e poi si penserà a rimpatriarli. Poi ci sono le convenzioni a protezione dei rifugiati, ossia di quelli che chiedono asilo politico; se ne hanno i requisiti, debbono essere accolti e protetti.

Il problema è che in genere chi si presenta per chiedere asilo non ha con sé nessun documento e di lui si sa solo quello che racconta. Perciò è inevitabile spendere un po’ di tempo (che a volte può essere anche molto) per fare le verifiche del caso. Intanto, il richiedente asilo non può essere espulso; però c’è un altro problema: se rimane libero, c'è il rischio che si eclissi e non si faccia più trovare.

Allora le convenzioni internazionali – e le direttive della UE che sono assai minuziose – consentono che in questo intervallo il richiedente asilo sia internato in un apposito centro di permanenza, diciamo una specie di carcere (come quelli che la Meloni ha fatto fare in Albania). Inoltre, questo internamento deve essere convalidato dall’autorità giudiziaria: questo lo chiede la nostra Costituzione perché è un provvedimento che incide sulla libertà personale.

Il giudice cui spetta emettere questa convalida deve verificare che ci siano tutte le condizioni richieste per mettere sotto chiave quelle persone; e deve farlo avendo riguardo alle leggi nazionali ma anche alle convenzioni internazionali e alle direttive della UE. Queste ultime sono quelle che pesano di più, perché se c’è un contrasto fra loro e la legge nazionale, prevalgono di diritto quelle europee. Se c’è un dubbio di interpretazione, il giudice deve sospendere il suo giudizio e sottoporre la questione alla Corte di Giustizia della UE, che ha sede a Lussemburgo (e intanto il richiedente asilo è a piede libero). Il tutto non è un bel pasticcio?

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Vediamo di capire qualche cosa del pasticcio che sta creando un contrasto fra il Governo italiano e la magistratura. In linea di principio, ogni Stato ha il potere di selezionare gli stranieri che vogliono entrare nel suo territorio, e di respingere alla frontiera quelli che non hanno i permessi in regola, o addirittura non hanno affatto documenti.

È stato sempre così. Nel tempo, sono intervenute diverse convenzioni internazionali, di livelli diversi, che hanno stabilito eccezioni in favore dei soggetti più deboli. Così, è vietato rigettare alla frontiera quelli che sono in pericolo di vita (è il caso dei naufraghi dei barconi); vanno messi in salvo e poi si penserà a rimpatriarli. Poi ci sono le convenzioni a protezione dei rifugiati, ossia di quelli che chiedono asilo politico; se ne hanno i requisiti, debbono essere accolti e protetti.

Il problema è che in genere chi si presenta per chiedere asilo non ha con sé nessun documento e di lui si sa solo quello che racconta. Perciò è inevitabile spendere un po’ di tempo (che a volte può essere anche molto) per fare le verifiche del caso. Intanto, il richiedente asilo non può essere espulso; però c’è un altro problema: se rimane libero, c'è il rischio che si eclissi e non si faccia più trovare.

Allora le convenzioni internazionali – e le direttive della UE che sono assai minuziose – consentono che in questo intervallo il richiedente asilo sia internato in un apposito centro di permanenza, diciamo una specie di carcere (come quelli che la Meloni ha fatto fare in Albania). Inoltre, questo internamento deve essere convalidato dall’autorità giudiziaria: questo lo chiede la nostra Costituzione perché è un provvedimento che incide sulla libertà personale.

Il giudice cui spetta emettere questa convalida deve verificare che ci siano tutte le condizioni richieste per mettere sotto chiave quelle persone; e deve farlo avendo riguardo alle leggi nazionali ma anche alle convenzioni internazionali e alle direttive della UE. Queste ultime sono quelle che pesano di più, perché se c’è un contrasto fra loro e la legge nazionale, prevalgono di diritto quelle europee. Se c’è un dubbio di interpretazione, il giudice deve sospendere il suo giudizio e sottoporre la questione alla Corte di Giustizia della UE, che ha sede a Lussemburgo (e intanto il richiedente asilo è a piede libero). Il tutto non è un bel pasticcio?

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Stati generali delle Commissioni pastorali regionali: temi e percorsi https://www.lavoce.it/stati-generali-delle-commissioni-pastorali-regionali-temi-e-percorsi/ https://www.lavoce.it/stati-generali-delle-commissioni-pastorali-regionali-temi-e-percorsi/#respond Thu, 07 Nov 2024 13:43:07 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78449 Veduta dall'alto del Seminario regionale umbro immerso nella vegetazione, sullo sfondo Assisi

Un’altra pagina del cammino pastorale delle otto chiese sorelle della Regione ecclesiastica umbra si scrive in questa settimana ricca di eventi particolarmente simbolici.

Stati generali delle Commissioni pastorali regionali

A pochi giorni dalla celebrazione per i cento anni dalla dedicazione della cappella interna del Seminario regionale “Pio XI” ad Assisi, dove hanno pregato e pregano generazioni di futuri presbiteri, nella stessa aula liturgica il 9 novembre i delegati diocesani invocheranno il dono dello Spirito santo per vivere con sapienza e profezia gli “stati generali” delle Commissioni pastorali regionali.

Conoscere la situazione pastorale delle comunità cristiane

Nei giorni in cui Papa Francesco consegna la sua quarta enciclica Dilexit nos, ispirata al Sacro Cuore di Gesù, sotto lo sguardo ieratico e dolce del Cristo glorioso che domina sulla tela del presbiterio della cappella del Seminario, la Chiesa umbra si raduna per ascoltare il polso della situazione pastorale delle comunità cristiane e provare a lanciare il cuore oltre gli ostacoli della complessità contemporanea. Si proverà, infatti, a parlare con coraggio soprattutto di priorità e di futuro, selezionando tra le numerose traiettorie descritte dai Lineamenti sinodali.

A Roma l'assemblea del cammino sinodale delle Chiese

Un futuro prossimo e un futuro remoto: prossimo è l’impegno di portare il contributo delle nostre Chiese all’imminente prima Assemblea del Cammino sinodale delle Chiese in Italia che si celebrerà presso la basilica di San Paolo fuori le mura in Roma dal 15 al 17 novembre. I delegati diocesani potranno raccogliere dalle voci degli operatori delle nostre otto Chiese le principali istanze, i più importanti desideri, le proposte prioritarie da condividere a livello nazionale.

Individuare i passi futuri per il rinnovamento pastorale

Nel futuro remoto c’è il lavoro per individuare i passi concreti da indicare e da compiere per raggiungere alcuni obiettivi realistici e strategici per il rinnovamento pastorale delle nostre comunità. Un primo passo essenziale e fondamentale è perseverare nel facilitare e favorire le relazioni e la fraternità. Una convergenza assoluta si riscontra nel dover puntare con decisione sul cuore di ogni altra iniziativa: la comunione e la comunicazione.

Perché gli Stati generali delle Commissioni pastorali

Gli “stati generali” non hanno nessuna pretesa di produrre alcun documento o testo, ma l’esigenza impellente di documentare l’intensificarsi delle relazioni pastorali e mettere testa a nuovi stili di collaborazione. Sono un punto e un ponte: sono una linea di partenza per nuove buone prassi e vogliono fare da passerella alla futura Assemblea regionale.

Giubileo 2025 e VIII Centenario francescano

Gli “stati generali” sono anche un trampolino per il futuro Giubileo 2025 e un laboratorio per l’ottavo Centenario francescano. Si parlerà infatti anche delle iniziative e dei progetti in cantiere per questi due anni di grazia che vedranno l’Umbria avamposto e meta dei “pellegrini di Speranza”. Come scrive Papa Francesco nella bolla Spes non confundit (al n. 9): “Guardare al futuro con speranza equivale anche ad avere una visione della vita carica di entusiasmo da trasmettere”. Gli “stati generali” provano a condividere questa visione e a tenere vivo l’entusiasmo dei cristiani con la gioia del Vangelo.

Don Giovanni Zampa Coordinatore segreteria pastorale regionale Ceu

I due quesiti su cui si confronteranno ad Assisi i delegati regionali

Nella mattinata di sabato 9 novembre, gli “stati generali” si riuniscono al Seminario regionale di Assisi. Alla luce dei Lineamenti del Cammino sinodale delle Chiese in Italia, ecco i due quesiti su cui si confronteranno i delegati delle Commissioni pastorali regionali:

1) tra le proposte, prospettive e iniziative emerse nei Lineamenti quali sono prioritarie e più urgenti da porre all’attenzione dei nostri Vescovi e delle nostre Chiese locali e da realizzare nelle nostre diocesi e nella nostra regione? Perché?

2) quali passi concreti compiere, quali processi praticabili attivare, quali tappe realistiche individuare per raggiungere fattivamente queste priorità?

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Veduta dall'alto del Seminario regionale umbro immerso nella vegetazione, sullo sfondo Assisi

Un’altra pagina del cammino pastorale delle otto chiese sorelle della Regione ecclesiastica umbra si scrive in questa settimana ricca di eventi particolarmente simbolici.

Stati generali delle Commissioni pastorali regionali

A pochi giorni dalla celebrazione per i cento anni dalla dedicazione della cappella interna del Seminario regionale “Pio XI” ad Assisi, dove hanno pregato e pregano generazioni di futuri presbiteri, nella stessa aula liturgica il 9 novembre i delegati diocesani invocheranno il dono dello Spirito santo per vivere con sapienza e profezia gli “stati generali” delle Commissioni pastorali regionali.

Conoscere la situazione pastorale delle comunità cristiane

Nei giorni in cui Papa Francesco consegna la sua quarta enciclica Dilexit nos, ispirata al Sacro Cuore di Gesù, sotto lo sguardo ieratico e dolce del Cristo glorioso che domina sulla tela del presbiterio della cappella del Seminario, la Chiesa umbra si raduna per ascoltare il polso della situazione pastorale delle comunità cristiane e provare a lanciare il cuore oltre gli ostacoli della complessità contemporanea. Si proverà, infatti, a parlare con coraggio soprattutto di priorità e di futuro, selezionando tra le numerose traiettorie descritte dai Lineamenti sinodali.

A Roma l'assemblea del cammino sinodale delle Chiese

Un futuro prossimo e un futuro remoto: prossimo è l’impegno di portare il contributo delle nostre Chiese all’imminente prima Assemblea del Cammino sinodale delle Chiese in Italia che si celebrerà presso la basilica di San Paolo fuori le mura in Roma dal 15 al 17 novembre. I delegati diocesani potranno raccogliere dalle voci degli operatori delle nostre otto Chiese le principali istanze, i più importanti desideri, le proposte prioritarie da condividere a livello nazionale.

Individuare i passi futuri per il rinnovamento pastorale

Nel futuro remoto c’è il lavoro per individuare i passi concreti da indicare e da compiere per raggiungere alcuni obiettivi realistici e strategici per il rinnovamento pastorale delle nostre comunità. Un primo passo essenziale e fondamentale è perseverare nel facilitare e favorire le relazioni e la fraternità. Una convergenza assoluta si riscontra nel dover puntare con decisione sul cuore di ogni altra iniziativa: la comunione e la comunicazione.

Perché gli Stati generali delle Commissioni pastorali

Gli “stati generali” non hanno nessuna pretesa di produrre alcun documento o testo, ma l’esigenza impellente di documentare l’intensificarsi delle relazioni pastorali e mettere testa a nuovi stili di collaborazione. Sono un punto e un ponte: sono una linea di partenza per nuove buone prassi e vogliono fare da passerella alla futura Assemblea regionale.

Giubileo 2025 e VIII Centenario francescano

Gli “stati generali” sono anche un trampolino per il futuro Giubileo 2025 e un laboratorio per l’ottavo Centenario francescano. Si parlerà infatti anche delle iniziative e dei progetti in cantiere per questi due anni di grazia che vedranno l’Umbria avamposto e meta dei “pellegrini di Speranza”. Come scrive Papa Francesco nella bolla Spes non confundit (al n. 9): “Guardare al futuro con speranza equivale anche ad avere una visione della vita carica di entusiasmo da trasmettere”. Gli “stati generali” provano a condividere questa visione e a tenere vivo l’entusiasmo dei cristiani con la gioia del Vangelo.

Don Giovanni Zampa Coordinatore segreteria pastorale regionale Ceu

I due quesiti su cui si confronteranno ad Assisi i delegati regionali

Nella mattinata di sabato 9 novembre, gli “stati generali” si riuniscono al Seminario regionale di Assisi. Alla luce dei Lineamenti del Cammino sinodale delle Chiese in Italia, ecco i due quesiti su cui si confronteranno i delegati delle Commissioni pastorali regionali:

1) tra le proposte, prospettive e iniziative emerse nei Lineamenti quali sono prioritarie e più urgenti da porre all’attenzione dei nostri Vescovi e delle nostre Chiese locali e da realizzare nelle nostre diocesi e nella nostra regione? Perché?

2) quali passi concreti compiere, quali processi praticabili attivare, quali tappe realistiche individuare per raggiungere fattivamente queste priorità?

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Sodalizio San Martino: 450 anni a servizio di poveri e “vergognosi” https://www.lavoce.it/sodalizio-san-martino-450-anni-a-servizio-di-poveri-e-vergognosi/ https://www.lavoce.it/sodalizio-san-martino-450-anni-a-servizio-di-poveri-e-vergognosi/#respond Thu, 07 Nov 2024 09:55:04 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78428

Quest’anno il Sodalizio San Martino di Perugia, benemerita istituzione laica di carità, compie 450 anni (1574-2024). In occasione delle feste dei Santi Ercolano e Martino, La Voce dedica al Sodalizio un inserto nel numero in edicola questo fine settimana raccontandone la storia e l’attualità. Quattro secoli e mezzo senza dimostrarli, restando al passo con i tempi, al servizio degli anziani e tessendo rapporti di collaborazione con le istituzioni civili e religiose senza rinunciare alla sua autonomia come si evince fin dalle antiche “tavole di fondazione”, “costituzioni” e “statuti”. Del passato del Sodalizio ne ha parlato recentemente il suo presidente, il magistrato a riposo Alfredo Arioti Branciforti, durante un incontro con la presidente della Regione Donatella Tesei e la sindaca di Perugia Vittoria Ferdinandi. Entrambe hanno espresso parole di vivo apprezzamento e gratitudine per l’opera svolta dal Sodalizio in campo sociale contribuendo non poco al bene comune. Nella circostanza il presidente Arioti Branciforti ha commentato: «Quattrocentocinquanta anni sono tanti vedendoci sempre in prima linea nella tutela del sociale, delle persone che erano e che sono più deboli. Il Sodalizio è riuscito a sopravvivere tutti questi anni, secoli, perché si è adeguato alle circostanze, agli eventi, alla storia. [gallery td_select_gallery_slide="slide" ids="78438,78433,78442,78435,78437,78434,78439,78440,78441"]

Sodalizio: l'inizio come Confraternita

Siamo nati come per tutelare i poveri e i “vergognosi”. Questi ultimi erano le persone abbienti che, per circostanze della vita, perdevano tutto e si vergognavano dell’elemosina. Da queste persone è nata la “Confraternita di San Martino”, che presentava 80 confrati per ciascuno dei cinque rioni medioevali di Perugia per un totale di 400 confrati (numero tutt’ora mantenuto, n.d.r.). Erano tanti in un’epoca in cui la città aveva solo 25mila abitanti; questo perché dovevano andare a cercare i “vergognosi” per poterli aiutare. Con il passare del tempo il Sodalizio ha iniziato a tutelare anche gli orfani di famiglie indigenti, poi si è dedicato agli ospedali, alle scuole materne, fino ad arrivare a noi con il dedicarsi agli anziani. È stata l’idea di un nostro confratello, Mario Bellucci, di costruire la “Residenza San Martino”, una cittadella nella città. C’è il teatro, il ristorante, la chiesa, la biblioteca…, una realtà interessante. Tutto questo per ospitare dignitosamente gli anziani, i più dimenticati e considerati, addirittura, un peso, soprattutto coloro che non sono autosufficienti». Il presidente ha concluso con un monito a sé stesso e a quanti sono chiamati ad amministrare anche la cosa pubblica: «Più che criticare chi ci ha preceduto nel governo, occorre rimboccarsi le maniche e lavorare per il bene comune, per il bene degli altri perché noi siamo destinati a servire gli altri, non ad essere serviti. Questo è il principio base del nostro Sodalizio, un esempio-insegnamento anche per chi è chiamato a governare la società intera». Il Sodalizio di San Martino è considerato dalla città di Perugia «parte integrante della propria migliore storia» e «punto di riferimento dei valori umani e sociali più alti», conferendogli il Consiglio comunale, nel 1992, l’Iscrizione all’Albo d’Oro della Città.

I beni e servizi del Sodalizio

La sua eccellente opera di accoglienza-assistenza alle persone anziane è garantita anche dai proventi derivanti dalla rendita di beni ricevuti nel tempo, tra donazioni e lasciti, dando oggi lavoro a circa novanta persone. Tra i beni menzioniamo la storica Farmacia e la fiorente Azienda Agraria. Non va trascurato il suo patrimonio storico-artistico, come la chiesa monumentale di Sant’Ercolano e il Centro di arte e cultura “Fuseum”.

Le due imminenti festività

La festa di Sant’Ercolano, patrono della Città e dell’Università, sarà celebrata sabato 9 e domenica 10 novembre, nell’omonima chiesa, con due messe solenni: sabato, alle ore 11, presieduta dal vicario generale mons. Simone Sorbaioli insieme ai parroci del centro storico; domenica, alle ore 10.30, presieduta dall’arcivescovo mons. Ivan Maffeis, alla presenza dei rappresentanti delle Istituzioni civili, accademiche e del Sodalizio, animata dal coro de “I Madrigalisti di Perugia”. La festa di San Martino sarà celebrata martedì 12, alle ore 16.30, nella Biblioteca del Sodalizio, presieduta sempre dall’arcivescovo, a cui parteciperanno gli ospiti con i loro familiari, il personale, i membri del Consiglio di Amministrazione e i confrati che vorranno unirsi. La festa proseguirà presso il ristorante della struttura con un’agape fraterna all’insegna dello spirito di accoglienza e condivisione che contraddistingue da 450 anni il San Martino.]]>

Quest’anno il Sodalizio San Martino di Perugia, benemerita istituzione laica di carità, compie 450 anni (1574-2024). In occasione delle feste dei Santi Ercolano e Martino, La Voce dedica al Sodalizio un inserto nel numero in edicola questo fine settimana raccontandone la storia e l’attualità. Quattro secoli e mezzo senza dimostrarli, restando al passo con i tempi, al servizio degli anziani e tessendo rapporti di collaborazione con le istituzioni civili e religiose senza rinunciare alla sua autonomia come si evince fin dalle antiche “tavole di fondazione”, “costituzioni” e “statuti”. Del passato del Sodalizio ne ha parlato recentemente il suo presidente, il magistrato a riposo Alfredo Arioti Branciforti, durante un incontro con la presidente della Regione Donatella Tesei e la sindaca di Perugia Vittoria Ferdinandi. Entrambe hanno espresso parole di vivo apprezzamento e gratitudine per l’opera svolta dal Sodalizio in campo sociale contribuendo non poco al bene comune. Nella circostanza il presidente Arioti Branciforti ha commentato: «Quattrocentocinquanta anni sono tanti vedendoci sempre in prima linea nella tutela del sociale, delle persone che erano e che sono più deboli. Il Sodalizio è riuscito a sopravvivere tutti questi anni, secoli, perché si è adeguato alle circostanze, agli eventi, alla storia. [gallery td_select_gallery_slide="slide" ids="78438,78433,78442,78435,78437,78434,78439,78440,78441"]

Sodalizio: l'inizio come Confraternita

Siamo nati come per tutelare i poveri e i “vergognosi”. Questi ultimi erano le persone abbienti che, per circostanze della vita, perdevano tutto e si vergognavano dell’elemosina. Da queste persone è nata la “Confraternita di San Martino”, che presentava 80 confrati per ciascuno dei cinque rioni medioevali di Perugia per un totale di 400 confrati (numero tutt’ora mantenuto, n.d.r.). Erano tanti in un’epoca in cui la città aveva solo 25mila abitanti; questo perché dovevano andare a cercare i “vergognosi” per poterli aiutare. Con il passare del tempo il Sodalizio ha iniziato a tutelare anche gli orfani di famiglie indigenti, poi si è dedicato agli ospedali, alle scuole materne, fino ad arrivare a noi con il dedicarsi agli anziani. È stata l’idea di un nostro confratello, Mario Bellucci, di costruire la “Residenza San Martino”, una cittadella nella città. C’è il teatro, il ristorante, la chiesa, la biblioteca…, una realtà interessante. Tutto questo per ospitare dignitosamente gli anziani, i più dimenticati e considerati, addirittura, un peso, soprattutto coloro che non sono autosufficienti». Il presidente ha concluso con un monito a sé stesso e a quanti sono chiamati ad amministrare anche la cosa pubblica: «Più che criticare chi ci ha preceduto nel governo, occorre rimboccarsi le maniche e lavorare per il bene comune, per il bene degli altri perché noi siamo destinati a servire gli altri, non ad essere serviti. Questo è il principio base del nostro Sodalizio, un esempio-insegnamento anche per chi è chiamato a governare la società intera». Il Sodalizio di San Martino è considerato dalla città di Perugia «parte integrante della propria migliore storia» e «punto di riferimento dei valori umani e sociali più alti», conferendogli il Consiglio comunale, nel 1992, l’Iscrizione all’Albo d’Oro della Città.

I beni e servizi del Sodalizio

La sua eccellente opera di accoglienza-assistenza alle persone anziane è garantita anche dai proventi derivanti dalla rendita di beni ricevuti nel tempo, tra donazioni e lasciti, dando oggi lavoro a circa novanta persone. Tra i beni menzioniamo la storica Farmacia e la fiorente Azienda Agraria. Non va trascurato il suo patrimonio storico-artistico, come la chiesa monumentale di Sant’Ercolano e il Centro di arte e cultura “Fuseum”.

Le due imminenti festività

La festa di Sant’Ercolano, patrono della Città e dell’Università, sarà celebrata sabato 9 e domenica 10 novembre, nell’omonima chiesa, con due messe solenni: sabato, alle ore 11, presieduta dal vicario generale mons. Simone Sorbaioli insieme ai parroci del centro storico; domenica, alle ore 10.30, presieduta dall’arcivescovo mons. Ivan Maffeis, alla presenza dei rappresentanti delle Istituzioni civili, accademiche e del Sodalizio, animata dal coro de “I Madrigalisti di Perugia”. La festa di San Martino sarà celebrata martedì 12, alle ore 16.30, nella Biblioteca del Sodalizio, presieduta sempre dall’arcivescovo, a cui parteciperanno gli ospiti con i loro familiari, il personale, i membri del Consiglio di Amministrazione e i confrati che vorranno unirsi. La festa proseguirà presso il ristorante della struttura con un’agape fraterna all’insegna dello spirito di accoglienza e condivisione che contraddistingue da 450 anni il San Martino.]]>
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Ad Assisi la Giornata nazionale del Ringraziamento https://www.lavoce.it/ad-assisi-la-giornata-nazionale-del-ringraziamento/ https://www.lavoce.it/ad-assisi-la-giornata-nazionale-del-ringraziamento/#respond Thu, 07 Nov 2024 09:54:42 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78420 una mano tocca le spighe di un campo di grano illuminato dal sole, in primo piano

Si terrà domenica 10 novembre la 74ª Giornata Nazionale del Ringraziamento che quest’anno ha per slogan: “La speranza per il domani: verso un’agricoltura più sostenibile”.

La Giornata nazionale del Ringraziamento ad Assisi

Le celebrazioni si svolgeranno ad Assisi, “nella terra di san Francesco, autore circa 800 anni fa del celebre Cantico delle creature. Una spiritualità feconda di cui abbiamo assoluto bisogno anche oggi”, sottolinea don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro, per il quale “anche il mondo agricolo è assetato di riconciliazione con la terra”.

Salvaguardare il terreno e coinvolgere i giovani

Il tema della Giornata, spiega, “ci apre al Giubileo che è alle porte. L’idea di fondo è che stiamo vivendo un tempo opportuno di semina. Se vogliamo offrire speranza dobbiamo tornare a seminare. E la semina oggi può essere declinata in due modi: la salvaguardia del terreno e il coinvolgimento delle giovani generazioni”. “I disastri recenti in Italia (Emilia-Romagna e Toscana) e in Spagna (Valencia) ci ricordano quanto sia importante porre fine al consumo di suolo, che ha ridotto la produzione alimentare e riduce la possibilità di assorbimento idrico. La cementificazione ha conosciuto, tra le conseguenze più rilevanti, l’aumento del rischio idrogeologico, che allarma sempre più”, afferma don Bignami evidenziando che “in questo contesto, c’è bisogno di salvaguardare l’ambiente, preservare gli ecosistemi e tutelare la biodiversità, come chiede l’art. 9 della Costituzione italiana”. Secondo il direttore dell’Ufficio Cei “la seconda semina passa per le giovani generazioni e sulla scommessa che siano capaci di cura della terra”. “Ridurre sprechi e consumi, sostenere le comunità locali, favorire le conoscenze tradizionali – ricorda – sono diverse modalità con cui responsabilizzare i giovani.

Un laboratorio ideale per un'agricoltura innovativa

I Vescovi invocano l’apertura di un 'laboratorio ideale' nel nostro Paese per sperimentare forme innovative di agricoltura. Per questo i giovani vanno educati al consumo critico, possono divenire modelli di ritorno alla terra e possono promuovere politiche agrarie esigenti e di lunga prospettiva”.

Il programma per la Giornata del Ringraziamento

La ricorrenza della Giornata è promossa dalla Cei in collaborazione con le associazioni di categoria Fai-Cisl, Terra Viva, Coldiretti, Acli Terra, Feder.Agri-Mcl. La Fai-Cisl sarà presente ad Assisi già venerdì 8 novembre con il seminario “Dopo la pandemia: come cambia il lavoro agroalimentare”, in cui sarà presentata la ricerca “L’impatto della pandemia di Covid-19 sull’industria alimentare e sull’organizzazione aziendale”. L’incontro si terrà presso l’Auditorium dell’Istituto Serafico dalle 16 alle 18.30 e prevede gli interventi di Vincenzo Conso, Presidente Fondazione Fai-Cisl Studi e Ricerche, Gabriele Canali, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, Francesca Di Maolo, presidente dell’Istituto Serafico, Serena Bergamaschi, ricercatrice e operatrice Fai-Cisl Umbria, Alessandro Glisenti, Presidente dell’Ente bilaterale del settore alimentare; concluderà l’iniziativa il Segretario Generale della Fai-Cisl Onofrio Rota. Sabato 9 novembre, da un incontro presso il Sacro Convento di Assisi: si inizia alle ore 15 con il “Percorso sul Cantico delle creature”, dalla basilica di Santa Chiara alla basilica di San Francesco passando per il Santuario della Spogliazione. Alle 17 si terrà un Seminario di studio: ad introdurre i lavori sarà don Bignami che si soffermerà sul Messaggio dei Vescovi per la Giornata; seguiranno gli interventi di Luigino Bruni, economista e saggista, e di Angelo Riccaboni, docente all’Università di Siena. Dopo il dibattito, è prevista una tavola rotonda a cui parteciperanno i referenti di diverse associazioni del mondo agricolo Fai-Cisl, Terra Viva, Coldiretti, Acli Terra, Feder.Agri-Mcl, moderata da Luca Ginetto, caporedattore del Tgr Umbria. Domenica 10 novembre, alle 10, il vescovo Domenico Sorrentino presiederà la Celebrazione eucaristica nella basilica di Santa Maria degli Angeli, al termine della quale è in programma la benedizione dei mezzi agricoli e degli stand allestiti in piazza.  ]]>
una mano tocca le spighe di un campo di grano illuminato dal sole, in primo piano

Si terrà domenica 10 novembre la 74ª Giornata Nazionale del Ringraziamento che quest’anno ha per slogan: “La speranza per il domani: verso un’agricoltura più sostenibile”.

La Giornata nazionale del Ringraziamento ad Assisi

Le celebrazioni si svolgeranno ad Assisi, “nella terra di san Francesco, autore circa 800 anni fa del celebre Cantico delle creature. Una spiritualità feconda di cui abbiamo assoluto bisogno anche oggi”, sottolinea don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro, per il quale “anche il mondo agricolo è assetato di riconciliazione con la terra”.

Salvaguardare il terreno e coinvolgere i giovani

Il tema della Giornata, spiega, “ci apre al Giubileo che è alle porte. L’idea di fondo è che stiamo vivendo un tempo opportuno di semina. Se vogliamo offrire speranza dobbiamo tornare a seminare. E la semina oggi può essere declinata in due modi: la salvaguardia del terreno e il coinvolgimento delle giovani generazioni”. “I disastri recenti in Italia (Emilia-Romagna e Toscana) e in Spagna (Valencia) ci ricordano quanto sia importante porre fine al consumo di suolo, che ha ridotto la produzione alimentare e riduce la possibilità di assorbimento idrico. La cementificazione ha conosciuto, tra le conseguenze più rilevanti, l’aumento del rischio idrogeologico, che allarma sempre più”, afferma don Bignami evidenziando che “in questo contesto, c’è bisogno di salvaguardare l’ambiente, preservare gli ecosistemi e tutelare la biodiversità, come chiede l’art. 9 della Costituzione italiana”. Secondo il direttore dell’Ufficio Cei “la seconda semina passa per le giovani generazioni e sulla scommessa che siano capaci di cura della terra”. “Ridurre sprechi e consumi, sostenere le comunità locali, favorire le conoscenze tradizionali – ricorda – sono diverse modalità con cui responsabilizzare i giovani.

Un laboratorio ideale per un'agricoltura innovativa

I Vescovi invocano l’apertura di un 'laboratorio ideale' nel nostro Paese per sperimentare forme innovative di agricoltura. Per questo i giovani vanno educati al consumo critico, possono divenire modelli di ritorno alla terra e possono promuovere politiche agrarie esigenti e di lunga prospettiva”.

Il programma per la Giornata del Ringraziamento

La ricorrenza della Giornata è promossa dalla Cei in collaborazione con le associazioni di categoria Fai-Cisl, Terra Viva, Coldiretti, Acli Terra, Feder.Agri-Mcl. La Fai-Cisl sarà presente ad Assisi già venerdì 8 novembre con il seminario “Dopo la pandemia: come cambia il lavoro agroalimentare”, in cui sarà presentata la ricerca “L’impatto della pandemia di Covid-19 sull’industria alimentare e sull’organizzazione aziendale”. L’incontro si terrà presso l’Auditorium dell’Istituto Serafico dalle 16 alle 18.30 e prevede gli interventi di Vincenzo Conso, Presidente Fondazione Fai-Cisl Studi e Ricerche, Gabriele Canali, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, Francesca Di Maolo, presidente dell’Istituto Serafico, Serena Bergamaschi, ricercatrice e operatrice Fai-Cisl Umbria, Alessandro Glisenti, Presidente dell’Ente bilaterale del settore alimentare; concluderà l’iniziativa il Segretario Generale della Fai-Cisl Onofrio Rota. Sabato 9 novembre, da un incontro presso il Sacro Convento di Assisi: si inizia alle ore 15 con il “Percorso sul Cantico delle creature”, dalla basilica di Santa Chiara alla basilica di San Francesco passando per il Santuario della Spogliazione. Alle 17 si terrà un Seminario di studio: ad introdurre i lavori sarà don Bignami che si soffermerà sul Messaggio dei Vescovi per la Giornata; seguiranno gli interventi di Luigino Bruni, economista e saggista, e di Angelo Riccaboni, docente all’Università di Siena. Dopo il dibattito, è prevista una tavola rotonda a cui parteciperanno i referenti di diverse associazioni del mondo agricolo Fai-Cisl, Terra Viva, Coldiretti, Acli Terra, Feder.Agri-Mcl, moderata da Luca Ginetto, caporedattore del Tgr Umbria. Domenica 10 novembre, alle 10, il vescovo Domenico Sorrentino presiederà la Celebrazione eucaristica nella basilica di Santa Maria degli Angeli, al termine della quale è in programma la benedizione dei mezzi agricoli e degli stand allestiti in piazza.  ]]>
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Comunione con i morti. E anche con i vivi https://www.lavoce.it/comunione-con-i-morti-e-anche-con-i-vivi/ https://www.lavoce.it/comunione-con-i-morti-e-anche-con-i-vivi/#respond Wed, 06 Nov 2024 14:32:16 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78412 Una croce metallica sopra una sepoltura a terra, sopra un mazzo di fiori

Abbiamo da poco celebrato la festa di Ognissanti e la commemorazione dei defunti e nasce spontanea la domanda riguardo a quanto tali ricorrenze abbiano ancora una rilevanza nelle nostre famiglie che vada ben oltre il consumismo a dir poco superficiale indotto dai festeggiamenti legati invece alla conclamata notte di Halloween.

Non si vuole suggerire di “lasciare stare i santi”, con un moralismo piuttosto superficiale, ma, più propositivamente invitare a cogliere la natura originaria di queste due feste significativamente ravvicinate. Quanto anche come cristiani viviamo la consapevole speranza che molti nostri cari defunti siano effettivamente già santi al cospetto di Dio, pur senza aver ricevuto i cosiddetti “onori degli altari”?

Può essere salutare riprendere un passaggio importante fra i paragrafi iniziali dell’esortazione apostolica di Papa Francesco Gaudete et exsultate: “Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante. Questa è tante volte la santità ‘della porta accanto’, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare un’altra espressione, ‘la classe media della santità’” (n. 7).

È proprio così: la nostra vita è come tempestata dalle gemme che sono gli incontri con le persone che in diverso modo ci testimoniano la loro fede e ci aiutano a viverla. Spesso i primi che ci indicano una via possibile per seguire il disegno di Dio su di noi sono i nostri genitori, i nonni, altri parenti, ma anche i nostri figli, come ci indica il modello luminoso di Carlo Acutis. È per questo motivo che la festa di tutti i santi può definirsi pienamente una festa di famiglia!

Ed è chiaro che questo esercizio di condivisione può essere fatto non solo con le persone care che sono ancora in vita, ma anche con quelle che non sono più fisicamente tra noi. Questo risponderebbe pienamente all’invito della Chiesa, di fare memoria e questo può avvenire in virtù di quella comunione dei santi in cui crediamo. E allargando il cerchio di questa comunione, perché non sentirsi spronati da queste feste a cercare germi di bene nelle persone che vivono accanto a noi e che, soprattutto nelle grandi città, quasi non conosciamo? Non sarebbe male che nelle rarissime occasioni di incontro con i vicini di casa, anche gli adulti potessero fare lo sforzo di andare a salutare una persona anziana, porgerle una parola di amicizia, offrirle qualche tempo di condivisione.

Oltre all’antica devozione della visita ai cimiteri, il mese di novembre potrebbe essere un periodo fecondo di incontri e scambi anche fra i vivi, per ravvivare la fede, ma anche solo la solidarietà umana, con l’intento di colmare quelle sacche di solitudine silenziosa molto presenti soprattutto fra le persone anziane. Del resto, è la Parola di Dio che ci invita ad accogliere e incontrare l’altro, sapendo che in lui potrebbe esserci un angelo, ovvero una fiamma nascosta ma crepitante dello Spirito.

Giovanni M. Capetta
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Una croce metallica sopra una sepoltura a terra, sopra un mazzo di fiori

Abbiamo da poco celebrato la festa di Ognissanti e la commemorazione dei defunti e nasce spontanea la domanda riguardo a quanto tali ricorrenze abbiano ancora una rilevanza nelle nostre famiglie che vada ben oltre il consumismo a dir poco superficiale indotto dai festeggiamenti legati invece alla conclamata notte di Halloween.

Non si vuole suggerire di “lasciare stare i santi”, con un moralismo piuttosto superficiale, ma, più propositivamente invitare a cogliere la natura originaria di queste due feste significativamente ravvicinate. Quanto anche come cristiani viviamo la consapevole speranza che molti nostri cari defunti siano effettivamente già santi al cospetto di Dio, pur senza aver ricevuto i cosiddetti “onori degli altari”?

Può essere salutare riprendere un passaggio importante fra i paragrafi iniziali dell’esortazione apostolica di Papa Francesco Gaudete et exsultate: “Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante. Questa è tante volte la santità ‘della porta accanto’, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare un’altra espressione, ‘la classe media della santità’” (n. 7).

È proprio così: la nostra vita è come tempestata dalle gemme che sono gli incontri con le persone che in diverso modo ci testimoniano la loro fede e ci aiutano a viverla. Spesso i primi che ci indicano una via possibile per seguire il disegno di Dio su di noi sono i nostri genitori, i nonni, altri parenti, ma anche i nostri figli, come ci indica il modello luminoso di Carlo Acutis. È per questo motivo che la festa di tutti i santi può definirsi pienamente una festa di famiglia!

Ed è chiaro che questo esercizio di condivisione può essere fatto non solo con le persone care che sono ancora in vita, ma anche con quelle che non sono più fisicamente tra noi. Questo risponderebbe pienamente all’invito della Chiesa, di fare memoria e questo può avvenire in virtù di quella comunione dei santi in cui crediamo. E allargando il cerchio di questa comunione, perché non sentirsi spronati da queste feste a cercare germi di bene nelle persone che vivono accanto a noi e che, soprattutto nelle grandi città, quasi non conosciamo? Non sarebbe male che nelle rarissime occasioni di incontro con i vicini di casa, anche gli adulti potessero fare lo sforzo di andare a salutare una persona anziana, porgerle una parola di amicizia, offrirle qualche tempo di condivisione.

Oltre all’antica devozione della visita ai cimiteri, il mese di novembre potrebbe essere un periodo fecondo di incontri e scambi anche fra i vivi, per ravvivare la fede, ma anche solo la solidarietà umana, con l’intento di colmare quelle sacche di solitudine silenziosa molto presenti soprattutto fra le persone anziane. Del resto, è la Parola di Dio che ci invita ad accogliere e incontrare l’altro, sapendo che in lui potrebbe esserci un angelo, ovvero una fiamma nascosta ma crepitante dello Spirito.

Giovanni M. Capetta
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Meeting nazionale della Fondazione Sorella Natura https://www.lavoce.it/meeting-nazionale-della-fondazione-sorella-natura/ https://www.lavoce.it/meeting-nazionale-della-fondazione-sorella-natura/#respond Fri, 01 Nov 2024 17:11:51 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78379 Il tavolo dei relatori con alle spalle un grande schermo e davanti una parte del pubblico di spalle

La prima sessione del quarto Meeting nazionale della Fondazione Sorella Natura ad Assisi si è svolta nel fine settimana del 25 e 26 ottobre, la seconda sessione si terrà a Roma l’8 novembre.

Questa prima parte della due giorni ha avuto come ospiti numerose figure di spicco. L’argomento centrale è stato il bosco italiano, un patrimonio importante per il nostro Paese, che viene tutelato ma che ha bisogno di esserlo maggiormente – come ha spiegato il generale Nazario Palmieri, vice comandante delle Unità forestali, ambientali e agroalimentari dell’Arma dei carabinieri.

Boschi: la situazione nel mondo e il clima

Il suo discorso è partito dalla situazione mondiale boschiva. Attualmente si ha una media distruttiva di 13 milioni all’anno di ettari di foreste, come quella amazzonica, quelle equatoriali del Continente africano, che giocano un ruolo indiscutibile nel cambiamento dei cicli biosferici globali. Le conseguenze climatiche che stiamo subendo il Italia, ma anche in tutto il mondo, sono frutto di questa distruzione sistematica del patrimonio forestale.

Un recente studio scientifico infatti attesta che per la prima volta c’è un disaccoppiamento tra l’assorbimento dell’anidride carbonica, che viene principalmente mediata proprio dagli ecosistemi forestali, e gli oceani, quindi tra ciò che si emette e ciò che si assorbe. Questo conduce inevitabilmente a una modifica su scala planetaria del clima, portando a una seconda conseguenza catastrofica, la mancanza di acqua.

L'importanza della tutela dei boschi

Affrontando il discorso dei boschi italiani, Palmieri spiega che un altro fattore preoccupante è la disconoscenza dell’importanza di tutela boschiva. I cittadini dovrebbero capire che le cause delle alluvioni non sono altro che il disboscamento e l’incendio boschivo. I boschi sono strumento di difesa del suolo.

Il Bosco di San Francesco restaurato dal Fai

Un altro relatore che ha introdotto il discorso boschivo riguardante non solo il territorio italiano. ma il suolo umbro, è il presidente del Fai, Marco Magnifico. Rievoca quando venne ad Assisi a visitare l’attuale Bosco di San Francesco prima del restauro. Percorrendo la strada che dal Sacro Convento porta a Santa Croce, in un primo momento non venne coinvolto, era titubante, anche perché il Fai non aveva mai restaurato un bosco; ma appena si è trovato davanti un tappeto di ciclamini, cambiò subito idea. Racconta di essere stato ‘rapito’ da quell’esercito di fiori timidi, e insieme alla Fondazione Natura (che, grazie al fondatore Roberto Leoni, aveva già iniziato una parte dei lavori) iniziarono questo percorso di restauro nel 2008. Per la Fondazione Fai è stato un grande lavoro innovativo, importante anche per aver portato tutta una fase educativa all’interno del percorso di ristrutturazione del Bosco di San Francesco.

L'energia rinnovabile

La seconda giornata del meeting ha avuto come argomento centrale l’energia rinnovabile. Mario Antonio Scino, capo Gabinetto del Mase (ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica) che mette insieme la tutela dell’ambiente e le energie rinnovabili, ha parlato subito  della presa di coscienza: che al centro ci sia l’essere umano, che sta vivendo grosse difficoltà sia in ambito economico globale sia soprattutto per quanto riguarda il mutamento climatico.

Scino ha spiegato in dettaglio l’Agenda 2030, voluta dalle Nazioni Unite ossia da 193 Paesi del mondo per trasformare il nostro pianeta, in breve tempo e con lo sviluppo sostenibile. Con 17 obiettivi validi a livello mondiale, l’Agenda 2030 si prefigge di coinvolgere nazioni e società, dal settore privato al pubblico, dal civile all’informazione, fino alla cultura, per tutelare l’intero ecosistema e garantire uno sviluppo economico e sociale all’intera umanità.

Conclude affermando che anche l’Unione europea ha più volte suggerito di abbandonare nell’immediato i combustibili fossili e dedicarci totalmente e soltanto all’energia rinnovabile, quella energia chiara e pura che solo la Terra ci sa offrire. L’intero pianeta ha bisogno di essere maggiormente tutelato e capito: siamo tutti coinvolti, e ormai il 2030 è dietro l’angolo. Siamo pronti a ripristinare ciò che abbiamo sbagliato in passato?

La seconda sessione del meeting a Roma

Nella seconda sessione del meeting della Fondazione presieduta da Susanna Pagiotti, che si terrà a Roma presso la sede del Senato, si cercherà di affrontare proprio questa scadenza del tempo. Il cambiamento climatico che interessa il nostro pianeta è in atto, non si può arrestare. Dobbiamo conviverci, ma possiamo forse rallentare il processo degenerativo e reinserirci nel ciclo di una Terra che vive, si muove e cambia, e noi con essa.

Emanuela Marotta

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Il tavolo dei relatori con alle spalle un grande schermo e davanti una parte del pubblico di spalle

La prima sessione del quarto Meeting nazionale della Fondazione Sorella Natura ad Assisi si è svolta nel fine settimana del 25 e 26 ottobre, la seconda sessione si terrà a Roma l’8 novembre.

Questa prima parte della due giorni ha avuto come ospiti numerose figure di spicco. L’argomento centrale è stato il bosco italiano, un patrimonio importante per il nostro Paese, che viene tutelato ma che ha bisogno di esserlo maggiormente – come ha spiegato il generale Nazario Palmieri, vice comandante delle Unità forestali, ambientali e agroalimentari dell’Arma dei carabinieri.

Boschi: la situazione nel mondo e il clima

Il suo discorso è partito dalla situazione mondiale boschiva. Attualmente si ha una media distruttiva di 13 milioni all’anno di ettari di foreste, come quella amazzonica, quelle equatoriali del Continente africano, che giocano un ruolo indiscutibile nel cambiamento dei cicli biosferici globali. Le conseguenze climatiche che stiamo subendo il Italia, ma anche in tutto il mondo, sono frutto di questa distruzione sistematica del patrimonio forestale.

Un recente studio scientifico infatti attesta che per la prima volta c’è un disaccoppiamento tra l’assorbimento dell’anidride carbonica, che viene principalmente mediata proprio dagli ecosistemi forestali, e gli oceani, quindi tra ciò che si emette e ciò che si assorbe. Questo conduce inevitabilmente a una modifica su scala planetaria del clima, portando a una seconda conseguenza catastrofica, la mancanza di acqua.

L'importanza della tutela dei boschi

Affrontando il discorso dei boschi italiani, Palmieri spiega che un altro fattore preoccupante è la disconoscenza dell’importanza di tutela boschiva. I cittadini dovrebbero capire che le cause delle alluvioni non sono altro che il disboscamento e l’incendio boschivo. I boschi sono strumento di difesa del suolo.

Il Bosco di San Francesco restaurato dal Fai

Un altro relatore che ha introdotto il discorso boschivo riguardante non solo il territorio italiano. ma il suolo umbro, è il presidente del Fai, Marco Magnifico. Rievoca quando venne ad Assisi a visitare l’attuale Bosco di San Francesco prima del restauro. Percorrendo la strada che dal Sacro Convento porta a Santa Croce, in un primo momento non venne coinvolto, era titubante, anche perché il Fai non aveva mai restaurato un bosco; ma appena si è trovato davanti un tappeto di ciclamini, cambiò subito idea. Racconta di essere stato ‘rapito’ da quell’esercito di fiori timidi, e insieme alla Fondazione Natura (che, grazie al fondatore Roberto Leoni, aveva già iniziato una parte dei lavori) iniziarono questo percorso di restauro nel 2008. Per la Fondazione Fai è stato un grande lavoro innovativo, importante anche per aver portato tutta una fase educativa all’interno del percorso di ristrutturazione del Bosco di San Francesco.

L'energia rinnovabile

La seconda giornata del meeting ha avuto come argomento centrale l’energia rinnovabile. Mario Antonio Scino, capo Gabinetto del Mase (ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica) che mette insieme la tutela dell’ambiente e le energie rinnovabili, ha parlato subito  della presa di coscienza: che al centro ci sia l’essere umano, che sta vivendo grosse difficoltà sia in ambito economico globale sia soprattutto per quanto riguarda il mutamento climatico.

Scino ha spiegato in dettaglio l’Agenda 2030, voluta dalle Nazioni Unite ossia da 193 Paesi del mondo per trasformare il nostro pianeta, in breve tempo e con lo sviluppo sostenibile. Con 17 obiettivi validi a livello mondiale, l’Agenda 2030 si prefigge di coinvolgere nazioni e società, dal settore privato al pubblico, dal civile all’informazione, fino alla cultura, per tutelare l’intero ecosistema e garantire uno sviluppo economico e sociale all’intera umanità.

Conclude affermando che anche l’Unione europea ha più volte suggerito di abbandonare nell’immediato i combustibili fossili e dedicarci totalmente e soltanto all’energia rinnovabile, quella energia chiara e pura che solo la Terra ci sa offrire. L’intero pianeta ha bisogno di essere maggiormente tutelato e capito: siamo tutti coinvolti, e ormai il 2030 è dietro l’angolo. Siamo pronti a ripristinare ciò che abbiamo sbagliato in passato?

La seconda sessione del meeting a Roma

Nella seconda sessione del meeting della Fondazione presieduta da Susanna Pagiotti, che si terrà a Roma presso la sede del Senato, si cercherà di affrontare proprio questa scadenza del tempo. Il cambiamento climatico che interessa il nostro pianeta è in atto, non si può arrestare. Dobbiamo conviverci, ma possiamo forse rallentare il processo degenerativo e reinserirci nel ciclo di una Terra che vive, si muove e cambia, e noi con essa.

Emanuela Marotta

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Missione giovani: le testimonianze di chi ha partecipato https://www.lavoce.it/missione-giovani-le-testimonianze-di-chi-ha-partecipato/ https://www.lavoce.it/missione-giovani-le-testimonianze-di-chi-ha-partecipato/#respond Fri, 01 Nov 2024 17:00:48 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78388 I giovani con i frati francescani in piazza IV Novembre intorno alla Fonta aMaggiore, sullo sfondo Palazzo dei Priori

La “Missione giovani” si è conclusa, ma ha lasciato segni, e semi, nella vita dei giovani, dei missionari e di quelli che si sono lasciati coinvolgere dal loro invito, ma anche nella vita della comunità ecclesiale che si è preparata per il “dopo missione”.

Segni e semi nei giovani partecipanti alla Missione

Avvicinare una persona sconosciuta per strada per proporgli un discorso che riguarda la fede. Quanti si vergognerebbero a farlo? Tanti, quasi tutti. Anche Francesca e Elena, due ragazze che hanno partecipato alla Missione giovani, e che nonostante la preparazione fatta nei mesi precedenti, al momento di andare hanno dovuto superare timidezza e “vergogna”, spinte e sostenute dai missionari adulti che accompagnavano i giovani. Le incontro a metà missione, giovedì pomeriggio nella “base” dei missionari, la chiesa di Elce. Hanno appena concluso la preparazione fatta di preghiera e indicazioni logistiche per andare per le strade a portare l’annuncio.

La timidezza di Francesca, poi superata

“All’inizio è stato molto complesso e mi ‘buttavano i frati’, - racconta Francesca - cioè nel senso proprio mi dicevano vai, ferma la persona, parla. Invece adesso è una cosa che sento molto più mia anche perché ho capito quanto sia importante soprattutto quando abbiamo iniziato a fare le serate al Teatro Pavone: ho visto i ragazzi venire poi all’adorazione che quando uscivano avevano una luce immensa e bellissima negli occhi. Vederli così, soprattutto alcuni di cui conoscevo le storie mi spinge ad andare ancora adesso. È stato bellissimo e lo rifarei altre mille volte”.

... e quella di Elena, "che ha dovuto rompere il ghiaccio"

Anche Elena all’inizio ha dovuto “un po’ rompere il ghiaccio anche con me stessa”. Ma poi, racconta, “davvero riesci a essere te stesso con tutti, con tutta la gente che incontri perché è proprio bello vedere la disponibilità dei giovani che hanno accolto quasi tutti l’invito anche se poi non tutti sono venuti, o sono rimasti soltanto per una parte di serata. La prima sera sono stata fuori dal teatro e sono usciti tre ragazzi che dentro sentivano un po’ caldo e non ce la facevano più a respirare, e sono rimasti fuori a parlare con noi sulla serata, sulla vita in generale, su argomenti del più e del meno, come quando tra amici si rimane fuori dopo la messa a parlare”.

Sperimentare che si può entrare in relazione con l'altro

Ma, “la cosa più bella” che le ragazze si portano nel cuore, e che ha segnato la loro vita, “non è stato tanto portare un annuncio”, che pure hanno fatto, ma è l’aver sperimentato che si può, ed è bello, “entrare in relazione con l’altro”, come dice Francesca. E Francesca si porta nel cuore “tanta gioia e tanta speranza” perché, spiega, “a noi può sembrare inutile fare inviti a gente scelta a caso, che non conosciamo, però Dio sa che frutti porterà questa piccola settimana in un tempo molto più grande”. E sottolinea che “‘è stato fondamentale” questo “fermarsi per strada a parlare con loro, dargli il loro spazio, dargli la parola, dargli l’occasione di esprimersi in un ambiente libero, senza pregiudizi, senza costrizioni, creare questo luogo dove i giovani si sono sentiti ascoltati”.  Negli occhi di Francesca e Elena c’è la luce di chi ha sperimentato la bellezza di un incontro.

Segni e semi della Missione nella comunità

La Missione giovani è una “azione” di Chiesa. Promossa dalla diocesi e nello specifico dagli uffici pastorali che si occupano dei giovani, ha però cercato di coinvolgere la comunità ecclesiale, dalle parrocchie alle associazioni, gruppi e movimenti, non solo giovanili. Un coinvolgimento che si è concretizzato nella fase di invito ai giovani a partecipare, nelle giornate della Missione con i sacerdoti che si sono messi a disposizione per le confessioni o che hanno accompagnato i ragazzi della parrocchia alle catechesi tenute al Pavone. Un coinvolgimento che si fa ancor più coinvolgente in questo “postmissione” con i percorsi attivati soprattutto a Perugia, ma non solo, ai quali sono stati invitati tutti i giovani contattati nei giorni della missione.

Il primo seme

Il primo seme piantato nella comunità ecclesiale è, “prima di tutto la comunione vissuta in questa Missione giovani, cioè di poter stare tra ragazzi, frati, sacerdoti di varie parrocchie, di varie realtà, di varie associazioni” , commenta don Simone Sorbaioli, vicario per la pastorale, che nel tempo della Missione ha condiviso le sue giornate con i missionari.  “La missione accende un fuoco che dopo va tenuto vivo” e “a noi - aggiunge don Sorbaioli - viene chiesto di accompagnare i tanti giovani incontrati in questi giorni di annuncio, in quello che chiamiamo il ‘post missione’. Sabato all’ultima catechesi verrà fatto un invito a proseguire un cammino nelle varie occasioni di nuova evangelizzazione per i giovani, 16 preparate nelle parrocchie o nelle associazioni, che prenderanno avvio nella settimana successiva alla conclusione della Missione”.

Il post-missione è appena iniziato. Il cammino prosegue nella comunità diocesana che il 23 settembre sarà convocata in assemblea. Ma tra i frutti c’è già il rafforzamento della collaborazione tra le pastorali che si occupano dei giovani.

L'omelia dell'arcivescovo Ivan Meffeis

“Un po’ tutti abbiamo respirato quel clima di fraternità e di condivisione dell’annuncio missionario del Vangelo che ci ha uniti e che rimane un patrimonio da coltivare e da valorizzare”. Così l’arcivescovo Ivan Maffeis all’omelia della celebrazione eucaristica conclusiva della “Missione Giovani” che si è svolta a Perugia dal 18 al 27 ottobre. Domenica mattina l’ultimo appuntamento in una gremita cattedrale di San Lorenzo. In chiesa i giovani missionari e tanti dei giovani incontrati nei giorni della missione.

“Chiediamo al Signore - ha detto il vescovo Ivan all’omelia - un cuore che sappia ascoltare il grido di tanti e sappia restituire un riflesso di quella luce, di quella speranza che Dio ci ha donato. Affinché questa luce e questa speranza non si offuschino, vi proponiamo di scegliere un cammino con cui continuare e valorizzare il tesoro di questa “Missione Giovani”, perché non resti semplicemente un ricordo”. Nel postmissione 16 proposte per proseguire il cammino, a cominciare da mercoledì 31 ottobre presso la chiesa dell’abbazia di San Pietro a Perugia.

Il calendario completo è pubblicato sul sito diocesi.perugia.it/

 
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I giovani con i frati francescani in piazza IV Novembre intorno alla Fonta aMaggiore, sullo sfondo Palazzo dei Priori

La “Missione giovani” si è conclusa, ma ha lasciato segni, e semi, nella vita dei giovani, dei missionari e di quelli che si sono lasciati coinvolgere dal loro invito, ma anche nella vita della comunità ecclesiale che si è preparata per il “dopo missione”.

Segni e semi nei giovani partecipanti alla Missione

Avvicinare una persona sconosciuta per strada per proporgli un discorso che riguarda la fede. Quanti si vergognerebbero a farlo? Tanti, quasi tutti. Anche Francesca e Elena, due ragazze che hanno partecipato alla Missione giovani, e che nonostante la preparazione fatta nei mesi precedenti, al momento di andare hanno dovuto superare timidezza e “vergogna”, spinte e sostenute dai missionari adulti che accompagnavano i giovani. Le incontro a metà missione, giovedì pomeriggio nella “base” dei missionari, la chiesa di Elce. Hanno appena concluso la preparazione fatta di preghiera e indicazioni logistiche per andare per le strade a portare l’annuncio.

La timidezza di Francesca, poi superata

“All’inizio è stato molto complesso e mi ‘buttavano i frati’, - racconta Francesca - cioè nel senso proprio mi dicevano vai, ferma la persona, parla. Invece adesso è una cosa che sento molto più mia anche perché ho capito quanto sia importante soprattutto quando abbiamo iniziato a fare le serate al Teatro Pavone: ho visto i ragazzi venire poi all’adorazione che quando uscivano avevano una luce immensa e bellissima negli occhi. Vederli così, soprattutto alcuni di cui conoscevo le storie mi spinge ad andare ancora adesso. È stato bellissimo e lo rifarei altre mille volte”.

... e quella di Elena, "che ha dovuto rompere il ghiaccio"

Anche Elena all’inizio ha dovuto “un po’ rompere il ghiaccio anche con me stessa”. Ma poi, racconta, “davvero riesci a essere te stesso con tutti, con tutta la gente che incontri perché è proprio bello vedere la disponibilità dei giovani che hanno accolto quasi tutti l’invito anche se poi non tutti sono venuti, o sono rimasti soltanto per una parte di serata. La prima sera sono stata fuori dal teatro e sono usciti tre ragazzi che dentro sentivano un po’ caldo e non ce la facevano più a respirare, e sono rimasti fuori a parlare con noi sulla serata, sulla vita in generale, su argomenti del più e del meno, come quando tra amici si rimane fuori dopo la messa a parlare”.

Sperimentare che si può entrare in relazione con l'altro

Ma, “la cosa più bella” che le ragazze si portano nel cuore, e che ha segnato la loro vita, “non è stato tanto portare un annuncio”, che pure hanno fatto, ma è l’aver sperimentato che si può, ed è bello, “entrare in relazione con l’altro”, come dice Francesca. E Francesca si porta nel cuore “tanta gioia e tanta speranza” perché, spiega, “a noi può sembrare inutile fare inviti a gente scelta a caso, che non conosciamo, però Dio sa che frutti porterà questa piccola settimana in un tempo molto più grande”. E sottolinea che “‘è stato fondamentale” questo “fermarsi per strada a parlare con loro, dargli il loro spazio, dargli la parola, dargli l’occasione di esprimersi in un ambiente libero, senza pregiudizi, senza costrizioni, creare questo luogo dove i giovani si sono sentiti ascoltati”.  Negli occhi di Francesca e Elena c’è la luce di chi ha sperimentato la bellezza di un incontro.

Segni e semi della Missione nella comunità

La Missione giovani è una “azione” di Chiesa. Promossa dalla diocesi e nello specifico dagli uffici pastorali che si occupano dei giovani, ha però cercato di coinvolgere la comunità ecclesiale, dalle parrocchie alle associazioni, gruppi e movimenti, non solo giovanili. Un coinvolgimento che si è concretizzato nella fase di invito ai giovani a partecipare, nelle giornate della Missione con i sacerdoti che si sono messi a disposizione per le confessioni o che hanno accompagnato i ragazzi della parrocchia alle catechesi tenute al Pavone. Un coinvolgimento che si fa ancor più coinvolgente in questo “postmissione” con i percorsi attivati soprattutto a Perugia, ma non solo, ai quali sono stati invitati tutti i giovani contattati nei giorni della missione.

Il primo seme

Il primo seme piantato nella comunità ecclesiale è, “prima di tutto la comunione vissuta in questa Missione giovani, cioè di poter stare tra ragazzi, frati, sacerdoti di varie parrocchie, di varie realtà, di varie associazioni” , commenta don Simone Sorbaioli, vicario per la pastorale, che nel tempo della Missione ha condiviso le sue giornate con i missionari.  “La missione accende un fuoco che dopo va tenuto vivo” e “a noi - aggiunge don Sorbaioli - viene chiesto di accompagnare i tanti giovani incontrati in questi giorni di annuncio, in quello che chiamiamo il ‘post missione’. Sabato all’ultima catechesi verrà fatto un invito a proseguire un cammino nelle varie occasioni di nuova evangelizzazione per i giovani, 16 preparate nelle parrocchie o nelle associazioni, che prenderanno avvio nella settimana successiva alla conclusione della Missione”.

Il post-missione è appena iniziato. Il cammino prosegue nella comunità diocesana che il 23 settembre sarà convocata in assemblea. Ma tra i frutti c’è già il rafforzamento della collaborazione tra le pastorali che si occupano dei giovani.

L'omelia dell'arcivescovo Ivan Meffeis

“Un po’ tutti abbiamo respirato quel clima di fraternità e di condivisione dell’annuncio missionario del Vangelo che ci ha uniti e che rimane un patrimonio da coltivare e da valorizzare”. Così l’arcivescovo Ivan Maffeis all’omelia della celebrazione eucaristica conclusiva della “Missione Giovani” che si è svolta a Perugia dal 18 al 27 ottobre. Domenica mattina l’ultimo appuntamento in una gremita cattedrale di San Lorenzo. In chiesa i giovani missionari e tanti dei giovani incontrati nei giorni della missione.

“Chiediamo al Signore - ha detto il vescovo Ivan all’omelia - un cuore che sappia ascoltare il grido di tanti e sappia restituire un riflesso di quella luce, di quella speranza che Dio ci ha donato. Affinché questa luce e questa speranza non si offuschino, vi proponiamo di scegliere un cammino con cui continuare e valorizzare il tesoro di questa “Missione Giovani”, perché non resti semplicemente un ricordo”. Nel postmissione 16 proposte per proseguire il cammino, a cominciare da mercoledì 31 ottobre presso la chiesa dell’abbazia di San Pietro a Perugia.

Il calendario completo è pubblicato sul sito diocesi.perugia.it/

 
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https://www.lavoce.it/missione-giovani-le-testimonianze-di-chi-ha-partecipato/feed/ 0
Gutierrez ha dato voce e dignità teologica alla vita dei poveri https://www.lavoce.it/gutierrez-ha-dato-voce-e-dignita-teologica-alla-vita-dei-poveri/ https://www.lavoce.it/gutierrez-ha-dato-voce-e-dignita-teologica-alla-vita-dei-poveri/#respond Thu, 31 Oct 2024 12:57:04 +0000 https://www.lavoce.it/?p=78371

I poveri hanno sempre avuto un posto privilegiato nel cuore della Chiesa. Assistenza, accoglienza, servizi, strutture, istituzioni sono la testimonianza viva dell’azione di sante e santi, ordini religiosi e istituzioni. La dottrina sociale della Chiesa ha reso ragione di una prassi ispirata al Vangelo e alla tradizione. Ma è con la Teologia della Liberazione, maturata al sole primaverile del Concilio Vaticano II, che si conferisce dignità teologica a tutto ciò che fino a quel momento era letto in chiave etica, sociologica, pastorale e politica.

Gustavo Gutierrez, di cui intendiamo onorare la memoria, ha dato voce alla vita dei poveri. Una riflessione che non nasceva nelle aule dell’accademia ma dalle baracche degli impoveriti per dire che non era volontà di Dio subire l’ingiustizia della miseria e che se una teologia non è della liberazione che teologia è?

Quella riflessione teologica è entrata a tal punto nella vita della Chiesa che “non ha più bisogno neanche di fregiarsi del suo nome storico – ha scritto il teologo Severino Dianich - , perché l’opzione preferenziale della Chiesa per i poveri oggi fa parte del comune patrimonio della coscienza della fede. L’avvento al pontificato di Jorge Mario Bergoglio le sta dando poi una grandissima rilevanza. Per ricordare degnamente Gustavo, basterà dire che senza Gustavo, oggi, non ci sarebbe Francesco”.

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I poveri hanno sempre avuto un posto privilegiato nel cuore della Chiesa. Assistenza, accoglienza, servizi, strutture, istituzioni sono la testimonianza viva dell’azione di sante e santi, ordini religiosi e istituzioni. La dottrina sociale della Chiesa ha reso ragione di una prassi ispirata al Vangelo e alla tradizione. Ma è con la Teologia della Liberazione, maturata al sole primaverile del Concilio Vaticano II, che si conferisce dignità teologica a tutto ciò che fino a quel momento era letto in chiave etica, sociologica, pastorale e politica.

Gustavo Gutierrez, di cui intendiamo onorare la memoria, ha dato voce alla vita dei poveri. Una riflessione che non nasceva nelle aule dell’accademia ma dalle baracche degli impoveriti per dire che non era volontà di Dio subire l’ingiustizia della miseria e che se una teologia non è della liberazione che teologia è?

Quella riflessione teologica è entrata a tal punto nella vita della Chiesa che “non ha più bisogno neanche di fregiarsi del suo nome storico – ha scritto il teologo Severino Dianich - , perché l’opzione preferenziale della Chiesa per i poveri oggi fa parte del comune patrimonio della coscienza della fede. L’avvento al pontificato di Jorge Mario Bergoglio le sta dando poi una grandissima rilevanza. Per ricordare degnamente Gustavo, basterà dire che senza Gustavo, oggi, non ci sarebbe Francesco”.

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