Legalità! Mai come di questi tempi si è sentita invocare la legalità. Forse è come per l’aria e per l’acqua, che ci si accorge di averne bisogno quando vengono a mancare. E sarebbe già un brutto problema. Ma c’è di peggio. E cioè che chi invoca la legalità in genere non pensa ai diritti degli altri ma ai diritti suoi; o meglio a quelli che “lui” crede che siano i suoi diritti. E magari si tratta di una persona abituata sin da bambino a pensare che tutto gli è dovuto. Non è così che si educano oggi i bambini? Tutti lamentano che i processi e le cause, in Italia, durano troppo a lungo, e hanno ragione. Ma ogni giorno una massa scoraggiante di nuove controversie si scarica sui tavoli già traballanti dei poveri magistrati, e si accumulano cavilli su cavilli. Perché avviene tutto questo? Azzardo una risposta. Perché nessuno è disposto a riconoscere spontaneamente il buon diritto del suo prossimo. E sin qui ho parlato di quelli che hanno torto ma in buona fede. Poi ci sono quelli che si sentono più furbi e in perfetta malafede, approfittano dell’inefficienza e della lentezza della giustizia. Certo, gente così c’è stata sempre. Ma almeno a parole l’insegnamento era: la tua libertà finisce dove comincia il diritto degli altri. Che da un punto di vista cristiano è anche troppo angusto, ma come principio laico può andare. C’era anche molta ipocrisia, ma l’ipocrisia, si sa, è l’omaggio che il vizio rende alla virtù. Oggi tutte le maschere sono state gettate, e l’insegnamento corrente è questo: la tua libertà finisce dove trovi qualcuno più forte e più furbo di te. Altrimenti non devi tirarti mai indietro da solo; spingiti avanti più che puoi; non farti mettere i piedi sopra la testa da nessuno, ma tu metti i piedi sopra la testa di tutti, se solo ci riesci. Questa è la morale che si insegna nella maggior parte delle famiglie, con l’esempio se non anche con le parole. E questi sono i modelli di comportamento che ogni giorno entrano nelle case attraverso la televisione con i suoi Grandi Fratelli, i talk-show per adolescenti, l’esaltazione dei divi dello spettacolo e dello sport. Non sto facendo del moralismo. Sto dicendo invece che, senza un minimo etico, una base etica comune, la società va in rovina. È inutile avere leggi perfette se non c’è una propensione spontanea e convinta ad osservarle, anche se vanno contro il proprio interesse. L’apparato giudiziario repressivo funziona solo se i trasgressori sono una infima minoranza. Se la trasgressione, o anche soltanto l’indifferenza verso le regole sociali, diventa un atteggiamento di massa, non c’è più magistratura o polizia che tenga. Questa è l’emergenza educativa di oggi: insegnare il rispetto dei diritti degli altri, diciamo più semplicemente il rispetto degli altri. Non sono ottimista.
Viva i diritti! Purché siano miei!
IL PUNTO
AUTORE:
Pier Giorgio Lignani