Vietato raccontare la Chiesa normale

l’editoriale

Qualche domanda dovrebbe pur nascere. Dopo aver doverosamente parlato a più riprese della tremenda ferita della pedofilia, ci si trova oggi di fronte alle attività estive che coinvolgono centinaia di migliaia di bambini, giovani e adulti nelle parrocchie, nelle diocesi, nelle associazioni. Si ripete con non meno partecipazione degli anni precedenti un’esperienza popolare fondata sulla fiducia, sul senso di responsabilità, sulla condivisione di una proposta educativa. È anche questa una risposta, tra le più significative, all’annuncio spesso gridato dell’incrinarsi delle relazioni all’interno della Chiesa. Ciò che sta accadendo negli oratori, nei campi estivi e nelle mille diverse attività estive della realtà ecclesiale e dell’associazionismo cattolico mette in discussione la sicurezza di tante valutazioni e previsioni pessimistiche. Mettersi in discussione di fronte all’evidenza è scomodo, anche per i media: meglio tacere, oppure fingere che quanto sta accadendo di bello e positivo sotto gli occhi di tutti non esista o sia assai poco rilevante. Quindi nessuna riga, nessuna immagine sull’estate di centinaia di migliaia di ragazzi, giovani e adulti, a meno che non accada qualche incidente di percorso. È vietato raccontare la vita normale della Chiesa, cioè la vita di un popolo che crede e pensa. Non si attendono molti segnali di ripensamento. In questo silenzio si può invece leggere la misura della distanza tra la gente e i media. Una forbice che, prima di un giudizio, suscita una preoccupazione perché indica l’indebolimento di un’alleanza indispensabile per la crescita della persona, della società, della democrazia. Non è motivo di soddisfazione registrare la crescente disaffezione della gente nei confronti di quello che dovrebbe essere un bene comune. Nessuno è esonerato dalla responsabilità, ma chi ha più potere, in questo caso chi opera nei media, ha anche più dovere di una verifica delle scelte e dei riflessi che queste hanno sull’opinione pubblica… Non si tratta di una massa anonima di vacanzieri in cerca di qualsiasi svago pur di non pensare: si tratta di gente che anche alla vacanza intende dare un sapore diverso da quello proposto dalla cultura del consumo. È gente che non rinuncia a pensare neppure quando è in ferie. Forse è questo pensare che disturba, contrapponendosi a una strategia che vorrebbe mandare in dissolvenza i luoghi dove il messaggio cristiano è vita, è volto, è relazione, è allegria. Alla tragedia della pedofilia si è cercato di dare anche una direzione distruttiva, ma l’obiettivo non è stato raggiunto neppure in tempo d’estate. Infatti, non fughe ed esodi come qualcuno prevedeva, ma scelte di restare per cambiare e di cambiare per restare: quasi uno slogan per tradurre l’appello di Benedetto XVI alla conversione e a un rinnovato impegno dei cattolici nella storia. In questo contesto, in questa prospettiva s’inseriscono la riflessione e la proposta dei Vescovi italiani per il prossimo decennio, dedicato all’educare. È ancora una volta la risposta serena e fiduciosa della Chiesa alla domanda di significato che viene da persone, famiglie, comunità che pensano.

AUTORE: Paolo Bustaffa - Direttore del Sir (Servizio informazione religiosa della Cei)