“VI SUPPLICO”

Fa una grande impressione leggere sulla prima pagina de L’Osservatore Romano, il giornale del Vaticano, per solito pacato e sereno, quasi distaccato nel riportare le notizie, titoli stampati a caratteri cubitali in lettere maiuscole con frasi secche e gravi, come un grido, un’esclamazione. L’abbiamo segnalato un’altra volta quando c’era scritta la parola “MAI !”, che suonava ammonimento, minaccia, e voleva richiamare l’attenzione sui disastri provocati dalla violenza e dalla guerra. Ora la notizia strillata è la supplica del Papa, una preghiera accorata rivolta a uomini che sembrano duri e impermeabili ad ogni sentimento di pietà, e persino insensibili al sangue delle vittime e al pianto degli offesi. Saranno toccati questa volta dalla supplica? E’ fatta con il cuore, con sincerità e disinteresse, da un pulpito al di sopra delle parti. Perché non ascoltare questo grido? Giovanni Paolo II vecchio stanco e malato non ha ormai che una voce flebile e gesti propri della preghiera, e non quelli dell’autorità e dell’imperio. La sua voce tuttavia è forte e credibile, non solitaria e peregrina. In essa confluiscono in perfetta armonia le preghiere di un vastissimo popolo che ogni giorno da una capo all’altro della terra ascolta la promessa divina: “vi lascio la pace vi dò la mia pace” e per questo sente come proprio il grido “vi supplico”. E’ rivolto ai rapitori perché rilascino gli italiani nelle loro mani. Uno lo hanno già colpito a morte. Non basta la nobiltà della morte affrontata a viso aperto dalla vittima Fabrizio Quattrocchi, coraggioso e intrepido genovese, a redimere la barbarie dell’esecuzione mortale. Neppure l’orgoglio nazionale. La vita non ha prezzo. Ma vale ricordare che anche il sangue versato entra in quella supplica. E’ la voce del sangue che giunge fino al cielo. Il Dio della Bibbia chiede a Caino: “Dov’è tuo fratello? La voce del sangue che hai sparso sulla terra è giunto fino a me”. Vittime come il nostro eroe italiano e gli altri italiani morti a Nassirija sono divenute tante, in Iraq, come in Israele, Palestina e altrove nel mondo. Sono divenute l’esercito dei caduti nei molteplici fronti di fuoco, nei quali si va consumando il sacrificio cruento di giovani vite umane, militari, civili, uomini e donne, e tanti bambini incolpevoli e ignari di tutto. Le vittime, riconciliate ormai nell’unico destino “supplicano” di porre termine allo spargimento di sangue. Sbaglia chi pensa che uomini uccisi da altri uomini debbano essere vendicati. I morti vanno onorati, ricordati, ascoltati per quello che hanno significato nella vita, nel bene e nel male, e per quello che hanno sofferto. Non si possono imputare loro vendette e rappresaglie che alimentano terrorismo e guerra, oggi come ieri, come sempre nella storia violenta dell’umanità. Gli uomini hanno fatto molti progressi nella loro lunga storia, ma non hanno fatto ancora un passo decisivo per la conoscenza e il dominio del cuore di Caino. E’ sempre lo stesso, direbbe Salvatore Quasimodo, ma in realtà è peggio per la capacità di usare mezzi di distruzione potenti e compiere enormi stragi. La supplica del Papa, che normalmente viene rivolta a Dio, questa volta, insieme a milioni di vivi e di morti, è rivolta agli uomini, ai rapitori dei nostri italiani, ai partiti sciiti e baathisti che spingono per la guerra, ai terroristi palestinesi, ai falchi israeliani, agli strateghi americani, ai venditori di armi, a coloro che speculano in borsa sui profitti della guerra. Insomma, a tutti quelli che hanno orecchi per intendere.