Più che correnti, si vedono gruppi che individuano momentaneamente un rappresentante che li guida con l’obiettivo di ottenere un incarico. Ottenuto quello, però… C’erano una volta le correnti democristiane. Ognuna aveva il suo capo e da lì si definivano le alleanze con altri responsabili di correnti per vincere il congresso. C’erano, come sempre, passaggi di maglia. La situazione del Pd umbro ricorda, per certi versi, la galassia correntizia Dc ma con alcune differenze. Più che correnti, sono gruppi che individuano momentaneamente un rappresentante che li guida con l’obiettivo di ottenere un incarico. Ottenuto quello, si va avanti per mantenerlo dimenticando le belle parole sull’unità del partito e sul nuovo modo di governare. Si potrebbe dire che è un quadro che richiama lo stato generale della politica oggi. Però il Pd umbro ha registrato una sconfitta di rilievo e si sta già muovendo in vista del congresso di ottobre. Più diviso che mai. Al momento della sua costituzione era stata coniata questa definizione: il Pd è un partito plurale. Ora lo è diventato fin troppo. I veleni della campagna elettorale non sono terminati: le cause dell’arretramento in Umbria non diventano spunto di riflessione – nelle Province umbre e nei Comuni più grandi (Perugia, Foligno) la coalizione di centrosinistra ha vinto solo con il 52 per cento dei voti ‘ ma occasione per accusare l’altro di non aver fatto bene il proprio lavoro (nelle istituzioni o nel partito). E il centrosinistra ha fatto registrare, tra l’altro, due storiche sconfitte, a Bastia Umbra (dopo 45 anni) e a Orvieto (da sempre). Dal voto in poi, Catiuscia Marini ha accusato il partito di non averla sostenuta per l’elezione al Parlamento europeo. D’altro canto Maria Pia Bruscolotti, segretario regionale del Pd, eletta sindaco di Massa Martana, non ha manifestato propositi di dimissioni dopo il voto annunciando, anzi, la disponibilità a continuare nel doppio incarico. A Orvieto, il segretario comunale del Pd, l’on. Carlo Emanuele Trappolino, non si è dimesso dall’incarico e ha proposto la costituzione di un comitato per l’unità del partito. Il problema principale del Pd sembra essere costituito dal fatto che non c’è la volontà di mettersi in discussione. Pur di non fare questo, a costo di future sconfitte (le regionali non sono così scontate, a patto che il centrodestra non abbia timore di provare a vincerle), si pratica quotidianamente l’operazione aritmetica meno semplice: la divisione. E già si prospetta lo scontro sull’eventuale terzo mandato per la governatrice Maria Rita Lorenzetti. Quando si tratta, però, di nominare le nuove Giunte, c’è spazio per le solite, immutabili, liti per ottenere la delega più corposa. Al Comune di Perugia, l’Idv ha chiesto, a lungo, invano, la poltrona di vice sindaco, mentre all’ultimo momento sembra che il docente universitario Mario Tosti abbia rinunciato ad una delega (Beni culturali) talmente prosciugata da indurlo a desistere. Alla Provincia di Perugia, la prospettiva di comporre una Giunta più snella (8 assessorati) è durata lo spazio di qualche giorno, di fronte ai famelici appetiti dei partiti e dei suoi rappresentanti: il numero degli assessori è salito a 10.
Verso il congresso più che mai divisi
Politica. La situazione interna del Pd tra le elezioni comunali e le regionali
AUTORE:
Emilio Querini