Vedere il mondo con gli occhi di Lei

Scorgiamo nella Vergine non solo la Madre, ma anche la sorella, e perfino la bambina: uno sguardo tenero e innocente

‘E’ mezzogiorno. Vedo la chiesa aperta. Bisogna entrare. Madre di Gesù Cristo, non vengo a pregare. Vengo solo, o Madre, per guardarti’stare con te, Maria”(P. Claudel) Guardare Maria, semplicemente, per imparare a poco a poco a guardare con i suoi occhi. È forse il modo più semplice e più profondo per capire il posto di Maria nella propria vita, il suo ruolo nella propria fede. Guardare Maria, e, prima, vedere in lei la figura della madre: la Madre col Bambino, o la Vergine pregnante come la nostra Madonna delle Grazie, Madre della Grazia che è Cristo: la più adatta a farci conoscere Cristo, perché l’ha portato in grembo. Sì, prima, guardare la Madre, perché il ruolo di Maria è di condurci a Cristo. Lo dicono in modo luminoso certe icone della Madonna intitolate: ‘Odighitria’, cioè ‘colei che indica la via’. La Madonna vi è raffigurata con il bambino in braccio, mostrando con il dito suo Figlio, come per ricordarci che Lui solo è la via, la verità e la vita.Guardare la Madre e chiederle l’amore. Perché solo l’amore introduce nel mistero della persona per farcela conoscere. È il senso della preghiera del rosario: contemplare la vita di Cristo chiedendo a Maria la penetrazione e la limpidezza del suo sguardo. I Misteri della luce (il battesimo di Gesù, la manifestazione di Gesù alle nozze di Cana, l’annuncio del Regno, la trasfigurazione, l’istituzione dell’eucarestia) inseriti nel rosario tradizionale da Giovanni Paolo II, ci fanno capire quanto la preghiera alla Madonna sia cristocentrica. Difatti, l’unico tra questi cinque misteri in cui appare la figura di Maria è quello di Cana, dove la sua presenza scompare davanti al Figlio ed è tutta in funzione di lui: la sua richiesta (‘Non hanno più vino’) ‘provoca’ il miracolo e la manifestazione di Gesù; la sua raccomandazione (‘Fate tutto quello che Egli vi dirà’) ci fa rivolgere lo sguardo a lui come all’unica salvezza. Poi, guardare Maria come nostra sorella, così vicina a noi anche se ‘alta più che creatura’. Vicina a noi nelle sue domande (‘Come avverrà questo?’, ‘Figlio, perché ci hai fatto così?’), nelle sue paure (‘Tuo padre e io, angosciati, ti abbiamo cercato!’), nelle sue notti’ Guardarla come nostra sorella e chiederle la fede’ e osare tentare di imitarla perché anche lei ‘avanzava nella peregrinazione della fede’. Contemplare, allora, le mani aperte della nostra Madonna delle Grazie: mani che dicono lo stupore davanti alle grandi cose che Dio fa per noi, ma anche l’abbandono fiducioso davanti al mistero; mani che esprimono il suo silenzio fecondo quando davanti all’incomprensibile taceva per illuminare gli avvenimenti della storia alla luce della fede, cercando di discernere, nelle vicissitudini confuse e oscure della vita, il chiarore del disegno di Dio. Infine, guardare a Maria come a questa bambina semplice e pura, invulnerabile e disarmata, e chiederle la Speranza, per diventare anche noi piccoli e semplici, figli insomma, secondo la volontà del Figlio nelle sue ultime parole di affidamento reciproco: ‘ecco tua madre, ecco tuo figlio’. E per questo, più ancora che guardarla, lasciarsi guardare da lei, secondo il consiglio di un vecchio parroco al suo giovane confratello, nel Diario di un curato di campagna di Bernanos: ‘E la Santa Vergine, la preghi la Santa Vergine? – Che domanda! – Lo si dice’ solo, la preghi come si deve, la preghi bene? È nostra madre, siamo intesi. È la madre del genere umano, la nuova Eva. Ma è anche sua figlia’ Nata senza peccato: quale stupefacente solitudine! la Vergine era l’Innocenza. Ti rendi conto di ciò che siamo per lei, noialtri, la razza umana? Oh, naturalmente, ella detesta il peccato, ma, infine, non ha nessuna esperienza di esso, quell’esperienza che non è mancata ai più grandi santi, allo stesso santo d’Assisi, per quanto sia serafico. Lo sguardo della Vergine è il solo sguardo veramente infantile, il solo vero sguardo di bambino che si sia mai levato sulla nostra vergogna e la nostra disgrazia. Sì, per ben pregarla, bisogna sentire su se stessi questo sguardo che non è affatto quello dell’indulgenza ‘ perché l’indulgenza si accompagna sempre a qualche amara esperienza ‘ ma della tenera compassione, della sorpresa dolorosa, di non si sa quale altro sentimento, inconcepibile, inesprimibile, che la fa più giovane del peccato, più giovane della razza da cui è uscita e, benché madre attraverso la grazia, Madre delle grazie, ne fa la più giovane del genere umano’

AUTORE: Suor Marie-Line Amadei