di Daris Giancarlini
Due termini possono essere utili per analizzare la situazione attuale e i possibili sviluppi della politica italiana. A ogni livello.
La prima parola-chiave è differenza. L’ ‘ecosistema politico’ italiano si presenta quanto mai fluido e parcellizzato nella sua consistenza di contenuto, ma abbastanza omogeneo dal punto di vista del linguaggio e della comunicazione.
L’impatto dei social media, così pervasivi e dominanti sul confronto tra le diverse forze in campo, ha imposto una sorta di stile unico – e di livello non eccelso – nei linguaggi della politica. Tutto ciò finisce per attenuare, fino a farle svanire, le (eventuali…) diversità eli contenuto dei messaggi che le forze politiche fanno arrivare ai cittadini-elettori.
Spesso si legge un tweet di un politico, o un suo post su Facebook, e ci si chiede a quale schieramento appartenga. Perché la forma è sostanza, e se la forma diventa quasi uniforme e unica, anche la differenza di sostanza si percepisce a fatica, invece, in una democrazia che si voglia esplicare nelle forme più vitali, le differenze costituiscono una sorta di linfa vitale.
Anche per eliminare quella distanza tra politica e Paese reale che invece sembra si stia allargando ogni giorno di più. Per far evidenziare la differenza, il primo sforzo è quello di cambiare lo stile, il modo di comunicare. Da questo punto di vista, la novità del panorama politico italiano delle ultime settimane sono le autodefinitesi “Sardine”.
Diverse decine di migliaia di persone che vanno nelle piazze italiane senza urlare slogan di odio e disprezzo, a cantare canzoni di impatto ‘politico’ e non, a rileggere articoli della Costituzione e a ridefinire il valore sancito dalla stessa Carta costituzionale italiana dell’antifascismo. ‘Non ho capito cosa propongono’ è la critica che più spesso rivolgono loro esponenti della destra, ma non solo.
E invece la proposta, finché non ci sarà una loro scelta dichiarata rispetto a questo o quel partito o schieramento, è principalmente una proposta di stile: fare politica senza praticare l’insulto. Una proposta non da poco, in un contesto in cui ormai è quasi obbligatorio, in entrambi gli schieramenti in campo, procedere quotidianamente alla contumelia nei confronti dell’avversario di turno. O perfino, del partner di maggioranza.
Il fatto che questa sostanziale differenza di stile, le Sardine la pratichino in piazza, evoca la seconda parola chiave: responsabilità.
Perché portare migliaia di persone in piazza non si può fare a cuor leggero e senza metterci la faccia.
Perché anche convocare gente per contrastare in particolare una forza politica (la Lega di Matteo Salvini) implica un concetto di responsabilità, anche personale, che espone a critiche e riserve di ogni genere.
Si può obiettare che le Sardine e chi le organizza non abbiano niente da perdere, che rischino poco o nulla nel manifestare in piazza. Può essere. Ma questo è il ragionamento tipico di chi, come la maggior parte dei politici di ogni schieramento, tende a valutare – per ogni sua mossa – prima di tutto la rendita o la perdita in termini di consenso.
La fase politica italiana attuale, proprio da questo aspetto sembra essere caratterizzata: dalla ricerca del consenso fine a se stesso, senza assumersi responsabilità. Senza compiere le scelte, prima di tutto economiche, che servono. Senza mettere la faccia (e quindi il proprio gruzzolo di voti) su provvedimenti che sarebbero urgenti e necessari, ma dolorosi per chi è chiamato a perdere privilegi.
Così, se c’è un messaggio che può – e forse deve transitare dalle Sardine alla classe politica italiana, è quello per cui la vera differenza, nell’attuale fase, sta nel praticare la responsabilità.
A qualsiasi costo.