La transizione dalla laurea al mondo del lavoro è oramai un problema sociale. Analisi e studi su questa situazione, in cui ogni anno si ritrovano migliaia di studenti, sono stati da poco pubblicati in un volume curato da due economisti dell’ateneo perugino, entrambi di fama internazionale: Pierluigi Grasselli, docente presso la facoltà di Economia, e Marcello Signorelli, docente presso la facoltà di Scienze politiche. Il volume Transizione Università – Lavoro e occupazione presentato lo scorso 31 marzo, sintetizza, con statistiche e altre analisi raccolte in 15 studi, le difficoltà incontrate dal neo laureato nel trovare lavoro, sia sul panorama nazionale (a livello provinciale), sia a livello europeo. Oltre agli autori e tanti studenti, erano presenti i presidi delle due facoltà: Pierluigi Daddi (Economia), Giorgio Eduardo Montanari (Scienze politiche), i docenti Gianluigi Gorla (Università della Valle D’Aosta), Fabio Raspadori (facoltà di Scienze politiche – Pg), Loris Nadotti (facoltà di Economia – Pg) e il segretario confederale nazionale Cisl Giorgio Santini. Particolarmente apprezzate dagli studenti le parole di Santini, che ha sottolineato quanto sia importante trattare temi come quello del lavoro e dell’istruzione in un’ottica di bene comune. Con queste parole il segretario Santini ha introdotto il suo intervento. Le criticità – spiega il sindacalista – sono tre: la disoccupazione giovanile, legata alla crisi economica e al ricorso continuo agli ammortizzatori sociali, provoca la cristallizzazione delle casse integrazioni e il blocco degli accessi al lavoro; le “transizioni”, in altre parole il tempo medio che passa dalla laurea al primo contratto di lavoro, generalmente intorno ai 16 mesi – precisa Santini – ma in molti casi si va ben oltre; il disallineamento tra l’offerta professionale scolastica e la domanda delle imprese è poi la terza criticità: università e imprese devono parlare e capirsi di più. La “partita” dell’occupazione post-universitaria – spiega il segretario Cisl- si può vincere investendo adeguatamente in istruzionee formazione, come richiede la prospettiva del bene comune. Istruzione e ricerca, ha detto, sono le “sementi” e su queste non si può risparmiare. Si può vincere inoltre usando e consultando con più metodo e attenzione le tante banche dati del settore occupazionale, per monitorare l’offerta e come essa si articoli in Italia e in Europa. Non ultimo, ha concluso Santini, occorre puntare ad una migliore qualità degli stage (tirocini) presso le aziende, disegnando opportuni piani di studio e nuovi percorsi formativi tra scuola e impresa, per una preparazione sempre più efficace ed efficiente. La prospettiva del bene comune è stata richiamata con forza anche dal prof. Gorla perché idonea a ridare centralità agli aspetti valoriali e relazionali che richiamano l’umanità del lavoro.
Università e poi… che impiego?
Pubblicato un volume sull’occupazione dei giovani
AUTORE:
Andrea Coli