Una vittoria davvero frizzante

Rio Fergia. Il Tar dell'Umbria dà ragione alla popolazione, contro la Rocchetta

San Giovanni Battista era amante dell’acqua, tant’è che, con quelle del Giordano, battezzò Gesù e molti altri. Forse non solo per ironia della sorte, poco sopra la frazione di Boschetto (fra Gualdo Tadino e Nocera Umbra) c’è un santuario dedicato proprio a san Giovanni. Il quale, viste le ultime sentenze del Tribunale amministrativo regionale (Tar), evidentemente protegge le acque del Rio Fergia. Ma andiamo con ordine. Il 20 maggio scorso, il Tar dell’Umbria ha emesso tre sentenze sulla questione del Rio Fergia (la 189, 190 e 191). Con i seguenti effetti: ha annullato parzialmente una delibera di indirizzo della Giunta regionale che ‘auspicava’ lo sfruttamento delle acque a fini industriali da parte della Rocchetta spa, ha annullato una determina dirigenziale della Regione dell’Umbria che assegnava la concessione per l’imbottigliamento all’Idrea srl e ha annullato pure il permesso del Comune di Gualdo Tadino per costruire una nuova condotta dal pozzo di Corcia fin dentro lo stabilimento Rocchetta. Il Comitato per la difesa del Rio Fergia e il Forum dell’acqua bene comune sono già in festa solenne. Che continuerà, in giugno, con un’assemblea nazionale sull’acqua, con l’arrivo del vescovo emerito di Assisi, mons. Sergio Goretti a riconsegnare cinque tele del ‘400 e del ‘600 alla chiesa di Boschetto, con la benedizione dell’acqua di San Giovanni la sera del 24 giugno e con le tradizionali danze attorno ai falò. Rio Fergia: come iniziò la ‘guerra dell’acqua’ Da una parte c’è la difesa, strenua – da parte degli 80 abitanti di Boschetto e dei movimenti – dell’acqua idropotabile del Rio Fergia come bene comune e incedibile. Dall’altra la volontà di sfruttarla per imbottigliarla e venderla nel mondo, in 20 differenti Paesi. Così vorrebbe Cogedi, distributrice dei marchi Rocchetta, Brioblu Rocchetta, Elisir di Rocchetta ed Uliveto. Quale fu il casus belli? ‘Una mattina dell’aprile 2004 – ricorda il portavoce del Comitato per il Rio Fergia, Alessandro Petruzzi – vedemmo galleggiare tante bolle sul fiume. Eravamo smarriti. Al punto che, per prevenire danni alla salute delle persone, il sindaco di Nocera Umbra ordinò di non bere più l’acqua del rubinetto. Poi arrivarono i tecnici dell’agenzia regionale per l’Ambiente (Arpa) e i carabinieri. Nel Rio Fergia c’erano dei tensioattivi (sostanze chimiche usate per detergenti, emulsionanti, inchiostri e vernici). L’acqua tornò potabile – continua Petruzzi – ma scoprimmo che la Regione dell’Umbria nel 2003 aveva concesso alla Rocchetta il permesso di ricerca di acque minerali su 290 ettari attorno al monte Penna. Ma il pozzo di Corcia, spinto fino a circa 520 metri di trivellazione, ‘incontrò’ la sorgente carsica del Rio Fergia’. In pratica, come confermò l’Arpa e la facoltà di Geologia applicata dell’università La Sapienza di Roma, le sostanze chimiche lubrificanti utilizzate nella perforazione del pozzo di Corcia erano ‘colate’ dentro la sorgente del Rio Fergia. Dalle prime proteste alla sentenza del Tar dell’UmbriaFu così che gli abitanti di Boschetto videro le ‘bolle’ sul loro fiume. Ed ebbero paura che il Rio Fergia avrebbe potuto fare la stessa fine del vicino Rio Feo di Gualdo Tadino, oggi prosciugato, sfruttato sin dal 1993 dalla Rocchetta. Da allora ‘ fra presidi, blocchi stradali, faccia a faccia con la polizia celere, marce di trattori, padre Alex Zanotelli e il suo slogan ‘Acqua bene comune’, donne sdraiate a terra, preti che alle 3 di notte ‘scampanano’ a più non posso per avvertire dei movimenti ‘segreti’ delle ruspe che vorrebbero iniziare i lavori del nuovo acquedotto fra il pozzo di Corcia e lo stabilimento Rocchetta, esposti, sante messe per strada, manifestazioni nazionali, servizi giornalistici ‘ si giunge alle ultime sentenze del Tar. E alla vittoria degli abitanti di Boschetto.

AUTORE: Paolo Giovannelli