Una pastorale volta a preparare dei testimoni che poi siano “missionari” all’interno dell’Università. E’ questo lo scopo principale che si prefigge l’attività della Pastorale universitaria, ormai da decenni attiva all’interno dell’Ateneo perugino. E questo grazie anche alla presenza di una struttura, la Cappella universitaria, che quotidianamente accoglie studenti che ricercano un punto di riferimento, un luogo di formazione cristiana, una presenza cattolica all’interno dell’ambiente universitario. “E’ una pastorale prevalentemente di tipo liturgico – spiega mons. Elio Bromuri, direttore del nostro settimanale, fin dal 1958 responsabile della Pastorale univesitaria, quando fu restituita al culto la chiesa dell’ex monastero olivetano -; si è da sempre cercato di offrire un servizio liturgico a coloro che nell’Università arrivano avendo già una esperienza di fede che hanno tratto dalle parrocchie o dai gruppi ecclesiali. E venendo soprattutto da fuori Perugia, viene proposto loro un luogo e una comunità di incontro, per non sentirsi dispersi e in ‘diaspora’. Una specie di parrocchia, di casa comune”. L’attività del nuovo anno pastorale è stata inaugurata, quest’anno, ad anno accademico già iniziato, con la presenza di mons. Carlo Ghidelli, legato a don Elio da antica amicizia e collaborazione grazie soprattutto alla comune attività ecumenica sviluppatasi fin dagli anni del Concilio. “Una inaugurazione formale – spiega don Elio – visto che l’attività è continuativa e non subisce le interruzioni tipiche della vita universitaria; ormai la vita universitaria è vissuta dodici mesi su dodici; sia per motivi di esami e di studio, sia perché l’estate aumenta comunque il numero delle presenze degli stranieri all’Università per Stranieri”.Una presenza degli studenti nella città universitaria di Perugia anche molto disordinata, con gente fluttuante, che viene e va, ma comunque continuativa. “La prima cosa di cui hanno bisogno gli universitari – continua don Bromuri – è di essere conservati nella fede di partenza, perché l’Università è per molti una tentazione a cambiare strada, ad abbandonare il paesello e la famiglia; ho avuto molte esperienze di persone che mi hanno detto: pensavo di abbandonare tutto e invece ho visto anche qui gente intelligente, professori universitari, prediche di un certo livello… ma allora la fede non è una cosa da paesello…”.Forse non piace sentir parlare di pastorale di mantenimento, però, in realtà, è quello che si cerca di fare, e bene, nella cappella universitaria. “Fosse già una pastorale di mantenimento, confermare nella fede in un ambiente come l’Università!…”, esclama don Elio. Ma ci sono progetti per raggiungere gli altri studenti? “Il progetto – risponde don Bromuri – è quello di aiutare queste persone a diventare testimoni, missionari, all’interno dell’Università e in nome della Chiesa, non di gruppi ecclesiali o schieramenti. Un popolo formato attorno alla Parola di Dio e all’Eucaristia che diventa evangelizzatore nel mondo universitario. Perciò quando si fa un’iniziativa missionaria o culturale all’interno dell’Università, non sei necessariamente qualificato politicamente o come gruppo ecclesiale… La sfida che abbiamo cercato di realizzare a Perugia, fin dagli anni Sessanta, e che in qualche modo è stata valorizzata da altre realtà, tipo Bologna e Padova è quella di un tipo, uno stile di pastorale universitaria volta a fondare una chiesa che poi è la chiesa dell’Università, o cappella universitaria sostenuta anche economicamente dall’Università. Anche senza chiamarsi parrocchia diventa in realtà una chiesa parrocchiale, la parrocchia dell’Università, dove si fanno battesimi, matrimoni, dove si prepara alla cresima, si fa la catechesi…”. Un’idea di pastorale, aperta sul fronte missionario, culturale e anche dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso. Alla chiesa dell’Università, infatti, sono collegati in qualche modo il Centro ecumenico e universitario San Martino, il Centro di accoglienza di via Bontempi, tutti luoghi di incontro per studenti per una formazione culturale aperta a questi aspetti. Del “popolo” universitario fatto di circa 30.000 studenti, senza contare il corpo docente, coloro che di più vengono “curati” dalla pastorale universitaria sono quelli che vengono da fuori. “Quelli della nostra città hanno già le loro parrocchie – spiega don Elio – e non sentono il richiamo di questa attività. Abbiamo sempre cercato di tenere questa linea, forse sbagliando un po’, per non ‘disturbare’ l’attività delle nostre parrocchie”. Ma la domenica la chiesa è sempre piena, e nel corso della settimana sono diversi i giovani che partecipano all’Eucaristia. Le suore domenicane sono di grande aiuto, in questo momento, mentre in passato c’è stata anche una buona collaborazione tra alcuni preti e religiosi. C’è il coro dei giovani africani, il gruppo liturgico, un “addetto informatico” che passa comunicazioni alla mailing-list in possesso sulle iniziative in programma… Insomma tutta una buona serie di iniziative che forse hanno bisogno solo di maggiore attenzione da parte della comunità ecclesiale diocesana. Una attenzione e collaborazione che potrebbero portare anche ad una attività pastorale policentrica, dice don Elio: “Iniziative nei poli di medicina, di ingegneria e di agraria, oltre che nel centro storico. Ma è chiaro che per fare questo occorre più collaborazione, e anche più persone disponibili ad impegnarsi”.
Una “parrocchia” all’interno dell’Ateneo
Il Vescovo Carlo Ghidelli alla chiesa dell'Università
AUTORE:
Francesca Acito