A venticinque anni dal riconoscimento diocesano dell’associazione “Amici del Malawi”, una delegazione perugina, guidata dal cardinale Gualtiero Bassetti, ha visitato il Paese, soffermandosi in alcune località della diocesi di Zomba, gemellata ormai da anni con Perugia. Della delegazione hanno fatto parte anche la presidente della Regione Umbria Catiuscia Marini, l’assessore al Comune di Perugia Edi Cicchi, il presidente dell’associazione “Amici del Malawi” mons. Saulo Scarabattoli e don Alberto Veschini, parroco di Ponte Felcino.
L’arrivo in Sudafrica
L’arrivo in Malawi è stato preceduto da una visita in Sudafrica alla location di Oukasie a Brits, sconfinata periferia che collega le grandi città di Johannesburg e Pretoria. Una distesa di casupole e baracche, costruite alla rinfusa tra la vegetazione ai lati delle grandi autostrade. Lontano dagli sguardi dei visitatori e dei turisti, milioni di persone sono vissute per decenni in estrema povertà, lontano dalle zone residenziali bianche, ricche e dotate dei più moderni servizi sociali. Un’umanità nascosta e umiliata dalla prepotenza di una minoranza fortemente organizzata ed egoista.
La visita a Oukasie
A Oukasie le consacrate della Comunità di Gesù, fondata a Firenze nel 1970 da mons. Giuliano Agresti e sostenuta dal cardinale Bassetti, hanno eretto una casa di accoglienza e hanno collaborato con i padri Stimmatini in un vasto programma di evangelizzazione e promozione umana. Fin dagli anni Ottanta, in pieno regime apartheid, le giovani missionarie fiorentine hanno voluto testimoniare, con la loro presenza tra i più poveri del Sudafrica, che bianchi e neri possono convivere fraternamente anche sotto lo stesso tetto, che le discriminazioni, specie quelle razziali, sono qualcosa di antitetico alla fede e alla visione cristiana del mondo e che la convivenza tra popoli diversi è realmente possibile. La testimonianza dell’amore fraterno ha sempre suscitato ammirazione e interrogativi profondi e talvolta, purtroppo, anche sospetti da parte della polizia sudafricana, che non ha mancato in più occasioni di perquisire le loro case e arrestare per qualche tempo alcuni stimmatini particolarmente impegnati sul fronte della liberazione dal regime segregazionista. Con la fine dell’apartheid nel 1994, le cose sono radicalmente cambiate. I governi che si sono succeduti hanno varato significativi piani di sviluppo e di integrazione tra città e periferie degradate: un lavoro immenso che ancor oggi aspetta però più convinti investimenti per debellare definitivamente povertà e discriminazione, economica in questo caso.
La visita a Soweto
Il momento più coinvolgente in Sudafrica si è avuto nella vicina township di Soweto con la visita ai luoghi della lotta contro l’apartheid; il cardinale ha celebrato la messa nella storica chiesa di Regina Mundi, teatro nel 1976 di scontri tra studenti di colore e polizia del regime. Ancor oggi, in alcune vetrate si vedono i buchi dei proiettili e la pietra dell’altare spezzata dai poliziotti con il calcio dei fucili.
Chi visita il Sudafrica ricava l’impressione di un Paese ancora alla ricerca di un equilibrio di convivenza tra le diverse componenti della società. A sentirsi emarginati adesso sono i bianchi, molti dei quali licenziati dagli impieghi pubblici per far posto ai cittadini di colore. In tale contesto le chiese cristiane e i missionari svolgono un prezioso servizio di pacificazione, perché, oltre alla normale convivenza, si possa arrivare ad una vera e propria concordia nazionale.
L’arrivo in Malawi
Il Malawi, seconda meta del viaggio, è uno dei paesi più poveri del mondo. Il legame risale alla fine degli anni Ottanta quando si incontrarono il parroco di Ponte Felcino, don Gino Vicarelli, e il sacerdote missionario padre Duccio Stefani. Da quell’amicizia si è sviluppato un rapporto di collaborazione che ha visto prima l’impegno dell’associazione “Amici del Malawi” e poi dell’archidiocesi intera. Nel tempo le opere di carità e di promozione umana si sono moltiplicate, arrivando a due ospedali (notevole il reparto maternità), dispensari sanitari, cinque asili infantili e un politecnico. Dall’incontro della delegazione perugina con il nuovo vescovo di Zomba, mons. George Tambala, è scaturito l’impegno di incentivare la collaborazione, soprattutto per qualificare sempre più le opere avviate. L’assistenza alle donne prima, durante e dopo la maternità è di fondamentale importanza in un Paese dove la popolazione cresce a ritmi vertiginosi e l’indice di natalità è molto alto.
Promiscuità e senso labile dei legami familiari hanno portato però il Malawi ad avere il 10% della popolazione sieropositiva. L’Aids rappresenta oggi una vera e propria piaga per un Paese privo di mezzi e strutture sanitarie adeguate. L’ospedale di Chipini, realizzato vent’anni fa dall’associazione “Amici del Malawi”, è divenuto in parte un centro di assistenza per i bambini sieropositivi, che ricevono aiuto dalle organizzazioni umanitarie occidentali.
È la stratificazione sociale a segnare la vita del Malawi: si passa da zone cittadine altamente tecnologizzate, come Blantyre e Lilongwe, dove il livello di vita può essere anche più che benestante, agli sperduti villaggi della savana, dove ogni tecnologia scompare o diventa inutile, in assenza di energia elettrica e segnali radio, e dove la povertà regna sovrana. È a questi ultimi che è diretto l’aiuto della comunità perugina.
Gli ospedali e gli asili
Gli ospedali e gli asili sono stati costruiti nelle zone più povere, là dove c’era effettivamente bisogno e l’assenza delle strutture statali era quasi totale. Assicurare un minimo di assistenza sanitaria e favorire la crescita e l’educazione dei bambini è stato il tratto essenziale dell’impegno perugino in Malawi. Le decine e decine di volontari che ogni anno si recano a Zomba, facendo base a Casa Perugia, sperimentano tutta l’importanza e l’efficacia della solidarietà umana e ritornano con una gerarchia di valori e priorità assolutamente diversa da quella dei Paesi del mondo ricco.
I giovani
I giovani sono la vera speranza di questo piccolo e bellissimo Paese dell’Africa australe. Nelle celebrazioni liturgiche presiedute dal cardinale Bassetti a Mayaka e a Blantyre sono stati presenti in massa e hanno animato la liturgia con i canti e le danze tradizionali.
Dalla visita si è ben compreso che il salto di qualità attuabile con la cooperazione tra le due diocesi e il volontariato perugino risiede tutto nella capacità, non soltanto di assistere adeguatamente quelle care popolazioni, ma di aiutarle a divenire sempre più capaci di saper provvedere al proprio destino, di prendere in mano la propria storia e trasformare una situazione di estrema precarietà in occasione di riscatto e di crescita personale e comunitaria. Una sfida assai dura, ma non impossibile, che si basa soprattutto sul cambio di mentalità, proprio là dove i legami ancestrali e il senso del tempo non si combinano affatto con le esigenze della modernità. Citando san Giovanni Paolo II, il cardinale Bassetti ha esortato i giovani malawiani a “guardare alla vita come ad un’opportunità di conversione, un’opportunità attraverso cui il Signore parla e chiede il contributo di tutti al benessere della Nazione e del suo popolo in maniera nuova, profonda e duratura”.