Nel 2009 cade il centenario della presenza dei Cappuccini umbri in Amazzonia: tutta la Provincia, prima sotto la guida di p. Ennio Tiacci e ora di p. Antonio Maria Tofanelli, già da tempo si è mobilitata per celebrare la ricorrenza. Ovviamente non poteva mancare una ricostruzione della storia della loro presenza, che è stata affidata a chi scrive. Qui vorrei raccontare brevemente l’esperienza vissuta durante i 15 giorni di presenza in quella missione, nell’Alto SolimÈes (Amazzonia). I ricordi di quelle due settimane trascorse con i frati affollano ancora la mia mente, e spesso mettono in secondo piano i risultati di una ricerca archivistica, che pure si è rivelata ricca di risultati. Chiesa di San Sebastiano di Manaus, sede della vice Provincia, sempre affollata di fedeli; qui, da più di vent’anni, sono presenti Mario e Fulgenzio Monacelli da Grello: frati straordinari che conoscono le sofferenze di quella gente e sanno come guarirle. ‘Itinerante’, il battello di p. Gino Alberati che ci ha trasportato lungo gli immensi corsi dei fiumi. P. Gino conosce quelle vie d’acqua come le sue tasche, avverte ogni pericolo; prima di levare l’ancora, sembra interrogare il fiume e chiedergli la rotta migliore in un paesaggio che le piogge e le correnti mutano continuamente. Ma come non ricordare la gioiosa comunità di Benjamin Constant, sede del noviziato? Oppure l’ardore e la determinazione missionaria del giovane p. Paolo Braghini, classe 1975, insediatosi a Belém do SolimÈes, sperduto villaggio di Indios Tikunas. Per comunicare direttamente con loro, senza la mediazione di interpreti, p. Paolo è lì ad imparare la lingua tikuna, sulle tracce di p. Fedele da Alviano e, soprattutto, di p. Arsenio Sampalmieri, che ha trascorso, prima di rientrare in Italia, ben 15 anni della sua vita tra i Tikunas. La memoria di lui è ancora assai viva tra gli indigeni, che recentemente gli hanno dedicato la piazza antistante la piccola chiesa. Due sono i registi di questa azione ‘missionaria’: mons. Alcimar MagalhÈes, vescovo della diocesi, e p. Paulo Xavier, vice provinciale. Avevo conosciuto mons. Alcimar qui a Perugia, in occasione della celebrazione dei 25 anni di episcopato, e già allora avevo potuto verificare lo straordinario carisma di quest’uomo, certamente uno dei frutti più visibili dei cento anni di presenza dei Cappuccini umbri in quella terra. Siamo stati suoi ospiti per due giorni, in una casa che non ha porte chiuse e che è punto di riferimento per molti. Dopo pranzo, seduti intorno ad un mucchio di fagioli e intenti a sbucciarli per esporli al rovente sole dell’Equatore, mons. Alcimar ci parlava dei problemi della sua terra, della foresta, della gioventù sempre più violenta e smarrita. La questione sociale è stata e resta per lui un tema imprescindibile e dentro ad essa l’opzione preferenziale per i poveri, come scelta implicita nella fede in quel Dio che si è fatto povero per noi. Da ultimo, ma certamente non per valore e intelligenza, devo ricordare p. Paulo, il vice provinciale; figlio di quella terra (è nato ad AmaturÈ), ci ha sempre accompagnato, svelandoci gli aspetti più segreti e sconosciuti dell’Amazzonia. Frei Paulo è un uomo di cultura, cerca contatti con le istituzioni, con l’Università, il suo obiettivo è quello di inserire i problemi dell’Amazzonia in un contesto internazionale. Un convegno organizzato nei giorni 30 e 31 ottobre, presso il campus universitario di Manaus, ha tracciato non solo un bilancio storico dei cento anni di presenza dei Cappuccini in Amazzonia, ma ha anche posto le basi per ripensare il servizio missionario. ‘Uma parceria pela Vida’ (Per una vita più solidale) è stato lo slogan dell’incontro che si è concluso con la firma di un protocollo d’intesa tra vice Provincia, rappresentanti dei Municipi, Governo dello Stato, Università, sulle modalità di affrontare temi scottanti quali l’esclusione sociale, il degrado ambientale, la criminalità, la povertà. È stato un dibattito partecipato, mai degenerato in litigio (mi sono chiesto cosa sarebbe successo in Italia…); sensibilità e culture politiche anche assai diverse si sono confrontate con franchezza e talvolta con asprezza, ma alla fine, democraticamente, si è giunti ad un accordo che ha privilegiato non le appartenenze e le ideologie ma l’interesse comune. È stato un successo per i Cappuccini, veri promotori e animatori del convegno; per p. Paulo, che tale iniziativa ha fortemente voluto, nel segno della continuità e della storia, ma guardando avanti, al futuro, alle nuove prospettive di missione.