Al Centro “Mater Gratiae” di Perugia si è svolto il 3’Convegno diocesano delle Caritas parrocchiali “Dentro le sfide del tempo presente. La formazione delle Caritas parrocchiali all’inizio del nuovo decennio”, che ha visto impegnati per l’intera giornata i responsabili e gli operatori parrocchiali, molti dei quali laici, delle 122 parrocchie della diocesi in cui è attiva la Caritas. I lavori sono stati aperti da mons. Giacomo Rossi, direttore della Caritas diocesana, e da don Paolo Cherubini, delegato della promozione e formazione Caritas parrocchiali.Dopo la preghiera iniziale è intervenuto don Vittorio Nozza della Caritas italiana, responsabile nazionale dell’Area promozione Caritas diocesane e formazione, che ha tenuto una relazione introduttiva ai quattro gruppi di lavoro: 1′ “una parrocchia che conosce i poveri”; 2′ “una parrocchia che educa alla testimonianza comunitaria della carità”; 3′ “una parrocchia che solidarizza con i poveri”; 4′ “una parrocchia che collabora con le istituzioni”.”Non tutto ciò che è detto Caritas parrocchiale e/o Gruppo Caritas o che è stato avviato come Caritas parrocchiale – ha sottolineato don Vittorio – risulta essere automaticamente Caritas parrocchiale: il più delle volte è un ‘buon gruppo caritativo’ impegnato a dare risposte a bisogni scoperti; e in alcune situazioni a fare da ‘doppione’ di altri gruppi caritativi già presenti in parrocchia”. “Là dove la Caritas parrocchiale risulta essere organizzata e impegnata a erogare servizi – ha continuato – si coglie che la stessa è espressione di un’idea, di un’organizzazione e di un’esperienza di parrocchia erogatrice di servizi di tipo catechistico, liturgico e caritativo. In diverse situazioni permane la ‘conflittualità’, la non comunione, la non collaborazione tra Caritas parrocchiale e le associazioni, i movimenti, i gruppi e le realtà caritative”. Poi ha parlato della “funzione prevalentemente pedagogica” della Caritas parrocchiale che risulta essere “molto debole”, quindi “non visibile sia negli obiettivi (carità di popolo più che carità di qualcuno), sia nella collocazione (nel Consiglio pastorale parrocchiale), sia nelle modalità di lavoro (agire coinvolgendo, animando, facendo fare più che facendo)”. Terminati i gruppi di lavoro, è intervenuto l’arcivescovo mons. Giuseppe Chiaretti, che, nel ringraziare le Caritas parrocchiali per la “preziosa attività svolta nell’essere tessuto vivo ed operoso a livello diocesano e regionale”, ha parlato della ristrutturazione della Curia perugino-pievese del 2001, quindi della stessa Caritas diocesana. Nell’elaborare la nuova organizzazione della Caritas, mons. Chiaretti ha tenuto presente le indicazioni della Caritas italiana ed ha presentato ai convegnisti le due novità di rilievo: “la Caritas diocesana ritorna ad essere l’organismo preposto ad educare alla carità”; “il momento operativo della Caritas sarà svolto dalla Fondazione ‘Agàpe’, che si occuperà della gestione materiale delle opere-segno”. Il ruolo di quest’organo è stato spiegato da Vincenzo Cappannini, tesoriere della Caritas italiana. “La Fondazione si doterà di un suo patrimonio – ha detto – e di un duplice livello di gestione-controllo (previsti dallo statuto). Obiettivo della stessa è quello della piena operatività a livello normativo, ma sempre riconducibile all’autorità dell’arcivescovo”. Nel suo documento, mons. Chiaretti sottolinea che “la crescita della dimensione caritativa nell’intera Chiesa particolare, in attuazione del precetto evangelico dell’amore al prossimo “come ci ha amato Gesù”, deve essere favorita dalla Caritas”. Essa “opera a preferenza sul piano educativo – ha precisato -, attraverso ‘laboratori di carità’, e cioè elabora progetti e programmi, organizza convegni e corsi formativi per ‘operai del Vangelo della carità’ (gli operatori Caritas), volontari e obiettori di coscienza; inoltre, favorisce la nascita e il coordinamento della Caritas in ogni parrocchia o unità pastorale, coordina i servizi assistenziali presenti in diocesi collegandosi anche con i servizi del territorio, promuove la corretta informazione nella Chiesa e nell’opinione pubblica, interviene nelle emergenze nominando un delegato per il coordinamento delle iniziative e favorisce la ‘colletta’, cioè la raccolta dei fondi necessari per l’attività caritativa”. Altro elemento di novità è il “centro di ricerca e studi”, il cui ruolo è quello di “svolgere con più cognizione di causa – ha detto – il suo servizio e identificare vecchie e nuove povertà”. Anche altre iniziative sono state illustrate ai convegnisti e che da tempo vedono impegnati alcuni responsabili e operatori Caritas diocesani e parrocchiali: interventi, ad opera di un gruppo aperto che lavora con massima discrezione, per far cessare lo sfruttamento sessuale delle donne; azioni concrete a favore dell’integrazione degli immigrati nel tessuto cittadino, in cui le parrocchie sono chiamate a svolgere un ruolo di contatto ed aggregante.
Un organismo predisposto per educare la gente alla carità
III convegno diocesano delle Caritas parrocchiali. Le novità per la Caritas diocesana
AUTORE:
Riccardo Liguori