Un laicato maturo, competente, deciso

Il Convegno di Verona nella sintesi di mons. Fontana, delegato delle diocesi umbre

Duecentoventisei Chiese a Convegno, da ogni parte d’Italia: vescovi, preti, religiosi e religiose, ma soprattutto laici. Un’esperienza significativa: presso la Fiera di Verona abbiamo scoperto un laicato maturo, competente, deciso a esprimere il proprio ruolo nella Chiesa. Questo pare un oggettivo segno di speranza. È stata una prima verifica del cammino pastorale compiuto in Italia, a partire dal Grande Giubileo del 2000. Il lavoro di preparazione, di oltre un anno, ha visto un coinvolgimento ampio e capillare delle Chiese diocesane. È stata una operosa adesione in risposta all’esigenza di interrogarsi sul tempo presente, caratterizzato ‘dal rischio e dall’incertezza’, nel quale massificazione ed individualismo vanno di pari passo. La stessa domanda di senso è indebolita nel frastuono delle ‘non-risposte’ della cultura prevalente. I cristiani sono chiamati a riconoscere i segni dell’opera dello Spirito. La stessa scelta del tema: ‘Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo’, esprime l’obiettivo di chiamare i credenti a testimoniare, con uno stile credibile di vita, Cristo Risorto come la novità capace di rispondere alle attese e alle speranze più profonde degli uomini d’oggi. Rileggendo la Prima lettera di Pietro, come le antiche comunità dell’Asia Minore, ci siamo resi conto che anche noi dobbiamo affrontare molti ostacoli, primo fra tutti la difficoltà ad andare controcorrente: una sorta di pegno da pagare, per aprire strade nuove alla speranza e alla salvezza. Tutta la settimana è stata segnata dalla presenza dei Santi: i patroni delle diocesi italiane, ma anche gli appassionati testimoni di vita cristiana nel nostro Novecento, cari alla memoria di chi li ha conosciuti. Una gigantografia di Vittorio Trancanelli, sorridente, accoglieva il Papa, a nome dell’Umbria, sulla soglia del Convegno. Un secondo percorso di riflessione ha riguardato: l’affettività; il lavoro e la festa, come capacità di vivere il tempo; la fragilità dell’esistenza umana; la tradizione, come trasmissione dei valori culturali e di fede; la cittadinanza, nel senso di appartenenza civile e sociale. La vita affettiva, come valore da custodire, ha favorito la riflessione sulle relazioni, dando importanza al dialogo e all’amicizia; ma anche all’esigenza di rinnovare i linguaggi dell’annuncio e i percorsi di educazione all’amore e all’affettività. Il legame fra il lavoro e la festa è servito per rinnovare l’impegno a ridare ritmi umani alla vita e farci recuperare la concezione cristiana del tempo. L’urgenza di dar spazio all’etica sociale è stata individuata come efficace aiuto, per formare coscienze adulte che si spendano per la dignità dell’uomo e per il bene comune. Sono state considerate, alla luce del paradosso di Dio che si è fatto uomo, tutte le età della vita attraverso le esperienze fondamentali: l’amore e la solitudine, la libertà e la responsabilità, il bisogno di comunicare e gli ostacoli all’espressione di sé, la forza e la debolezza del corpo e della mente, il far parte di un’ampia comunità e i rischi dell’esclusione e dell’ingiustizia sociale. L’evento della resurrezione, che costituisce e determina la Chiesa, richiede formazione, perché i cattolici sappiano mostrare, in forme visibili di vita, la salvezza cristiana, facendola percepire come credibile. Questi valori si è convenuto che debbano essere tramandati. Nell’ambito della cittadinanza si è ribadito che essere ‘pellegrini’ o ‘stranieri’ nel mondo non equivale ad essere estranei ad esso. Molto spazio è stato dato al confronto, nello sforzo di valorizzare i carismi e le competenze di tutto il popolo di Dio, accogliendo soprattutto il contributo dei fedeli laici. Questo stile di comunione, segno di una maturità ecclesiale e l’approccio antropologico nell’affrontare i temi, sono parsi elementi fecondi. Un’assemblea vibrante e quanto mai attenta ha accolto Papa Benedetto XVI. Anche il successore di Pietro ha ‘accolto’ le Chiese d’Italia, con una mirabile sintesi attorno al tema dell’identità cristiana. Due pilastri ci paiono, nel discorso del Pontefice, l’estrema sintesi del suo pensiero. Il Papa ha invocato come modello ‘la forte unità che si è realizzata nella Chiesa dei primi secoli tra una fede amica dell’intelligenza e una prassi di vita caratterizzata dall’amore reciproco e dall’attenzione premurosa ai poveri e ai sofferenti’. Il Papa ha aggiunto: ‘Questa rimane la strada maestra per l’evangelizzazione’. Raccogliendo dal titolo del Convegno il tema della testimonianza, il Santo Padre ha aggiunto: ‘Gesù ci ha detto che tutto ciò che avremo fatto ai suoi fratelli più piccoli lo avremo fatto a Lui (cfr Mt 25, 40). L’autenticità della nostra adesione a Cristo si verifica dunque specialmente nell’amore e nella sollecitudine concreta per i più deboli e i più poveri, per chi si trova in maggior pericolo e in più grave difficoltà’ La carità della Chiesa rende visibile l’amore di Dio nel mondo’. Non cessa di stupire come questo Papa, dall’attitudine intellettuale, non perda occasione per riaffermare il primato della carità. Con oltre 50 rappresentanti le otto Chiese sorelle dell’Umbria erano a Verona a portare la sensibilità della nostra gente e a raccogliere ciò che lo Spirito dice alle Chiese. Come api operose tocca ora elaborare il dolcissimo contributo raccolto sulle rive dell’Adige e produrre, all’interno delle nostre realtà ecclesiali, i segni dell’unità e della comunione, nella ricerca del vero Dio e nella pratica dell’amore vicendevole, che ci fa riconoscere amici di Cristo.

AUTORE: + Riccardo Fontana