Non è una festa rituale, quella che Terni dedica al patrono san Valentino: piuttosto, è divenuta, specie in questi ultimi anni, un’opportunità per riflettere sul rapporto tra la Chiesa e la città, sullo sviluppo di una diversa convivenza sociale, di una cultura della solidarietà e della dedizione al bene comune, di un rinnovamento che sospinga fuori dall’immobilità in cui sembra sopravvivere la comunità ternana. Un rinnovamento che il vescovo Vincenzo Paglia riconosce come urgente per il futuro di Terni e che, nella festa di san Valentino, ha ribadito con incisività nella solenne celebrazione alla presenza delle autorità cittadine e di centinaia di fedeli. Problemi irrisolti, più o meno radicati nel tessuto sociale cittadino, sono stati presi in esame dal Vescovo, criticità sociali che la crisi attuale non contribuisce certo a risolvere. Il “bene comune” risulta però dall’azione convergente di tutte le sfere sociali della città: la politica, la cultura, l’economia, la religione. E di tutte le sue organizzazioni: la scuola, l’università, l’impresa, le organizzazioni ecclesiali, l’amministrazione locale, e così via. Tutte queste realtà sono “competenti” in materia di bene comune, che è quindi plurale perché perseguito in prima persona da molti e realizzato attraverso una sana competizione tra tutte le sfere sociali. La preoccupazione per il futuro della città è stato uno dei temi più volte riproposti dal vescovo nella sua omelia: “Oggi, e lo dico pensoso, stiamo rischiando una condizione di ripiegamento – ha detto -. È come se la città rinunciasse ai propositi di cambiamento e di trasformazione, rassegnandosi alle politiche e ai comportamenti di sempre. La città sembra non volere crescere più, e stiamo rischiando di perdere il futuro”. Parole che sono risuonate come un monito per gli amministratori troppo ancorati al passato, ma che al contempo rivelano una ben più articolata rappresentazione della situazione di crisi diffusa e generalizzata che su Terni ha avuto pesanti ricadute non solo a livello economico ed occupazionale. “Tuttavia – ha aggiunto – dobbiamo essere consapevoli che non mancano le energie locali che consentono alla città di ripensarsi, di reinventarsi”. Tra le questioni più urgenti da affrontare quella universitaria, per la quale “non sono più sufficienti atteggiamenti di sola rivendicazione e che richiede una svolta profonda. E ancora la questione industriale, che mostra al tempo stesso segnali incoraggianti e forti ritardi nei comportamenti dei soggetti locali; la questione dei servizi, da quelli pubblici locali all’azienda ospedaliera della città che richiede ora un attento approfondimento e che ripropone una delle facce della ‘questione Terni’ dentro il contesto regionale. C’è bisogno di risposte convincenti”. Il Vescovo ha parlato anche di cultura, di apertura della città a livello nazionale e di quel nuovo umanesimo che nasce dal Vangelo. “Penso alle potenzialità dei rapporti tra l’area ternana e i territori dell’Italia centrale – ha aggiunto mons. Paglia -. Potenzialità viste solo in un’ottica umbra, troppo ristretta e che andrebbero sfruttate, ben oltre l’idea di Terni come città cerniera, riflettendo sui suoi possibili nuovi ruoli territoriali. Abbiamo spesso assistito al riemergere di una mentalità chiusa, al fallimento di progetti fragili e gestiti in una logica di compromesso” ha concluso il Vescovo, che si è detto convinto della “necessità di abbandonare ogni ripiegamento e fare in modo che le giovani generazioni vedano Terni come la città del loro futuro”. Esprimendo la propria vicinanza ai lavoratori della Basell, il Vescovo ha infine annunciato che Benedetto XVI ha concesso un’udienza speciale il 26 marzo solo per la diocesi di Terni in occasione del trentennale dalla visita di Giovanni Paolo II alle acciaierie Ast. “Ancora una volta il Papa, parlando a noi di Terni, potrà offrire – ha concluso il Vescovo – una riflessione sul lavoro perché sia sicuro, degno e stabile”.