Un cardinale a Barbiana

I giornali hanno dato grande risalto alla visita di Veltroni a Barbiana in ricordo di don Lorenzo Milani nel 40’anniversario della morte. Con Veltroni c’era anche Franceschini e altri, che hanno nutrito fin da giovani un sentimento di simpatia per questo prete scomodo per la Chiesa e per i bempensanti del tempo. La sua storia è conosciuta ed ha avuto un’ampia risonanza. I suoi scritti, da Esperienze pastorali a Lettera a una professoressa, alla Lettera ai giudici a difesa del diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare, con le sue famose proposizioni divenute degli aforismi e principi di forte impronta evocativa, hanno creato una cultura aperta al nuovo, con una carica di entusiasmo e di rinnovamento che ha trovato fermi oppositori da una parte, ma anche entusiasti ammiratori e seguaci. Per un giovane era difficile sottrarsi al fascino di una personalità ‘nuova’, inedita, fresca e aperta ad orizzonti inesplorati. Di lui ha fatto grande uso la sinistra in chiave anticlericale, per il fatto che la Chiesa, un prete del genere, lo aveva relegato in mezzo ai monti e isolato dal mondo. Ora il card. Ennio Antonelli, arcivescovo di Firenze, si è recato a Barbiana, ha celebrato la messa, ha fatto un’omelia che suona come un panegirico, mettendo in evidenza soprattutto gli aspetti più ecclesiali e di fede vissuti dal prete don Lorenzo: ‘Si confessava spessissimo, ed era sempre disponibile a confessare gli altri’. Aveva un attaccamento particolare ai sacramenti. Citando una sua lettera, Antonelli scrive: ‘Avere il perdono e poterlo dare, basterebbe questo per desiderare di essere prete’. Giunge a dire: ‘Delle mie idee non mi importa nulla: io nella Chiesa ci sto per i sacramenti, non per le idee’. ‘Così – ha sottolineato l’arcivescovo – il prete che aveva lanciato lo slogan secondo cui l’obbedienza non è più una virtù, nei confronti della Chiesa era obbedientissimo. Desiderava il dialogo, suscitava dibattiti e conflitti; ma alla fine era sempre pronto all’obbedienza’. Antonelli poi ricorda il suo impegno a Calenzano, dove fa esperienze deludenti di una comunità cristiana in cui i fedeli non si distinguono dai non credenti e i democristiani dai comunisti. Anche nell’impegno per la scuola Antonelli sottolinea che nasceva dal desiderio di ‘preparare il terreno, attraverso la promozione umana, alla diffusione del Vangelo’. ‘Il prete – diceva – deve prima di tutto abbattere il muro dell’ignoranza che impedisce ogni comunicazione’. Ma è fuori di dubbio che la sua battaglia culturale e sociale derivava dall’essere prete, non è legata all’ideologia. Il comunismo, secondo don Milani, non vale nulla, ‘è una dottrina senza amore’. Di fronte a don Milani i preti oggi non hanno più motivo di essere divisi e possono sentirsi riconciliati con lui e con la Chiesa, consapevoli inoltre che in tutti questi anni le loro esperienze pastorali non si sono esaurite tra i monti del Mugello. Preti di montagna, di campagna, di collina e anche di città dalle periferie impervie e pericolose si sono consumati come uomini di frontiera e di cerniera, di battaglia e di dialogo, sempre per un grande amore e con la passione che in don Lorenzo si è manifestata in maniera eclatante ed esemplare.’ono i don Milani anonimi di cui varrebbe pure la pena di ricordarsi qualche volta.

AUTORE: Elio Bromuri