Sarebbe proprio finita Terni come città, se perdesse la qualifica di capoluogo di provincia? Intanto, non è detto che siamo all’ultima parola: il decreto legge che la abolisce e prevede l’accorpamento alla Provincia di Perugia è appunto un decreto e diventerà legge, se approvata senza modifiche dal Parlamento, entro sessanta giorni. Contro il decreto legge sono state sollevate eccezioni di incostituzionalità e, solo se rigettate, la decisione sarebbe definitiva. Ma anche allora ci potrebbe essere un’altra soluzione, quella di trasferire da Perugia a Terni il capoluogo… poco probabile, però.
Ma non è questo il punto. Sono e resto contrario alla soppressione della Provincia di Terni insieme ad altre Province così come è stata operata dal Governo nazionale. Non si fanno modifiche al limite della costituzionalità, che intaccano punti nodali della architettura amministrativo-politica dello Stato per motivi puramente economici. Un disegno di riforma serio e credibile dovrebbe sottostare a criteri ben più ampi ed in una visione armonica generale della nazione, che nella specie non si intravedono.
Detto ciò, anche se questa fosse la soluzione finale, Terni non deve e non può “morire” come città; esistono città fiorenti ed in crescita che non sono capoluoghi di provincia. D’altra parte Terni non è diventata “città” perché elevata al rango di capoluogo di provincia, ma è diventata “provincia” proprio perché era già “città” con lo sviluppo economico dell’industria e del commercio. Su ciò bisognerà continuare a puntare con più decisione; non è la presenza o meno di uffici amministrativi e di apparati decentrati dello Stato che la fa “grande” o “piccola”.
Di fronte ad un cambiamento che non approviamo e contro il quale continueremo ad operare, Terni si attrezzi rapidamente a ripensarsi come comunità solidale, armonica in ogni sua articolazione, virtuosa in ogni sua manifestazione, ricca di idee e di intraprese, studiosa ed operosa come lo è sempre stata. Una città, per essere tale e prosperare in ogni senso, deve accoppiare ad una robustezza economica una qualità spirituale alta, intendendo per “spiritualità” cultura ed arte, rispetto per l’ambiente e le persone, dialogo con l’apporto di tutti. La comunità cattolica, per quanto di sua competenza, non intende sottrarsi a questo oneroso impegno comune, sollecitando il concorso delle altre Chiese.