“Con la confessione di Pietro, sulla strada che conduce a Cesarea di Filippo – scrive Radermakers – raggiungiamo un vertice del Vangelo di Marco“: è “il centro del Vangelo”.
Diceva Giovanni Paolo II all’inizio del suo pontificato: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente. Queste parole ha pronunciato Simone figlio di Giona, nella regione di Cesarea di Filippo. Sì, le ha espresse con la propria lingua, con una profonda, vissuta, sentita convinzione, ma esse non trovano in lui la loro fonte, la loro sorgente: ‘… perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli’ (Mt 16,17). Queste erano parole di fede. Esse segnano l’inizio della missione di Pietro nella storia della salvezza, nella storia del popolo di Dio. Da allora, da tale confessione di fede, la storia sacra della salvezza e del popolo di Dio doveva acquisire una nuova dimensione: esprimersi nella storica dimensione della Chiesa. Questa dimensione ecclesiale della storia del popolo di Dio trae le sue origini, nasce infatti da queste parole di fede e si allaccia all’uomo che le ha pronunciate: ‘Tu sei Pietro – roccia, pietra – e su di te, come su una pietra, io costruirò la mia Chiesa’. Quest’oggi e in questo luogo bisogna che di nuovo siano pronunciate ed ascoltate le stesse parole: ‘Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente’. Sì, fratelli e figli, prima di tutto queste parole. […] Voi tutti che già avete la inestimabile ventura di credere, voi tutti che ancora cercate Dio, e pure voi tormentati dal dubbio: vogliate accogliere ancora una volta – oggi e in questo sacro luogo – le parole pronunciate da Simon Pietro. In quelle parole è la fede della Chiesa. In quelle stesse parole è la nuova verità, anzi, l’ultima e definitiva verità sull’uomo: il Figlio del Dio vivente. ‘Tu sei il Cristo, Figlio del Dio vivente’!” (Discorso del 22.10.1978).
La confessione di Pietro si apre, quasi improvvisamente, a un altro quadro, tratteggiato da Marco con brevi ma dense parole: si tratta dell’annuncio della passione, che qui tratteremo soltanto a proposito di due problemi di traduzione, lasciando altro spazio al tema nel commento al Vangelo della settimana prossima.Gesù parlava della sua passione con parresèa (v. 32), cioè non solo “apertamente”, ma “con franchezza”, con lo stesso atteggiamento, cioè, che accompagnerà poi la Chiesa primitiva. Da qui si evince che l’annuncio della passione, morte e risurrezione non è cosa che riguardi solo il Figlio dell’uomo: è invece il primo annuncio della Chiesa. Come scrive Gnilka: “I discepoli, che un giorno dovranno diffondere il vangelo, devono scorgere in Gesù la sorgente della parola che bisogna portare agli altri”.
Pietro non è invitato ad allontanarsi da Gesù, come il “lungi da me”, v. 33, lascerebbe intendere, ma ad andare dietro (in greco: opèso) di lui, perché Pietro con il suo rifiuto ha abbandonato “il suo posto di discepolo che deve camminare dietro Gesù” (Traduction Oecuménique de la Bible). Così, infatti, si traduce nella nuova edizione Cei (1997) del NT: “Va’ dietro a me, satana!”. Anche se Pietro è chiamato con lo stesso nome di colui che vuole dividere il Figlio dal progetto del Padre (satana), è pur vero che il primo degli apostoli non viene allontanato perché se ne vada, anzi: “l’ordine dietro di me vuole richiamare il discepolo alla sequela e, quindi, a porsi sulla strada che Gesù già batte” (Gnilka).
D’altronde, sarà esattamente quanto verrà richiesto non solo a Pietro, ma, come si legge nel versetto seguente, anche a tutti coloro che vogliono andare dietro (opèso) Gesù. A questo punto è inevitabile l’aggancio con la profezia presente nel terzo carme del “Servo sofferente” di Isaia, figura che la tradizione neotestamentaria ha identificato con il Messia disponibile alla volontà di Dio e provato dagli uomini. La profezia, per noi cristiani, si realizza davvero in una persona storica, Gesù di Nazareth, che con la sua morte e risurrezione mostra di essere il Servo sofferente ma vincitore sulla croce.
L’ultima parte del nostro brano evangelico è l’applicazione per i discepoli di quanto detto finora: per seguire Gesù si deve professare prima la fede nella sua Persona; si deve poi accogliere la sua sorte: solo così si potrà vivere da salvati. Così preghiamo con la colletta, chiedendo che “lo Spirito santo ci aiuti a credere, e a confessare con le opere che Gesù è il Cristo, per vivere secondo la sua parola e il suo esempio, certi di salvare la nostra vita solo quando avremo il coraggio di perderla”.