Troppo poche risorse contro gli strozzini

Calano i contributi dello Stato alla Fondazione Umbria contro l’usura. Centinaia le richieste di aiuto, anche da famiglie che si devono indebitare per tirare avanti

usura-cmykCon la disoccupazione e la crisi economica nelle famiglie entrano meno soldi ma le spese (bollette varie, rate del mutuo, tasse) non sono diminuite, anzi… Così i risparmi se ne vanno e basta un imprevisto (la lavatrice o l’auto che si rompe, una malattia, l’impossibilità di restituire un prestito ricevuto quando le cose andavano bene) per precipitare nell’abisso. Per i piccoli imprenditori poi basta un lavoro non pagato o un macchinario che si rompe per vedere sfumare il progetto di una vita. Le banche non fanno credito senza solide garanzie e i prestiti “facili” delle varie finanziarie hanno tassi e condizioni da usura.
E così anche in Umbria sono sempre di più i disperati che finiscono per rivolgersi agli usurai veri, i quali si presentano nelle vesti di “falsi amici” in grado di salvare la situazione. Statistiche ufficiali non ce ne sono perchè l’usura – ha detto l’ex magistrato Alberto Bellocchi – è un reato strisciante e il fatto che raramente venga denunciato dipende da una sorta di Sindrome di Stoccolma che lega la vittima al suo persecutore. “Ad un piccolo imprenditore che naviga in cattive acque nessuna banca presta soldi e quando trova qualcuno che lo fa, questi per lui diventa un benefattore”.
Bellocchi dal 2008 è presidente della Fondazione Umbria contro l’usura, la cui assemblea annuale si è svolta la scorsa settimana a Palazzo Donini. “Basta una ventata – ha detto – e ti ritrovi nel dramma. Dal nostro osservatorio – ha spiegato – abbiamo rilevato come la crisi economica e di lavoro ha creato danni tali per cui per molte famiglie, per molti artigiani, per molti commercianti e per molte piccole imprese, avendo esaurito ogni loro riserva, si è creata una situazione tale per cui è quasi impossibile ipotizzare un aiuto che sia risolutivo”.
Fino a qualche anno fa – ha continuato – l’usura era un fenomeno circoscritto a situazioni di imprenditori che avevano rischiato troppo e di persone che avevano male amministrato il loro bilancio familiare. Adesso invece le vittime sono sempre di più famiglie normali, anche con più di uno stipendio, che non riscono più a fare fronte alle necessarie spese quotidiane. “Sono centinaia le telefonate – ha riferito l’ex magistrato – che pervengono al nostro ufficio. Quasi sempre l’ interlocutore descrive una realtà di violenta crisi economica, spesso purtroppo non disgiunta da problemi familiari e personali assolutamente drammatici”.
La Fondazione Umbria contro l’usura è stata costituita nel 1996 proprio per soccorrere e prestare assistenza, anche legale, alle vittime dell’usura. Si tratta di una onlus finanziata da Stato, Regione, alcuni Comuni umbri, dalla Conferenza episcopale umbra e da sindacati e associazioni di categoria degli imprenditori.
In 20 anni ha prestato fideiussioni e altri servizi di tutela e garanzia a vittime e potenziali vittime dell’usura per circa 20 milioni di euro, con una media dunque di un milione di euro all’anno. Con il perdurare della crisi economica – come detto – aumentano i rischi di finire nella rete della usura, spesso infiltrata e gestita dalla criminalità organizzata. Ci sarebbe dunque più bisogno di aiuti ma la Fondazione si trova invece con meno soldi, tanto che nel 2015 ha potuto prestare fideiussioni per poco più di 500.000 euro ad una trentina di soggetti. Una somma che è dunque la metà della media erogata negli anni precedenti perchè lo Stato e la Regione, che sono i maggiori finanziatori della onlus – ha detto Bellocchi – hanno diminuito i contributi annuali e quelli di molti altri soci, “pur modesti, arrivano con grande ritardo”.
II Ministero delle finanze ha tagliato di un terzo i suoi contributi e i 200 milioni per il 2015 della Regione, il secondo maggior finanziatore della fondazione, devono ancora arrivare anche se da Palazzo Donini è giunta l’assicurazione che questo avverrà prossimamente.
La Fondazione poi negli anni scorsi ha dovuto affrontare un’altra disavventura, quella della cosiddetta “ragioniera infedele” Claudia Pasqua, che è stata condannata in via definitiva a 3 anni di carcere per reati connessi alla sua gestione dei fondi della onlus. Dovrà inoltre risarcire alla fondazione stessa più di un milione di euro. Adesso cominceranno le procedure esecutive per il recupero di questa somma ma i tempi saranno inevitabilmente lunghi per cui la Fondazione, per contenere le spese, ha ridotto il tetto delle sue fideiussioni e ha anche cambiato la sua sede.

AUTORE: Enzo Ferrini