Dal maggio scorso, la Regione Umbria ha lanciato una campagna di informazione sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, rivolta agli immigrati che operano nei molti cantieri edili del territorio. Un’iniziativa lodevole, realizzata in collaborazione con l’Inail Umbria e l’Ambito territoriale 9 (Spoleto, Campello sul Clitunno, Castel Ritaldi, Giano dell’Umbria), che mira a sensibilizzare i lavoratori stranieri mandando loro questo messaggio: state più attenti, usate il casco e tutte le protezioni previste per legge, non lavorate ‘in nero’ perché non siete tutelati. Però, al di là della campagna di informazione, si potrebbe fare di più in tema sicurezza del lavoro. Molto di più, anche perché far arrivare il messaggio e il materiale informativo agli immigrati nei cantieri – dove anche i sindacati a volte hanno difficoltà ad entrare – è un’operazione un po’ complicata. ‘Ad esempio, sarebbe bene coinvolgere maggiormente chi nei cantieri ci va direttamente, ad operare tutti i giorni, come noi’, afferma la presidente dell’Ordine degli architetti, Maria Carmela Frate. Ancora più esplicito il suo collega Paolo Esposito, delegato dallo stesso Ordine ed esperto in materia di sicurezza: ‘All’incontro di maggio, tenutosi a Spoleto, noi non siamo stati nemmeno invitati. Ma cosa ben più preoccupante è che il Tavolo regionale sulla sicurezza nei luoghi di lavoro si è riunito, l’ultima volta, nell’autunno scorso. Nel 2007, non ci siamo ancora incontrati nemmeno una volta per parlare di sicurezza. Certo – conclude Esposito – che se continua così solleciteremo la Regione in modo ufficiale. Finora lo abbiamo fatto in modo informale e direttamente coi funzionari preposti’. C’è dell’altro? ‘Occuparsi di sicurezza nei cantieri edili, luoghi molto pericolosi e di cui la nostra regione è piena zeppa, specie a Perugia – risponde l’architetto – significa avere una coscienza. Ma il modo giusto di operare è la collaborazione: qui, invece, si muovono tutti in modo distinto, la Regione lavora per conto suo, le Asl pure’ Per questo si sentono ripetere sempre gli stessi discorsi e la sicurezza nei cantieri non migliora. In più, ogni tanto, ci scappa il morto”. Sul posto di lavoro, agli architetti tocca anche la direzione dei lavori. ‘Il problema – sottolinea la presidente dell’Ordine, Maria Carmela Frate – è che la questione sicurezza si muove su un grande equivoco, basato sulla domanda: qual è il vero compito del direttore dei lavori? Spesso, erroneamente, si crede che il direttore dei lavori debba trascorrere otto ore lavorative nei cantieri. Ma non è così, non siamo mica i poliziotti di cantiere! E poi, noi possiamo controllare solo quando siamo fisicamente nel cantiere. Spesso, in un grande cantiere, è pure difficile accorgersi se ci sono operai ‘clandestini’. Quando il direttore dei lavori gira l’angolo, a volte il numero degli operai aumenta, perché dai nascondigli escono fuori quelli non in regola. Di certo – conclude Frate – servono controlli più stringenti nei cantieri, ma il punto vero è che occorre che le imprese sviluppino per proprio conto una reale responsabilità, dandosi dei codici di comportamento etico, soprattutto contro il lavoro nero, che è causa dei peggiori incidenti per il lavoratore. Anche per le ditte deve esistere, quanto prima, una modalità di autoregolamentazione. E per quelle che non rispetteranno le regole, dovrà scattare l’interdizione dei lavori’.
Troppi misteri in cantiere
Di sicurezza sul lavoro si continua a parlare, ma senza risultati. Perché? E c'è una soluzione? Parlano gli architetti
AUTORE:
Paolo Giovannelli