Tutto quello che avviene nel mondo sembra non sfiorare la maggior parte dei nostri politici, a tutti i livelli, soprattutto al livello parlamentare nazionale e dentro i partiti.
La grande questione da cui dipenderebbe la difesa della democrazia sta tutta in un emendamento all’Italicum, cioè alla legge elettorale.
Qualcuno ha mai saputo dell’esistenza di una legge elettorale perfetta, che rispecchi l’uguaglianza e la dignità del voto di ciascuno? È impossibile; comunque si faccia, la coperta è sempre corta da una parte o dall’altra. Mettere in ginocchio il Parlamento, frenare il cammino – che non è mai rapido né agevole – delle riforme per apporre un cambiamento a una legge già discussa e approvata nelle sedi apposite sembra gioco di persone indispettite perché il loro capo, magari con qualche atteggiamento decisionistico di troppo, si è incaponito ad andare al voto costi quel che costi.
D’altra parte, oggi la democrazia soffre di eccesso di individualismo: ognuno vorrebbe essere arbitro delle decisioni, e le minoranze – dopo tutti i giochi delle votazioni in sedi differenti, di partito, di commissioni parlamentari – vorrebbero frenare o fermare il processo avviato.
Si dovrebbe dire: basta con la democrazia di carte e dichiarazioni, bisogna procedere per una democrazia effettiva, di impegno nella soluzione dei gravissimi problemi economici e sociali, per la soluzione dei quali non basta la buona volontà e le buone intenzioni, ci vogliono le risorse; e se queste non ci sono, è inutile sbraitare dalla mattina alla sera. Meglio sarebbe tamponare, fare qualcosa anche di poco conto, ma pratico ed efficace – come fanno le Caritas, le parrocchie, le associazioni cattoliche e laiche.
Occorrerebbe emarginare chi si mette in campo con ipocrite finalità umanitarie, mentre persegue solo interessi economici. Bisognerebbe essere senza ritegno nel denunciare gli sciacalli che speculano sulle disgrazie altrui. Speculazioni di tipo economico non confessate, e speculazioni di tipo elettorale dichiarate camuffate da ipotesi di soluzione dei grandi problemi dell’immigrazione sbandierati ai quattro venti con la sicurezza di chi ritiene di avere scoperto l’America.
Se vogliamo salvare il salvabile – che non è il tutto, ma è sempre parziale – ci si deve rassegnare a fare le cose necessarie e possibili tramite una gerarchia di scelte e di valori. Sappiamo, ad esempio, che il barcone rovesciato che ha portato con sé in fondo al mare 800 (secondo l’ONU) vite umane non è andato a picco per mancanza di soccorsi ma per uno sbaglio di attracco, un incidente di manovra, una circostanza prevedibile, una manovra sempre rischiosa che richiede molta attenzione. Con un atteggiamento diverso e con una maggiore professionalità, si sarebbe potuta evitare.
È inutile quindi strillare a destra e a manca. Bisogna riflettere, ponderare, calcolare, individuare strade percorribili e smetterla con le grandi abbuffate di parole altisonanti, che non si sopportano più.
Sono tante le persone che vorrebbero essere informate dai media, specialmente dalla televisione, ma non resistono al fragore delle accuse e degli strilli che si scambiano gli interlocutori dei vari talk show. Martedì sera ho assistito a Ballarò su Rai Tre, e ho avuto la sensazione che sarebbe meglio un po’ di silenzio e di riflessione, magari anche di preghiera.
Diceva una teologa protestante: “La preghiera è progettare la vita davanti a Dio”. Qui non si progetta; si afferma, si declama, si asserisce, si accusa, ci si scaglia contro, si alzano i toni… e tutto ricade nel vuoto. La politica rischia l’insignificanza, quando dovrebbe riscoprire la sua alta vocazione di perseguire con professionalità e coscienza il bene comune anche quando questo non s’incrocia con il proprio interesse.