Trent’anni fa la legge 194

A trent’anni dalla legge 194/78 sull’aborto, Famiglia cristiana ha scritto che È venuto il momento di ‘sgretolare il mito’ di questa legge. Forse è anche divenuto un tabù parlarne. Benedetto XVI nell’udienza al Movimento per la vita (lunedì 12 maggio) ha detto testualmente: ‘Difendere la vita umana è diventato oggi praticamente più difficile, perchè si è creata una mentalità di progressivo svilimento del suo valore, affidato al giudizio del singolo. Come conseguenza ne è derivato un minor rispetto per la stessa persona umana. L’aver permesso di ricorrere all’interruzione della gravidanza non solo non ha risolto i problemi che affliggono molte donne e non pochi nuclei familiari, ma ha aperto un’ulteriore ferita nelle nostre società, già purtroppo gravate da profonde sofferenze’. Oltre a Famiglia cristiana, dati i nuovi scenari politici, sono molti a chiedere un cambiamento, che dovrebbe andare nel senso di responsabilizzare i consultori e renderli capaci di intervenire per superare le cause reclamate in genere per giustificare il ricorso all’interruzione della gravidanza. Si dovrebbe esplicitare l’assunzione, da parte della collettività, di oneri concreti necessari per il sostegno della maternità e della famiglia che accoglie un nuovo figlio. Altri ritengono che la legge rappresenti un equilibrio e un compromesso raggiunto tra chi è pro life, dalla parte della vita nascente e chi pro choice, dalla parte della scelta donna, e perciò anziché cambiarla si dovrebbe applicarla in tutte le parti dove sono indicate piste di orientamento e intervento che normalmente non vengono neppure avviate. Si dovrà dire, però, anche in questo caso, come in altri, che alla fonte vi è la questione dell’educazione: educazione, da una parte, al rispetto della vita umana e, dall’altra, al senso del limite della libertà della persona di fronte all’imperativo categorico del bene e del male. Questa consapevolezza assimilata nel profondo potrà condurre a comportamenti preventivi che riescano a regolare i rapporti e a programmare il concepimento secondo il criterio di quella ‘procreazione responsabile’ che evita sia lo sterile egoismo di coppia che, all’opposto, la resa all’istinto immediato e alla passione irrefrenabile che provoca reazioni di paura tali da indurre a eliminare una gravidanza non programmata, non voluta. Una nuova vita che si affaccia, per chi la contempla sul piano ontologico, è un miracolo da accogliere, contemplare e sostenere nel suo giungere a maturazione e pienezza; sul piano esistenziale può costituire una felicità che, dicono le madri e i padri, non si può raccontare. Ma in alcune particolari condizioni e situazioni, tuttavia, può comportare grave sofferenza e disagio. ? sbagliato pertanto giocare la partita sul campo della ideologia individualista, femminista o astrattamente moralista. Troppe superficialità si dicono e con toni troppo gridati sulla questione. Merita invece riflettere e parlarne con l’intento di cercare il come educare i giovani e i ragazzi alla sessualità, alla famiglia e alla procreazione, con umanità e piena responsabilità (la immane tragedia di Niscemi ammonisce). L’emergenza educativa è anche questa, per evitare che si ripeta la frase brutale circolata in Inghilterra, secondo cui ‘il posto più pericoloso oggi è divenuto il grembo della madre’.

AUTORE: Elio Bromuri