In una civiltà come la nostra, in cui ora dominano la scienza, la tecnica e i mass media, il nostro fine ultraterreno tende a scomparire sempre più dall’orizzonte della nostra vita spirituale, interiore. E non è colpa della scienza o della tecnica, che fanno il loro mestiere. La colpa sta, troppo spesso, nel nostro mettere da parte la vita dello spirito, costruendo così un mondo senz’anima. Dall’essere consapevoli di avere l’anima, cioè dall’autocoscienza, bisognerà dunque ripartire. Già sant’Agostino lo diceva al suo tempo: “Non uscire fuori di te, ritorna in te stesso; la verità abita nell’uomo e, se troverai che la tua natura è mutevole, trascendi te stesso. Ma quando trascendi te stesso, ricordati che trascendi l’anima razionale: tendi pertanto là dove s’accende il lume stesso della ragione” (La vera religione, 39,72). Nella nostra società però non è oggi in pericolo solo il libero pensiero, ma la stessa capacità di pensare, schiacciata com’è dalla superficialità dell’informazione mediatica e dalla razionalità calcolatrice del pensiero tecnico e scientifico, in cui la funzionalità ha la prevalenza sul fine e le procedure diventano più importanti degli scopi da perseguire. Per riequilibrare tale rapporto bisognerebbe tener dunque presente che la scienza, la tecnologia e i media sono utili e necessari, ma da usare sempre come tali, cioè come strumenti. Perché potrebbe accadere che, da servi, essi diventino padroni e tentino così di creare non un popolo di Dio, ma un popolo a propria immagine e somiglianza, come mi sembra che un po’ stia purtroppo già accadendo. Anche l’immigrazione è un problema oggi molto dibattuto. Ma penso che dal punto di vista religioso potrebbe anche essere considerato un fattore utile, perché potrebbe scuoterci da questa specie di diffuso torpore socio-politico, o “stato liquido” come è stato definito, in cui stiamo vivendo un po’ tutti e che si riflette anche nella pratica religiosa della nostra gente. Il dialogo fra culture diverse e Credi religiosi diversi può dunque diventare una ricchezza, una risorsa, perché nel confronto, nel dialogo, quando è ben condotto, si cresce da ambedue le parti. Il cattolico può quindi attingere qualcosa anche da altre tradizioni religiose, pur sapendo che tutto è però in qualche modo già presente nella tradizione cattolica. C’è infine anche chi si chiede se realmente oggi i nostri chierici si siano un po’ laicizzati. Ebbene, se con tale espressione s’intende solo dire che quasi tutti i preti (e anche alcuni vescovi) non hanno più la tonsura (la cosidetta “chierica”), e spesso neppure la veste talare (la cosiddetta “tonaca”), si siano per questo un po’ laicizzati, si può anche dire. Se però i chierici si immergono ora di più che in altri tempi nei problemi e nelle vicende di questo mondo, facendosi però guidare dalla sapienza e dall’esperienza del Vangelo, non ci dovrebbe esser nulla da obiettare; non fanno altro che imitare, in un certo senso, la stessa incarnazione del Verbo.
Tre sguardi sull’oggi
Parola di vescovo
AUTORE:
† Giovanni Benedetti