La diocesi di Perugia ha fatto un primo pellegrinaggio, insieme al Vescovo e ad altri due sacerdoti, ‘sulle orme di san Paolo’ nel bimillenario della sua nascita. Il territorio delle sue gesta principali è quello di Siria e Turchia, dove non solo si trovano resti vistosi di monumenti e della civiltà romana, ma anche resti un po’ meno vistosi di civiltà e di cultura cristiana: chiese di impianto colossale crollato (San Simeone lo Stilita, ad esempio, dove abbiamo celebrato la messa sotto un’arcata), o altre chiese trasformate in moschee con i segni cristiani (croci) scalpellinati; nessuna chiesa in vista sulla pubblica strada, ma nascoste dietro i palazzi. Pochi i cristiani orientali, pochissimi i cattolici, anche se ci siamo imbattuti in una comunità neocatecumenale ad Antiochia frequentata da ortodossi e da un paio di musulmani, e in un piccolo nucleo della comunità Magnificat (con animatori perugini) nella chiesa di Sant’Antonio a Istanbul. Il vecchio frate abruzzese che ne è il custode da 35 anni diceva che la chiesa è comunque visitata da sette-otto mila persone alla settimana, per lo più musulmani, che hanno grande venerazione per sant’Antonio e per Miriam, la mamma di Issa (Gesù). Particolare commozione ha suscitato la celebrazione della messa nella casa-chiesetta della Vergine Maria ad Efeso, dove abbiamo sostato con vero affetto, soprattutto dopo la visita alla chiesa diroccata del Concilio e a quella dove è sepolto l’apostolo Giovanni e dove venne in visita Paolo VI. Terra attraversata in lungo e in largo dagli apostoli che, cristianizzandola, ne hanno fatto la Terra santa della Chiesa, dove si trovano le sedi dei primi Concili (Efeso, Calcedonia, Nicea, Costantinopoli), o chiese con mosaici di incredibile finezza (San Salvatore in Chora), oltre a Santa Sofia, la bellissima cattedrale, ridotta ad un museo fatiscente. Ma l’assenza di cattolici in questa culla della cattolicità pone molti interrogativi: non bastano a spiegarlo le persecuzioni dei nemici, o le invadenze degli amici potenti (il potere imperiale), o il ricordo ancora sanguinante della IV crociata. Quali che siano le cause remote e prossime, ora c’è urgente bisogno di preghiera e di missione cristiana con la radicalità dei suoi riti e delle sue proposte, come dicevano i grandi santi catechisti cappadoci e siriaci. L’ambiente esterno peraltro non è più quello di trenta anni fa: la Turchia sta facendo grandi progressi sulla linea di civilizzazione, ma occorre ancora educare a lungo alla libertà di pensiero, di coscienza, di comunicazione, di critica, delle donne. Ma prima o poi anche la Turchia arriverà a comportamenti decenti di democrazia. Gliel’auguriamo, perché è una regione troppo bella e culturalmente interessante. Torni l’apostolo Paolo l’evangelizzatore ad affrontare argentieri e commercianti per guidarci nell’evangelizzazione.
Tra ruderi e indifferenza
Parola di vescovo
AUTORE:
' Giuseppe Chiaretti