A mettersi davanti a un televisore, al momento del telegiornale, si rischia ogni giorno di sorbirsi pagine di cronaca, che non sono certo l’ideale per rimettere su l’umore. L’incalzare delle notizie più tristi, dalle calamità naturali, ai massacri nelle regioni in guerra, fino alle violenze che si consumano più vicino a noi, il tutto immancabilmente condito da qualche mini-dibattito politico sui problemi nazionali, ci fa vedere il mondo a colori piuttosto foschi. Mi è rimasto vivo nella memoria l’esempio di un predicatore che iniziò la sua omelia mostrando un foglio bianco al cui centro era disegnato, ben evidente, un punto nero. Esordì chiedendo: che cosa vedete su questo foglio? La risposta era inevitabile: un punto nero. E lui di rincalzo: e tutto il bianco non lo vedete? Era un modo di abbordare il discorso sull’amore di Dio, la cui bontà è all’opera della nostra vita attraverso tanti doni, di cui godiamo, spesso senza neppure prenderne coscienza. Dovremmo metterci un po’ di più alla scuola di Francesco di Assisi, e cominciare a lodare per frate sole e sorella luna, per frate focu e madre terra. Va da sé: i problemi ci sono. Non possiamo cedere a un ottimismo ingenuo. Soprattutto è doveroso porsi i problemi guardando non soltanto ai propri, ma anche a quelli degli altri. Un mondo che vede ancora bambini affamati, persone condannate a morte, gente rapinata e assassinata, diritti umani conculcati, regimi politici dittatoriali, bimbi sfruttati o soffocati nel grembo materno, l’ambiente devastato, e chi più ne ha più ne metta, non è un mondo secondo il cuore di Dio. E non è certo degno dell’uomo. Giusto vedere tutto questo. Doveroso indignarsi. Soprattutto importante non stare a guardare, e rimboccarsi le maniche. Ma al tempo stesso, è necessario che questo impegno sia posto in un quadro equilibrato e veritiero, che non ci faccia dimenticare le tante cose belle che ci sono. E in ogni caso, guardando anche ai problemi con la prospettiva della speranza. Ce lo ha ricordato in questi giorni Benedetto XVI con l’enciclica sulla speranza che dovremo attentamente meditare. Ce lo ricorda il tempo di Avvento, che mentre ci prepara al Natale, addita anche l’ultima venuta di Cristo, il traguardo della storia. Per noi cristiani il tempo che scorre non è chiuso in un circolo fatale. La prospettiva ‘escatologica’ dà il senso della storia. Mirare al traguardo, aiuta a camminare. E la virtù della speranza, cristianamente intesa, è tutt’altro che uno sterile augurio: è attesa operosa, che poggia sul disegno di Dio, e sulla certezza che Gesù, il Risorto, cammina con noi. Illuminante una parola di Paolo nella Lettera ai Romani (5, 5): ‘La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori attraverso lo Spirito Santo che ci è stato dato’. Chi si nutre di questa speranza, non si lascia vincere dal pessimismo. Diventa capace di lottare e di ricominciare. Ricominciare nella fede, nella famiglia, nell’economia, nella politica. Dai cristiani oggi ci si attende più che mai che siano testimoni di speranza.
Testimoni di speranza
AUTORE:
Domenico Sorrentino