Le quattro frazioni della periferia folignate: Fiamenga, Maceratola, Budino e Cave, hanno subito negli ultimi 15 anni un notevole cambiamento sotto l’aspetto urbanistico, sociale e culturale. L’aumento esponenziale di nuove abitazioni ha visto le lunghe distese di campi trasformarsi in nuovi quartieri, è mutato il panorama della popolazione; dal clima consueto dei paesi, dove fino agli anni ’90 ci si conosceva tutti e si viveva fortemente l’attaccamento al territorio e alle sue tradizioni, con una vitalità tra le più significative della città, si è passati al volto di cosiddette zone “dormitorio”, in cui poco si sente l’appartenenza alla comunità civile intesa come spazio di vita e di relazione. I giovani, abitanti nuovi ma anche i figli di quegli adulti che negli anni ’80-90 sono stati protagonisti attivi di una stagione molto viva di iniziative aggreganti, i nipoti di quei nonni che hanno fondato alla fine degli anni ’70 le associazioni ancora oggi presenti, proprio quei giovani, non raccolgono l’eredità di questo impegno sociale. Nell’identità dei nostri ragazzi sembra essere scomparso il tassello dell’appartenenza al territorio locale. Il dissolversi però di quell’ambiente paesano che conteneva ed orientava, anziché lasciar spazio all’allargarsi auspicabile degli orizzonti in un’ ottica più ampia, catapulta invece i ragazzi nel vorticoso viaggio nel globale dove, mancando i punti di riferimento, si ritrovano in balia di uno spazio “anonimo”, in cui il gruppo fa fatica a formarsi e il branco trova terreno fertile. Le realtà associative presenti, che insieme alla parrocchia continuano a lavorare in tal senso, sopravvivono grazie all’impegno dei veterani che speravano di passare il testimone alle giovani generazioni, che invece fanno fatica a coinvolgere. Il paese era anche il luogo dove abitavano le nostre emozioni, quel tessuto ricco di storia e di volti dove l’adolescente collocava le tappe della sua crescita. Ora non più. È dunque urgente reinventare lo spazio per poter essere capaci di filtrare le contraddizioni della globalizzazione perché, come dice M. Botta, “riconoscere l’identità entro la quale siamo cresciuti è un primo segno per reagire allo smarrimento delle recenti trasformazioni” . Questa consapevolezza deve essere un impegno educativo di tutti nell’aiutare i ragazzi a costruire, con la creatività di cui sono capaci, l’identità stabile e fresca dei giovani alberi dalle radici antiche.
Territori da reinventare
FOLIGNO . Come sono cambiate le zone di periferia
AUTORE:
Simona Lazzari