È poco più di un mese che sono a Perugia, e già ho avuto molti incontri e ho potuto conoscere esperienze di vita pastorale e sociale. Ho parlato con quasi tutti i sacerdoti e con moltissimi laici che sono venuti a trovarmi, singolarmente o con le loro associazioni di appartenenza. Sono stato in numerose parrocchie e in vari istituti religiosi per celebrare la messa e amministrare i sacramenti: ovunque ho trovato grande accoglienza e calore, tanto che mi è sembrato di stare ancora ad Arezzo, ove mi conoscono da tanti anni. Anche la situazione pastorale che ho trovato non è dissimile da quella della Toscana. La penuria e l’anzianità dei sacerdoti, la questione delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata e la pratica religiosa, in alcune zone assai bassa, sono ormai elementi comuni. D’altra parte, motivo di consolazione sono senza dubbio il crescente impegno dei fedeli laici a servizio delle comunità e il fiorire discreto ma tangibile dei nuovi gruppi e movimenti ecclesiali. Si avvertono purtroppo, come ovunque, i danni della secolarizzazione strisciante, che invade ogni spazio di vita: dalle famiglie ai circoli giovanili, al mondo della cultura e dell’economia in generale. Forse non è proprio vero, come qualcuno ha detto, che stiamo divenendo dei “forestieri” in patria, ma la perdita graduale di quel “sentire comune” e di quel “senso morale comune”, che ci veniva dalla fede cristiana, ci sta portando alquanto alla deriva. Si avverte che la religione cristiana, con la sua teologia, i suoi riti, la sua morale sembra diventare estranea al cuore e alla vita degli uomini di oggi. È un problema di vasta portata, di fronte al quale si dovrà fare una seria riflessione collettiva, anche e soprattutto tra noi vescovi dell’Umbria. L’eredità spirituale che le generazioni passate ci hanno consegnato non può essere dispersa o resa sterile da questi nostri tempi. Siamo figli di un cristianesimo radicato, che ha fatto storia sacra e civile, che si è incarnato in uomini e donne che ancor oggi, dopo secoli, restano in benedizione nella memoria collettiva. È nostro dovere custodire questo tesoro e farlo rivivere per quanto possibile nell’azione pastorale e sociale. Il primo compito di ogni cristiano, anche di ogni umbro e perugino, è quello di tenere accesa la lampada della propria fede, pure a costo di derisione ed emarginazione, e di trasmetterla alle generazioni che verranno. È l’impegno della “nuova evangelizzazione”, cui tutti siamo chiamati in ogni ambiente nel quale ci troviamo a vivere e a lavorare. Certo, tutto questo presuppone una forza interiore e una capacità di testimonianza non comuni. Esse si possono conseguire solo con l’assidua frequenza ai sacramenti, con lo studio della Parola di Dio e con una vita aperta agli altri. Auguro a tutti noi, vescovi, sacerdoti e laici di Perugia-Città della Pieve e anche dell’Umbria intera, di trovare lo slancio necessario per testimoniare il Vangelo di Gesù. Un caro augurio di pace e bene a tutti, specie ai lettori de La Voce, nostro settimanale, sul quale mi trovo a scrivere per la prima volta.
Teniamo accesa la lampada della fede
Parola di vescovo
AUTORE:
Gualtiero Bassetti