Sull’Umbria cala la paura di attentati

Terrorismo islamico a Ponte Felcino? Le scoperte degli inquirenti, i sospetti da confermare

Una scuola del terrore alle porte di Perugia, nei locali che ospitano una moschea, con un imam protagonista nel veicolare informazioni per addestrare i giovani islamici alla guerra santa? L’operazione della polizia portata a termine sabato scorso a Ponte Felcino non sembra presentare dubbi. Secondo gli inquirenti, l’imam diffondeva indicazioni sulle modalità di fabbricazione di bombe o come pilotare un Boeing 747, anche attraverso immagini scaricate da internet, tramite siti protetti da chiavi di accesso. In carcere sono finiti l’imam della moschea di Ponte Felcino, Mostapha El Korchi, 41 anni, marocchino come Mohamed El Jari, 47 anni, e Driss Safika, 46 anni. Un altro connazionale è invece latitante, probabilmente all’estero. Per tutti l’accusa è di aver ricevuto (e fornito, solo per l’imam) addestramento e istruzioni sulla preparazione e sull’uso di esplosivi, armi e sostanze chimiche. La moschea, un locale a piano terra di una palazzina nei pressi del distretto sanitario dell’Asl di Ponte Felcino, è stata ritenuta la sede per queste attività, fuori dalla normale routine di preghiera. E proprio per questo motivo la moschea non è stata chiusa. Ma il luogo di preghiera rappresentava il centro operativo dell’addestramento ed era presidiata 24 ore su 24 da Jari e Safika. Qui si praticava – secondo gli investigatori – non solo l’adesione all’ideologia più radicale ma anche un addestramento pratico alle azioni terroristiche. Oltre ai tre arresti ci sono una ventina di marocchini indagati a piede libero. Nelle loro case sono stati trovati 13 clandestini, alcuni dei quali sono stati già espulsi. L’accusa ha trovato conferme perquisendo la cantina dell’imam dove c’erano nitriti, acido e ferrocianuro. Sostanze di per sé insignificanti, ma è stato avanzato il sospetto che potessero servire a qualche sperimentazione. E nel cortocircuito mediatico – quando c’è di mezzo una cellula considerata vicina ad Al Qaeda – è stato diffusa la notizia del possibile attentato agli acquedotti. Infatti sono state ritrovate alcune mappe. E la procura è intervenuta per smentire un piano preciso per ipotizzare un evento del genere. L’indagine denominata ‘Hamman’ ha fatto emergere che si volesse sviluppare un sistema operativo analogo a quello dei sostenitori della jihad globale, un terrorismo diffuso fatto di atti di violenza di piccole cellule non legate da strutture stabili. Lo stesso ministro dell’Interno Giuliano Amato è intervenuto ricordando che l’inchiesta ‘ha portato a individuare non una predicazione più o meno radicale, ma l’utilizzo della moschea a fini di attività terroristica vera e propria’, confermando ‘la necessità di mantenere sempre alta l’attenzione verso luoghi che dovrebbero essere solo di attività religiosa’. Ma come è nata l’inchiesta sulla moschea di Ponte Felcino? Seguendo uno straniero che frequentava la moschea, gli investigatori hanno potuto ricostruire i contatti con altri elementi legati a cellule terroriste, tra cui un gruppo sospettato di aver collaborato agli attentati di Madrid. La vicenda è complessa, al punto che è stato costituito dalla questura di Perugia un pool di interpreti di lingua araba, per tradurre i tanti documenti sequestrati nel corso delle perquisizioni. Si tratta in particolare di materiale informatico contenuto in un migliaio di cd. Questi saranno ora duplicati e quindi esaminati dagli investigatori. Il sospetto della polizia è che almeno alcuni contengano documenti scaricati da siti dell’area radicale. Per motivi di sicurezza gli interpreti sono stati fatti giungere a Perugia da altre città.

AUTORE: E. Q.