Nella I lettura di questa III domenica di Pasqua Pietro, ricolmo della gioia pasquale e della forza dello Spirito santo, lì presso il colonnato del lato orientale del tempio di Gerusalemme, annuncia Cristo ai numerosi convenuti in conseguenza dello stupore suscitato dalla guarigione del paralitico. Ma Pietro, anziché soffermarsi sul prodigio compiuto, approfitta del contesto per distogliere l’attenzione degli astanti dal “guarito” e per indirizzarla piuttosto all’accoglienza dell’“annuncio” del Vangelo. L’annuncio propone “Cristo” in tutta la sua compiutezza: consegnato, rinnegato, ucciso, sepolto e risuscitato. Il tutto espresso con la finalità di risaltare l’adempimento di quanto profetizzato nell’Antico Testamento. Pietro usa infatti una terminologia ben precisa in riferimento a Gesù definendolo “servo”, “Santo” e “Giusto”, titoli ben noti alla tradizione giudaica perché propri della figura messianica. Il primo degli apostoli si sta infatti rivolgendo ai giudei (per ora) e ad essi suggerisce uno sconvolgimento di vita invitandoli a convertirsi a questa “novità”. E il frutto di questa conversione produce la cancellazione dei peccati di cui parla anche san Giovanni nella I Lettera. Chi accoglie Cristo è infatti invitato a rompere definitivamente con il peccato e tuttavia, Egli ha preso per primo l’iniziativa perché “Gesù Cristo, il ‘giusto’ è la vittima di espiazione per i peccati” di “tutti” e agli uomini che Lo scelgono spetta poi di rispondere coerentemente perché “chi osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto”. Di perdono dei peccati e di coerenza si fa riferimento anche nella pagina del Vangelo di Luca.
Il brano si articola in 3 parti: nella prima Gesù insiste sulla “materialità” della sua presenza, nella seconda fa riferimento alle Profezie che avevano anticipato il Suo sacrificio e nella terza invita gli apostoli ad esserGli “testimoni”. Il brano è inserito nel cap. 24 che riporta la “cronaca” di una giornata intensa: la tomba vuota scoperta dalle donne, la testimonianza delle donne rifiutata dagli apostoli ma non da Pietro, Pietro che va alla tomba e constata la verità e infine l’apparizione ai discepoli di Emmaus.
Proprio nel momento in cui questi ultimi stanno raccontando l’evento, “Gesù stette in mezzo a loro”. Non è detto che Gesù venne o arrivò, ma “stette”, Gesù è sempre presente nella Comunità. Gesù saluta il gruppo con l’espressione familiare tipicamente semitica di “pace a voi”, ovvero, “Shalom”! La “pace” è una delle caratteristiche messianiche (Is 11,1) e san Luca la addita di frequente a partire dal momento in cui Gesù nasce per cui la pace viene donata “in terra agli uomini che egli ama”. Ma la reazione a questa improvvisa presenza di Gesù piuttosto che pacifica è di turbamento e di paura perché gli apostoli pensano di vedere un “fantasma”, ma dalla provocazione che fa Gesù (“perché sorgono dubbi nel vostro cuore?”) la reazione deriverebbe da una “paura” più profonda che è quella di sentirsi in difetto per non aver creduto con tutto il cuore alla Sua risurrezione. Gesù allora insiste sulla concretezza della Sua presenza invitando i Suoi a “guardare” e a “toccare” le sue mani e i suoi piedi, a “guardare” che è in “carne ed ossa” e perciò non può essere un fantasma. Ai discepoli spetta quindi di guardare e toccare (e non sappiamo se l’hanno toccato davvero!), mentre Gesù prende e mangia “una porzione di pesce arrostito”. Ed è specificato che “mangiò davanti a loro”, quindi non mangia per una questione di convivialità, ma per “esibire” la Sua presenza in “carne ed ossa”. Seppur risorto e glorioso, Gesù ha ancora i segni della Passione ed è Colui che essi hanno seguito, abbandonato al momento della morte e, nonostante questo, ora tornato fra di loro. Ecco che nel momento in cui realizzano ciò, lo stato d’animo dei discepoli si trasforma in gioia e stupore. Poi, nella seconda parte della narrazione, Gesù si appella alle Scritture nella loro interezza perché parla di “Legge di Mosè”, “Profeti” e “Salmi”, ovvero delle 3 ‘parti’ in cui è composta la Bibbia ebraica, quella che per noi cristiani è l’AT.
E Gesù nello spiegare ai presenti che di Lui era già stato anticipato nelle Scritture, si definisce “Cristo” ed è significativo che si identifichi così solo dopo la Risurrezione. Allora “nel suo nome sarà annunciata a tutte le genti la conversione per il perdono dei peccati”, perché il “Cristo doveva morire e risuscitare” per “tutti”, senza distinzione. Il fatto poi che Gesù menzioni Gerusalemme come punto di partenza risponde alle esigenze di una missione evangelizzatrice universale anch’essa già preannunciata e che vede la Città santa come inizio e mèta in cui il Signore radunerà “tutte le genti e tutte le lingue” (Is 66). Il brano conclude con il richiamo di Gesù all’aspetto pratico: “Di questo voi siete testimoni”. Gesù vede nell’uomo la difficoltà a credere fermamente nella Sua risurrezione e chiede perciò agli uditori di essere “testimoni” cioè di dare prova concreta dell’essere stati con Gesù, di averLo visto risorto e vincitore sulla morte. Per quale motivo, sennò, gli apostoli hanno in seguito accettato il martirio?
Per aver visto un uomo sconfitto?
No! Perché hanno visto Gesù vivo in “carne ed ossa” e glorioso! Così noi: abbiamo visto e toccato la “rinascita” dalle nostre “morti” grazie alla fede in Cristo? Allora certamente siamo pronti a testimoniarLo!
LA PAROLA della Domenica
PRIMA LETTURA
Atti degli apostoli 3,13-15.17-19
SALMO RESPONSORIALE
Salmo 4
SECONDA LETTURA
I Lettera di Giovanni 2,1-5a
VANGELO
Dal Vangelo di Luca 24,35-48