C’è molto malumore circa il nuovo Statuto dell’Umbria. Ad esserne contenti sono soltanto i politici che l’hanno redatto. Non lo sono i vescovi della regione, poiché nessuna delle loro richieste è stata accolta, nonostante precise assicurazioni date a vario livello. Non si è fatto riferimento ai santi della regione, con la conseguenza di avere uno Statuto povero e insignificante, tale da poter andar bene in ogni altra parte del mondo. Non è stata fatta la doverosa ed elementare distinzione tra famiglia vera, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, e le altre forme di unione affettiva, meritevoli di rispetto, ma che in nessun modo possono essere equiparate. È impressionante ciò che si legge nel n’74 del 15 luglio scorso, dell’Acs (Agenzia di informazione del Consiglio regionale dell’Umbria). Ha iniziato Fiammetta Modena (FI), presidente della speciale Commissione di redazione, definendo ‘accettabile il risultato complessivo’ dell’impegno svolto. Le hanno fatto eco Pietro Laffranco (An) ed Enrico Melasecche (FI). Per il primo l’esperienza fatta è ‘importante e soddisfacente’, poiché è stato fatto un ‘buon lavoro’; per il secondo, è arrivato in aula ‘un testo soddisfacente’. Rifondazione comunista ha mostrato tale intolleranza da arrivare a chiedere la soppressione di parole come ‘morale’ e ‘spirituale’. Il riferimento a san Benedetto e a san Francesco, proposto dal consigliere Giampiero Bocci, è stato bocciato con il contributo determinante di alcuni consiglieri che sono ricorsi al giochetto dell’astensione, ben sapendo che le loro schede bianche si sarebbero sommate a quelle contrarie (Lorenzetti, Rosi, Donati, Brozzi). Tutti i consiglieri della sinistra, ad eccezione della Margherita, hanno votato a favore, con la sola innocua astensione di Gobbini (Ds), il testo che ‘tutela le varie forme di convivenza’, riscuotendo in particolare il plauso di Marco Fasolo (Sdi), che ha affermato: ‘Si è affrontato il tema dei diritti in modo innovativo rispetto ad altri statuti, quali i diritti del malato, la tutela dei consumatori e il riconoscimento delle diverse forme di convivenza’.La famiglia è già gravemente ferita, ora se ne vuole il completo sfascio, ed è sconcertante che siano organi ufficiali a ledere la Costituzione della Repubblica. Cosa c’è dietro questo strano connubio di forze politche diverse? Andreotti diceva che ‘a dir male si fa peccato, ma si indovina’; qui forse è sufficiente fare il calcolo dei vicendevoli interessi. Infatti è stato aumentato il numero dei consiglieri regionali, con vantaggio sia della maggioranza che delle minoranze più organizzate. È rimasta intatta la super-macchina burocratica con evidente interesse per chi comanda, ma anche con qualche briciola per chi è all’opposizione. Si consideri – come ha detto Ripa di Meana – che l’Umbria ha ben 50.770 dipendenti pubblici e ben 218 enti da mantenere ‘tra centri, osservatori, comitati, consorzi, parchi, aziende’. La sola Perugia ha ben 13 circoscrizioni, mentre la grande Roma, con i suoi tre milioni di abitanti, ne ha appena 20. Si piange tanto per la mancanza di risorse, ma allora perché mantenere in piedi questa elefantiaca macchina mangia soldi e, talvolta, persino inutile? Si ha la netta impressione che calcoli personali e interessi elettorali siano prevalsi su quel bene comune, che a parole tutti difendono e propongono. In compenso la Regione ‘avrà la sua bandiera’. Ottima cosa! È auspicabile, tuttavia, che essa non assomigli a quel velo che le donne musulmane portano per nascondere il loro volto e la loro identità. Visti lo strabismo e la miopia dei nostri politici regionali, non sarebbe neppur male far loro dono di un buon paio di occhiali!
Statuto: la partita non è chiusa
La 'Carta' dell'Umbria, ha lasciato un seguito di scontento e malumore
AUTORE:
S. G.