Solo l’amore di Gesù fa diventare grandi

L’incontro di Benedetto XVI con 100 mila giovani e giovanissimi di Azione cattolica, e i loro educatori, in piazza San Pietro

L’esortazione a vivere “un amore impegnativo e autentico” che “certo, costa anche sacrificio”, ma è “l’unico che dà in fin dei conti la vera gioia”. L’ha rivolta Benedetto XVI il 30 ottobre ai 100 mila ragazzi e giovanissimi di Azione cattolica, convenuti a Roma da tutta Italia con 10 mila educatori, genitori, sacerdoti e una cinquantina di vescovi per incontrarlo in piazza San Pietro e dialogare con lui all’insegna dello slogan “C’è di più. Diventiamo grandi insieme”. Giovanissimi ed educatori gli hanno rivolto le loro domande. Oltre lo specchio. “Voi non dovete adattarvi ad un amore ridotto a merce di scambio da consumare senza rispetto per sé e per gli altri, incapace di castità e di purezza” ha ammonito il Papa rispondendo alla sedicenne Anna Bulgarelli di Carpi che gli aveva chiesto: “Come imparare ad amare?”. “Molto ‘amore’ proposto dai media e da internet – ha detto Benedetto XVI – non è amore, ma egoismo, chiusura, vi dà l’illusione di un momento, non vi rende felici e non vi fa grandi, ma vi lega come una catena che soffoca gli slanci veri del cuore”. Secondo il Papa, inoltre, solo se si è capaci di autentico amore si diventa grandi: “Nell’adolescenza ci si ferma davanti allo specchio e ci si accorge che si sta cambiando. Ma fino a quando si continua a guardare se stessi, non si diventa mai grandi! Diventate grandi quando non permettete più allo specchio di essere la verità di voi stessi, ma quando la lasciate dire a quelli che vi sono amici. Diventate grandi se siete capaci di fare della vostra vita un dono agli altri, se siete capaci di amare”. Tenere alta la meta. “Essere educatori significa avere una gioia nel cuore e comunicarla a tutti per rendere bella e buona la vita; significa offrire ragioni e traguardi per il cammino della vita”, e “soprattutto tenere sempre alta la meta di ogni esistenza verso quel ‘di più’ che ci viene da Dio” ha quindi affermato il Papa rispondendo all’interrogativo di Milena Marrocco (Gaeta), educatrice di 28 anni. “Voi sapete bene che non siete padroni dei ragazzi, ma servitori della loro gioia a nome di Gesù, guide verso di Lui”. Sottolineando l’importanza della fedeltà ai sacramenti, della comunione con la Chiesa e della collaborazione con la famiglia, la scuola e gli operatori del tempo libero, il Papa ha concluso: “Abbiate il coraggio, vorrei dire l’audacia di non lasciare nessun ambiente privo di Gesù, della sua tenerezza che fate sperimentare a tutti, anche ai più bisognosi e abbandonati, con la vostra missione di educatori”. L’esempio degli adulti. “Gesù chiede la serietà del vostro impegno: è un amico esigente ma non vi toglie nulla anzi vi dà tutto” e “il Santo Padre ci garantisce di essere sulla strada giusta” aveva detto ai giovani prima dell’arrivo del Papa il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco. “Siate amici di Gesù, amate la Chiesa, dite al Santo Padre il vostro affetto e la vostra gioia. Servite le vostre parrocchie con la vostra presenza fedele e gioiosa”, ha esortato; allora “i vostri gruppi associativi diventeranno cenacoli di bontà intelligente e contagiosa”. “Gli Orientamenti pastorali per il nuovo decennio – ha aggiunto il Presidente Cei ricordando il documento pubblicato nei giorni scorsi – affrontano la sfida educativa, quel bisogno diffuso di educazione completa della persona, a qualunque età. Nel nostro cuore di pastori ci siete innanzitutto voi, carissimi ragazzi e giovani”. “Sappiamo – ha assicurato – che il mondo degli adulti è chiamato in causa seriamente perché ha il dovere di esservi di esempio e di dirvi parole vere e alte, ma voi aiutateci ad essere educatori credibili ed efficaci, incalzateci con le vostre domande, siate pronti e generosi nel giocare voi stessi: si tratta della vostra vita”. Rammentando il precedente incontro con Benedetto XVI del 4 maggio 2008, Franco Miano, presidente nazionale di Ac, ha espresso al Papa il ringraziamento di tutta l’associazione: “La sua parola ci aiuta ad avere fiducia e a credere, anche nei momenti più difficili, che la speranza continua ad essere l’orizzonte più degno dell’uomo”. “Questi ragazzi – ha aggiunto l’assistente generale mons. Domenico Sigalini – non vogliono mediocrità o adattamenti, ma sogni e voli alti. La misura che proponiamo è la santità, niente di meno”. La festa dei ragazzi e dei giovanissimi di Ac è proseguita nel pomeriggio in due piazze romane e si è conclusa la domenica mattina con la messa nella basilica di San Paolo fuori le Mura.

AUTORE: Giovanna Pasqualin Traversa