Nei discorsi che il Papa ha tenuto in questo periodo quaresimale emergono le parole che ho messo nel titolo. Costituiscono una precisa fotografia della situazione attuale e indicano con chiarezza l’impegno che ognuno è chiamato a svolgere. Già Giovanni XXIII diceva: ‘La Chiesa non dialoga con le ideologie, ma con l’uomo e con i suoi problemi’: A esigerlo è lo stesso mistero dell’Incarnazione. Se il Figlio di Dio si è incarnato, è segno che tra Dio e l’uomo non c’è contrapposizione ma una mutua e feconda relazione. Servire Dio è guardare con amore i figli di Dio, servire i figli di Dio è amare e servire Dio. La stessa preghiera in fondo non è altro che una forma con cui ci presentiamo a Dio e ai fratelli. Giovanni Paolo II nella Redemptor hominis, ricordata in questi giorni, ci ha insegnato che ‘l’uomo è la prima e fondamentale via della della Chiesa’. La stessa liturgia ce lo ha ricordato: ‘Si è saldi nella fede nella misura in cui si è operosi nella carità’. Benedetto XVI nell’incontro quaresimale con il clero della sua diocesi di Roma ha detto: ‘Occorre vivere la propria fede nella cultura e nella situazione del nostro tempo. Oggi è tempo di crisi economica grave, causata da errori, avarizia, egoismi. Occorre fare una denuncia ragionevole e ragionata, senza superficialità. Serve competenza nell’analisi, ma anche coraggio, operosità, speranza e cambiamento nel proprio stile di vita’. All’Angelus del 1’marzo ha precisato: ‘La priorità va data ai lavoratori e alle loro famiglie’. In Campidoglio nell’incontro con il Sindaco di Roma ha affermato: ‘Si può sperare in un avvenire migliore nella misura in cui l’individualismo lascerà spazio a sentimenti di fraterna collaborazione tra tutte le componenti della società civile e della comunità cristiana’. La dura realtà ci costringe a rivedere non poche cose. È assurdo che molti enti pubblici consumino il 90% delle loro entrate per le spese del personale, riservando solo il 10% ad attività produttive; che molti evadano le tasse; che esistano ancora persone prive dei mezzi di sussistenza. Ovviamente la semplice denuncia, pur doverosa, serve a poco: urge eliminare privilegi e stipendi faraonici, snellire apparati burocratici, abolire enti inutili, ecc. Una maggiore attenzione ai vicini, ai lavoratori e alle loro famiglie è doverosa e urgente. La solidarietà e uno stile più sobrio di vita potrebbero essere i grandi doni da recuperare. Purtroppo l’individualismo, l’istintiva ricerca delle comodità, la superficialità o la negatività di non pochi messaggi televisivi continueranno a giustificare coloro che vivono spensieratamente, chiusi in se stessi, dimentichi delle difficoltà degli altri. Non può essere questo lo stile della Chiesa e dei discepoli di Cristo. Il Vescovo di Gubbio ha proposto che i Vescovi e i preti, in occasione della grande raccolta regionale, destinino al Fondo di solidarietà una loro mensilità, in genere modesta, poiché ordinariamente non raggiunge i mille euro. È una goccia d’acqua, una piccola scialuppa, che ovviamente non può sostituire l’opera delle istituzioni pubbliche, ma significativa e importante, poiché esprime amore e solidarietà. Oso allargare la proposta di mons. Ceccobelli e proporre che tutta la vasta classe dei politici e dei fortunati, a livello sia nazionale che regionale, le cui remunerazioni sono infinitamente più elevate di quelle del clero, compiano un analogo gesto, destinando una loro retribuzione mensile al Fondo di solidarietà. In questo caso le gocce d’acqua diventerebbero una notevole sorgente.
Solidarietà sobrietà coraggio
Parola di Vescovo
AUTORE:
Sergio Goretti