Siamo una democrazia solo a metà?

Multinazionali, G8 ecc., limitano il potere dei Governi. Il politologo Grasselli propone una via d'uscita

Spesso ci si chiede quale sia il vero potere del Governo o del Parlamento nel campo delle scelte economiche, in particolare quando si affrontano temi dell’economia globale che pone un problema di democrazia. Il tema è stato affrontato da Pierluigi Grasselli, docente di Politica economica all’Università degli Studi di Perugia nella conferenza di apertura del ciclo di lezioni sul tema ‘Democrazia e poteri forti’, dall’Ufficio diocesano per i problemi sociali e lavoro, giustizia e pace. Professor Grasselli, l’erosione della sovranità degli Stati nazionali è un tratto caratteristico dei nostri tempi: a quali fattori è imputabile questo fenomeno? ‘Certamente vi concorrono molti fattori. In primo luogo, i processi di globalizzazione economica e l’operare delle imprese multinazionali provocano effetti positivi o negativi che gli Stati non riescono a controllare: si pensi al caso delle multinazionali in Umbria, e alla estrema difficoltà di influire sulle loro decisioni. In secondo luogo, il fenomeno è da imputare alla scelta volontaria di alcuni governi di cedere porzioni di sovranità a istituzioni sopranazionali come l’Unione europea, il funzionamento delle cui strutture è caratterizzato da deficit democratico: si pensi alla Banca centrale europea, che non risponde del suo operato alle assemblee parlamentari. Inoltre, occorre considerare la mole crescente di decisioni rilevanti assunte in forum non democratici, rappresentati da organizzazioni governative sovranazionali (Nazioni unite, Banca mondiale, Fondo monetario internazionale, G8, Nato), nonché all’influenza sensibile esercitata sulle politiche nazionali dai cosiddetti ‘regimi internazionali’, come le agenzie di valutazione Moody’s e Standard and Poor’s. Mentre gli Stati nazionali si indeboliscono, occorre individuare strategie per un’azione globale collettiva’. Si è parlato della necessità di individuare forme di ‘governance’, in grado di restituire alla politica la guida delle nostre società. In cosa consiste questa strategia? ‘Certamente si tratta di una necessità urgente. L’esigenza di un’azione globale mostra la sua rilevanza drammatica quando si considerano le due conseguenze più preoccupanti dell’andamento anarchico dell’economia mondiale, tipico di un capitalismo e di un mercato senza regole: la disuguaglianza crescente tra le fasce più povere e quelle più ricche, e il deterioramento della situazione ambientale. Per superare questa difficoltà bisogna lavorare per costruire una ‘governance’ globale multilaterale e multilivello, diffondendo autorità politica al di sopra del livello dello Stato-nazione (sviluppo di unioni sovranazionali come l’Unione europea, e di un sistema Nazioni Unite riformato) e al di sotto dello Stato-nazione, attraverso la diffusione di comunità autonome che acquisiscano potere secondo il principio di sussidiarietà. A questo deve accompagnarsi una trasformazione culturale su scala planetaria, caratterizzata dalla diffusione della cultura dei diritti umani e della consapevolezza di un destino condiviso’. Sembra porsi il problema della ridefinizione del concetto di democrazia. La nostra è una democrazia incompiuta? ‘È innegabile che nei nostri Paesi siano in corso processi degenerativi della democrazia, dovuti al prevalere di oligarchie, di populismo, alle carenze delle istituzioni mediatrici tra demos e potere, alla oggettiva complessità dei problemi. Proprio i problemi a livello planetario, insieme a quelli che si pongono nell’economia e nella società della conoscenza, mostrano la necessità di una democrazia non meramente formale, ma sostanziale, volta al raggiungimento di un progetto condiviso di bene comune. Il bene comune è il complesso di condizioni che consentono la crescita, materiale e spirituale, delle persone e dei gruppi. Il bene comune è per la persona, che è individuo ‘in relazione’, con l’altro e con la Trascendenza, e dunque è un bene relazionale, che si gode insieme e si costruisce insieme. Senza un progetto condiviso di bene comune le nostre società incontrano difficoltà crescenti, anche sui piani più puramente operativi’.

AUTORE: Giulio Lizzi