Serve propellente sociale

Il Papa incontra il nuovo ambasciatore italiano presso la Santa Sede, e fotografa così il nostro Paese...

Serve una riflessione, un’azione, una prospettiva “di carattere progettuale”. Ricevendo il 17 dicembre il nuovo ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, il Papa ha preso lo spunto dalle celebrazioni per il 150° dell’Unità per ribadire la piena partecipazione della Chiesa e dei cattolici a sostenere e a rispondere alle nuove sfide che stanno davanti all’Italia e agli altri Paesi europei e occidentali “nella difficile fase storica attuale, nazionale e internazionale”. Le relazioni Stato-Chiesa sono indirizzate negli accordi concordatari, garanzia reciproca di un impegno per il bene comune. In questo quadro, di serenità, di libertà e di collaborazione costruttiva, che si estende anche sul piano internazionale, si può guardare fiduciosamente a una prospettiva d’impegno, anche se in un quadro non facile. L’Italia deve superare un passaggio di ristrutturazione arduo, e deve farlo mettendo a frutto tutte le energie. Le statistiche sulla disoccupazione giovanile e sulla cassa integrazione sono impietose. Segnalano un disagio sociale vero, che peraltro l’Italia condivide con molti altri Paesi europei. Le risposte si stanno articolando, ma è certo che per un tempo considerevole, se non succedono sconquassi, tutti saremo chiamati a tirare la cinghia e, nello stesso tempo, a introdurre tutti quei cambiamenti necessari per produrre di più e meglio, tutelando e anzi valorizzando sempre più le persone, i diritti e i doveri di cittadinanza. Sì, c’è un problema sul futuro. Semplicemente perché è finita la lunga stagione del consumismo occidentale, da ultimo costruito a debito. Sintonizzarci su questo cambiamento di prospettiva non è facile, prima di tutto per la politica, più esattamente per la cultura politica, abituata ormai ad una prospettiva brevissima, sempre più breve, sempre più precaria. Bisogna riformare, ma per farlo efficacemente bisogna sapere coinvolgere. Questo non significa ignorare distinzioni e dialettica, anche dura. Significa, comunque, assumere ciascuno le proprie responsabilità, maggioranza e opposizione, parti sociali, Governo centrale e governi locali, tutti i segmenti insomma di una società complessa e articolata. I giovani avvertono ovviamente in modo molto più marcato ed evidente il disagio e giustamente chiedono prospettive. Sono una risorsa preziosa perché sono disponibili a misurarsi con il medio periodo, che non può che essere oggi per l’Italia un periodo d’investimento. Qui ritorna allora il ruolo dei cattolici e il pungolo dello stesso Pontefice. Il propellente per il futuro è prima di tutto di carattere morale, culturale e spirituale e così di conseguenza istituzionale, economico e finanziario. Bisogna dare prospettive di operosità, di iniziativa e, dunque, di speranza. Lo si vede in questi giorni di fronte al dibattito sulla riforma dell’università, dove appunto la parola, il tema del futuro è centrale. E reclama fatti.