Invitato a dire la mia opinione su ‘le radici cristiane dell”Europa’, non esito a dichiarare, anche in forma provocatoria, che senza cristianesimo ‘ e segnatamente senza riconoscimento dichiarato delle sue radici cristiane – non c’è Europa. Non c’è l’Europa che delinearono già tre grandi cristiani, De Gasperi, Adenauer e Schumann, bensì solo un’accozzaglia di ‘nazioni’ che fino a ieri si sono dilaniate in una quantità di guerre fratricide tese alla sopraffazione e al dominio dell’una sull’altra. Ed anche oggi, purtroppo, nello stesso disegno di unità europea, si insinuano progetti nascosti di ‘grandeur’ o di ‘assi preferenziali’ che la minano nel profondo. La prima unità dell’Europa costituitasi dalle colonne d’Ercole al vallo d’Adriano e alle rive del Reno e del Danubio, fu certamente quella compiuta da Roma repubblicana e imperiale. A parte il fatto che essa comprendeva solo una parte dei popoli che oggi si riconoscono o vogliono riconoscersi nell’Europa (escludendo tutti i germani e gli slavi), è certo che sul piano spirituale essa si è compiuta solo con la conversione dei ‘barbari’ al cristianesimo: l’Europa oggi dovrebbe riconoscere come suoi primi fondatori, dopo l’era apostolica, il venerabile Beda, i santi Metodio e Cirillo e il papa Gregorio Magno. E non vi è dubbio che il Medioevo cristiano, pur tra mille contese che coinvolsero il Papato e l’Impero ( ma in fin dei conti erano contese ‘per’ l’Europa, per stabilire se essa doveva essere teocratica o imperiale non già contese ‘tra’ i popoli europei), il Medioevo cristiano ‘ dicevo ‘ fu il solo periodo (un lungo periodo, durato quasi un millennio) durante il quale l’Europa fu veramente tale, anche se il suo concetto era appena nascente: legata anche con quella parte dell’oriente mediterraneo che era sopravvissuto alla furia islamica che le aveva tolto (e distrutto civilmente e culturalmente ) i territori e le civiltà più cari ai cristiani: da Antiochia a Damasco alla stessa Gerusalemme, dalla Cappadocia a Alessandria a Cartagine, i luoghi degli apostoli e dei padri più insigni, delle più alte voci della cultura cristiana. L’invasione aveva dimezzato la koinè culturale: cristiana prima ancora che latina e greca. Comunque sia, il sapere e il sentire cristiano, ossia la nostra fede comune, costituirono la struttura dell’Europa dell’alto e del basso medioevo: e non è senza significato che Bonaventura e Tommaso, che oggi diremmo ‘italiani’, svolsero il loro magistero a Parigi (naturalmente nella koinè linguistica che fu il latino fino alla fine del XVIII secolo), e che qui furono discepoli e colleghi di Alberto Magno, che oggi si direbbe tedesco, e che a Oxford fossero maestri insigni Roberto Grossatesta e Francesco Bacone formatisi a Parigi. L’universalità culturale, insomma, fu allora europea e latina a un tempo, e soprattutto fu cristiana, perché il cristianesimo ne fu lo spirito animatore. Solo il progressivo affermarsi delle particolarità delle nazioni frantumò, nei secoli successivi, l’unità politica dell’Europa, e coinvolse, ahimè, anche il papato nella lotta fra le nazioni. Ma pur nella guerra diuturna, i popoli d’Europa si riconobbero sempre tutti nella fede cristiana, sia pure nelle tre grandi confessioni del cattolicesimo, dell’ortodossia e del protestantesimo; anche nella guerra, insomma, l’Europa continuò ad essere cristiana, poiché tutti i popoli si sentivano egualmente partecipi di quei valori di fondo che derivavano dall’insegnamento di Gesù: la discendenza da un unico Padre, la fratellanza universale, la libertà individuale, l’amore come ideale vincolo supremo della relazione umana. Forse ci fu un solo momento di oscuramento di tali valori, quando se ne volle disconoscere l’origine divina per derivarli solo dall’uomo, e a Dio Padre si cercò di sostituire ‘ stolidamente ‘ la dea Ragione (una ballerina sull’altare di Notre Dame), quando la fratellanza la si volle imporre con la ghigliottina, quando la libertà si snaturò in arbitrio sfrenato e l’amore in licenza. Ma scomparse le nubi, i valori eterni del cristianesimo tornarono a rifulgere, e non furono sommersi nemmeno dalle due guerre più distruttive che l’umanità abbia subito: anche se colui che li incarnava ‘non aveva divisioni corazzate’ come sogghignava il barbaro che voleva imporre in Europa l’ateismo di stato. Poi il muro da costui fatto erigere crollò come costruzione di carta, quando nel mondo risuonò l’appello di un papa ‘venuto di lontano’: ‘Aprite le porte a Cristo’. Ed oggi l’Europa può tornare a riscoprire la sua unità. Ma dove, se non nel cristianesimo che l’ha sempre costituita? E’ perciò per lo meno sorprendente ‘ per non dire scandaloso ‘ che nella bozza di statuto della futura comunità non si voglia riconoscere esplicitamente, per motivi del tutto speciosi, l’unica sua vera radice unitaria: tanto più in un momento in cui, ai vertici delle istituzioni, si trovano due persone che si autodefiniscono ‘cattoliche’ e che dovrebbero avere buon gioco nei confronti di chi è erede del folle sogno della ‘grandeur’ e degli ‘assi preferenziali’: e che di fatto non vuole l’Europa ma solo, come nei tempi della ‘gloire’, il prevalere di una sola parte, richiamandosi ad un’ideologia tardo-massonica che, in Europa, è ormai largamente fallimentare.
Senza cristianesimo solo un’accozzaglia di “nazioni”
RADICI CRISTIANE DELL'EUROPA / 6 L'intervento di Edoardo Mirri
AUTORE:
Edoardo Mirri