Il cittadino italiano potrà mai sperare di avere giustizia dallo Stato italiano? Tutti sanno che ci vogliono anni perché una causa civile giunga a sentenza e quando arriva, di solito, è troppo tardi. Eppure alcuni spiragli di cambiamento ci sono e se ne è parlato giovedì 10 novembre a Perugia in occasione della Giornata europea della giustizia civile. “Il Consiglio Superiore della Magistratura ci ha invitati a dedicare questo appuntamento annuale alla riduzione dei tempi della giustizia civile e al suo funzionamento maggiormente efficiente” ha detto il presidente della Corte d’Appello di Perugia Wladimiro De Nunzio aprendo la tavola rotonda che si è tenuta presso la Sala delle Colonne della Fondazione Cassa di Risparmio. Il docente universitario Mauro Bove, i magistrati Teresa Giardino, Loredana Giglio, Carmelo Barbieri, l’avvocato Angelo Santi e la dirigente della Corte d’Appello di Perugia Luisa Lucia Marsella si sono confrontati sul Decreto Legislativo 150 del 2011 che dovrebbe semplifcare i procedimenti civili, sulla mediazione civile introdotta con il Decreto legislativo numero 28 del 2010 e sulle novità introdotte nella gestione dei contenziosi in materia civile. L’attenzione è stata posta su recenti testi leggi destinate “secondo gli auspici del legislatore” a “migliorare l’efficienza della giustizia civile e quindi a ridurre i tempi di risposta del giudice” ha detto De Nunzio precisando però che “rispetto al problema dell’arretrato non sono state ancora assunte iniziative legislative risolutive”. In Italia, ha detto De Nunzio, pesa sui giudici un arretrato enorme, pari a circa 6 milioni di cause da decidere; che produce, con la sua permanenza sui ruoli, intasamento degli stessi e disfunzioni di gestione, oltre che ritardi nella risposta di giustizia. L’Italia è al 157° posto su 183 Paesi per la durata del processo civile secondo la graduatoria World Bank 2011. I magistrati in servizio, peraltro in numero inferiore all’organico per più di 1.000 unità, e il personale amministrativo egualmente sottodimensionato e con vuoti di organico, non sono in grado di smaltire l’arretrato. La capacità di produzione del giudice, poi, riconosciuta a livello europeo tra le più alte, non è neppure in grado di smaltire un numero di procedimenti pari alle sopravvenienze annuali, che, come è noto, dipendono da una domanda di giustizia che non ha eguali negli altri Paesi. Speranze deluseOccorrerebbe colmare i vuoti d’organico dei magistrati e “recuperare energie lavorative” di quelli che ci sono ma su questo fronte De Nunzio registra “un forte sentimento di delusione per l’occasione persa” con il maxi emendamento alla Legge di stabilità che avrebbe dovuto portare “Misure straordinarie per la riduzione del contenzioso civile pendente davanti alla Corte di Cassazione e alle Corti d’Appello“. Delusione, perché non solo pare non andare oltre una “risposta formale alle richieste dell’Europa”, ma il rischio è che le nuove norme siano causa di “ulteriori ritardi”. Di positivo c’è che il maxi emendamento “ha fatto un passo ulteriore sulla strada della semplificazione della motivazione”, anche questo una via da percorrere per ridurre i tempi. ParadossiE poi c’è il paradosso dei “nefasti effetti” della L Pinto che prevede l’equa riparazione per violazione del principio di “ragionevole durata del processo”. Una legge che “costringe i consiglieri delle corti di appello a dedicare ore lavorative a queste controversie e non alla risoluzione delle cause di merito” denuncia De Nunzio ricordando che “si è in attesa di una riforma che, però, ogni volta che viene proposta viene puntualmente ritirata”. Mediazione obbligatoriaUn passo avanti nel senso di un “progressivo equilibrio tra domande di giustizia e decisioni del giudice” è anche dato dalla scelta del legislatore di “ridurre l’abnorme domanda di giustizia deviandone una parte su altre forme di regolazione del conflitto”. L’introduzione della mediazione obbligatoria per rendere più partecipata la fase procedimentale, a giudizio di De Nunzio “sono una chiara riprova della volontà legislativa di far crescere percorsi alternativi alla via giudiziaria che siano in grado di produrre effetti deflativi consistenti”. Ridurre le sedi? Al convegno non si è toccato il tema della “necessaria” riorganizzazione e della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari poichè, ha spiegato il Presidente De Nunzio, “sembra opportuno attendere che maturi per lo meno una prima bozza del testo delegato”. Sulla questione, però, il lunedì seguente la presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini con i paramentari eletti in umbria ed i sindaci dei Comuni sedi di uffici giudiziari (Perugia, Terni, Foligno, Assisi, Città di Castello, Gubbio, Spoleto, Todi ed Orvieto) hanno istituito in “tavolo permanente” per definire una “posizione comune” sulla questione.
Sentenze lumaca, ma perché…
AUTORE:
Maria Ria Valli