21 giugno, sembra un destino, per san Luigi Gonzaga: ce lo presentano sempre e solo di profilo, una faccia sola, come se l’altra non esistesse. Ci hanno consigliato di seguirlo (da penitenti, ahimé!) e di pregarlo come santo della purezza; e ne hanno mille e una ragione, vista la liofilizazione che quel tema vitale ha subito nelle nostre omelie. Sempre e solo di profilo. L’altra faccia non si vede mai. Il santo della purezza, punto e a capo. Nella celebrazione della sua memoria liturgica, la liturgia della Parola esalta solo questa sua indubbia qualità, la purezza dei costumi, nient’altro; e il breviario solo nel breve sunto della sua vita accenna al fatto che ‘morì nel 1591, colpito dal contagio mentre assisteva gli ammalati negli ospedali’. Fu negli ultimi anni della sua giovane vita che Luigi Gonzaga rivelò al mondo l’altra faccia della sua santità, la dedizione senza riserve ai più poveri tra i suoi poveri contemporanei, gli appestati di Roma; morì non ‘mentre’ li assisteva, ma ‘proprio per’ essersi speso totalmente per loro. Nel 1590-91,’el giro di poco più di un anno sorella morte si portò via migliaia di romani e tre Papi. Fu, quella, l’occasione per un’alleanza impossibile, un patto d’acciaio fra Luigi Gozaga e Camillo de Lellis. Impossibile: da una parte il principino delicato, che per due anni aveva soggiornato a Madrid come paggio di corte, poi aveva studiato dai coltissimi Gesuiti, e i suoi compagni guardavano a lui come a un modello unico. Di fronte a lui, Camillo de Lellis, nato nel 1550 quando sua madre aveva quasi 60 anni, grosso, pigro, rissoso, cattivo lavoratore, pessimo soldato: assunto e licenziato in tronco, come inserviente, dall’ospedale di San Giacomo degli incurabili. Una vita dissoluta. Nel 1575, a 25 anni, il gran salto. La conversione. Camillo, tornato a Roma, nell’ospedale degli incurabili, con la virulenza del viveur d’angiporto convinse cinque sbrindellati come lui a consacrarsi alla cura dei malati gravi; la ‘Compagnia dei ministri degli infermi’, nella chiesa della Maddaena (dov’è sepolto) e all’ospedale di Santo Spirito in Sassia. E quando scoppiò la peste, entrò in azione il patto d’acciaio: si sarebbero spesi senza riserve per quei poveracci che la peste buttava giù come birilli. Luigi ne morì. Era gracile di costituzione, era anche malato (probabilmente di tubercolosi). Giorni e notti, notti e giorni, senza chiudere occhio. ‘Ma almeno non continuare a prendere in spalla gli appestati morenti, per favore!’. Lui continuò. E mentre lo stava facendo con l’ultimo poveraccio, crollò. Un infarto, forse.Al volto scarnificato del suo ultimo amico si sovrappose leggera la silhouette del Maestro, che di per sé, a beneficio di quel tale, gli aveva chiesto solo un bicchiere d’acqua limpida. Ma vui guarda’ ‘l capello, quando sei davanti a uno come Lui!
Sempre e solo di profilo?
AUTORE:
Don Angelo M. Fanucci