Province umbre addio, o quasi. Il decreto approvato dal Consiglio dei ministri parla chiaro: soppressa la Provincia di Terni, ma anche quella di Perugia da gennaio non avrà più la Giunta e il Presidente potrà delegare l’esercizio di funzioni a non più di 3 consiglieri provinciali. Dal gennaio 2014 l’Umbria avrà una sola Provincia con un nuovo Presidente eletto dai Sindaci. Secondo il governo Monti, “la riforma si ispira ai modelli di governo europei. In tutti i principali Paesi Ue, infatti, ci sono tre livelli di governo. Il provvedimento consente inoltre una razionalizzazione delle competenze, in particolare nelle materie precipuamente ‘provinciali’ come la gestione delle strade o delle scuole”. Va ricordato che il numero delle province delle Regioni a statuto ordinario si ridurrà da 86 a 51 (comprese le città metropolitane).
Il riordino delle Province italiane sarà pienamente operativo nel 2014. Nel novembre 2013 si terranno le elezioni per decidere dei nuovi organismi, ha spiegato il ministro della Funzione Pubblica, Filippo Patroni Griffi. Per elezioni si intendono quelle “indirette”, con i Sindaci che eleggeranno cioè il Presidente della Provincia. Inoltre gli organismi attualmente in funzione “non saranno commissariati” ma saranno previsti “una serie di adempimenti da parte degli attuali organi elettivi”.
Sempre dal 1° gennaio 2014 diventeranno operative le città metropolitane. Per assicurare l’effettività del riordino posto in essere, senza necessità di ulteriori interventi legislativi, il Governo ha delineato una procedura con tempi cadenzati ed adempimenti preparatori, garantiti dall’eventuale intervento sostitutivo di commissari ad acta.
Tra le altre conseguenze del provvedimento, le abolizioni degli Assessorati, e il fatto che la Provincia unica dell’Umbria si chiamerà “Provincia di Perugia” finché il Presidente della Repubblica non ne accetterà una nuova denominazione. Il Consiglio provinciale, come per le Province superiori a 700 mila abitanti, sarà composto da 16 elementi.
È importante sottolineare che il decreto non riguarda solo l’istituzione Provincia ma anche i vari uffici territoriali di governo (come prefettura, questura, Motorizzazione). Per quanto riguarda il personale, non dovrebbero esserci problemi per il mantenimento del posto ma, certamente, molti dipendenti saranno riassorbiti da Regione e Comuni. Questa è la situazione, al momento, ma è bene menzionare il fatto, non trascurabile, che il decreto legge dovrà essere convertito in legge dal Parlamento.
È a rischio perfino la Regione dell’Umbria
La Regione fa ricorso contro la riforma, ma troppo tardi, secondo l’opposizione. E anche Rc teme che le conseguenze saranno a catena
Il riordino delle Province ha provocato, ovviamente, la reazione del mondo politico umbro. Ora la Giunta regionale dell’Umbria, che ha espresso “la propria contrarietà”, pensa ad un ricorso alla Corte costituzionale (le altre Regioni lo hanno presentato e verrà esaminato in questi giorni) se il decreto legge approvato dal Governo dovesse essere convertito in legge senza modifiche. L’esecutivo umbro ha fatto riferimento al fatto che il provvedimento adottato non abbia preso in considerazione “in alcun modo il percorso svolto in Umbria sia in sede di Consiglio delle autonomie locali, sia di Consiglio regionale, e delle indicazioni emerse che, nel rigoroso rispetto di quanto previsto dalla legge 135 (spending review), ponevano la necessità di un assetto istituzionale regionale basato su due aree provinciali”. La presidente Catiuscia Marini ha rilevato che “l’esecutivo regionale contesta radicalmente la scelta effettuata dal Governo di prevedere deroghe solo per alcune realtà del Paese, e si chiede in subordine al suddetto percorso una deroga perla Provincia di Terni, in considerazione proprio del fatto che solo in Umbria – tra le Regioni nelle quali si verificherà l’esatta coincidenza del territorio tra Regione e nuova Provincia – vi sono le condizioni per il totale rispetto dei criteri (numero di abitanti e superficie) individuati dallo stesso Governo per il mantenimento dell’istituzione provinciale”. Per l’ex senatore e attuale capogruppo Udc in Provincia di Perugia, Maurizio Ronconi, “la Regione dell’Umbria conosceva da tempo i contenuti ed anche l’epilogo del decreto governativo sulle Province, ma ha perso tempo illudendosi e soprattutto illudendo i territori. Ora a decreto approvato, dopo che altre Regioni, ma non l’Umbria, da tempo hanno promosso ricorsi costituzionali contro il decreto, la Giunta regionale propone un inutile e tardivo ricorso invece di impegnare i parlamentari a presentare un emendamento in sede di conversione per l’indicazione di capoluogo Terni, al fine di garantire il necessario riequilibrio territoriale. Perseverare negli errori è davvero imperdonabile, e la strada intrapresa dalla Regione porterà inevitabilmente ad un altro fallimento, quello definitivo, con la conseguenza di una Regione che presto non avrà neppure l’autorevolezza per difendere se stessa e la sua autonomia”. Rifondazione comunista dell’Umbria ha chiesto “l’immediata convocazione della coalizione politica del centrosinistra” perché “è ora di svegliarsi”. Infatti “ieri è toccato alle Province, oggi è già il turno della stessa Regione Umbria”.