Scoppola, storico del modernismo

Manteniamo viva la memoria del grande studioso di quel fenomeno culturale che fu condannato da Pio X, ma che era molto più ricco e complesso di quanto si ritenga normalmente

I problemi cominciano subito, dal nome stesso di ‘modernismo’. Ernesto Buonaiuti riteneva che fosse un nomignolo inventato fanciullescamente dai suoi avversari, i quali, a suo dire, non compresero l’anima del nuovo movimento e non ne colsero la provvidenziale funzione. Resta assodato che il termine modernismo non piacque agli stessi modernisti; qualcuno di loro pensò che fosse stato inventato, quale odiosa parola, dai Gesuiti; qualche altro reputò che fosse stato creato per confondere le idee. Se il termine modernismo crea problemi, la natura del modernismo genera e ha generato molte incertezze. Che cos’è il modernismo? Storicamente non è quello dell’enciclica Pascendi di Pio X (1907, cento anni fa) che, per forza di cose, dovette semplificare e sintetizzare, ridurre ad unum, cercare un qualche cuore del modernismo mettendo tra parentesi le diverse sue impostazioni. Nonostante questi limiti, la Pascendi individuò egregiamente i quattro aspetti del fenomeno modernista: la base filosofica, la coordinate teologiche, l’impostazione storico-critica, il tentativo di creare una nuova apologetica. Oggi gli storici non si discostano molto da questa quadruplice figura; tutti però propendono a privilegiare il modernismo storico-esegetico, vale a dire mettono in luce soprattutto l’applicazione, alla Bibbia e alla storia del dogma, degli stessi criteri con cui si studiavano e si studiano i testi e il fatti del mondo profano. Da questa base di critica storica derivano le principali coordinate teologiche e speculative, mai organicamente sistemate, del modernismo, cioè l’audace trasfigurazione simbolica e l’utilizzazione pragmatica del deposito dogmatico cristiano- cattolico. Se i modernisti hanno privilegiato la storia, anche gli storici hanno privilegiato il modernismo, si sono appassionati a raccontarne le vicende; al contrario dei filosofi e dei teologi i quali, per opposti motivi, li hanno spesso scansati. Tra gli storici italiani del fenomeno modernista eccelle Pietro Scoppola, morto proprio in questi giorni. In suo onore, nel suo ricordo stiamo stilando queste righe, perché temiamo una cosa deplorevole, che cioè le commemorazioni di Scoppola privilegino le sue pagine storico-politiche e mettano in ombra quelle dedicate al modernismo. Scoppola è stato tra i più grandi storiografi del modernismo, da mettere accanto a Rivière, Poulat, Otto Weiss. È stato proprio lui che, in maniera particolarmente evidente, ha rifiutato l’idea di un blocco unitario modernista e lo ha proposto come movimento, vario e complesso, culturale e politico. L’enciclica Pascendi mirò al modernismo come blocco unitario, però mise in ombra, ad esempio, l’entusiasmo dei modernisti per il nuovo, impetuoso movimento democratico. Scoppola ebbe a disposizione i documenti d’archivio di due importanti esponenti del modernismo perugino: quelli di don Luigi Piastrelli e quelli di don Canzio Pizzoni; ne fece un uso rigoroso e rispettoso. Addirittura, nella prima edizione del suo capolavoro storiografico Crisi modernista e rinnovamento cattolico (1961) tacque i nomi dei due sacerdoti; li rivelò soltanto quando i due gli diedero il placet, nella seconda edizione del libro (1969). Nelle pagine storiografiche di Scoppola si intravede una positiva e favorevole comprensione verso i vari esponenti del modernismo italiano, unitamente alla denuncia dei loro limiti. Ma Scoppola distingue: non confonde Buonaiuti con Semeria, Fracassini con Pioli, Pizzoni con Minocchi. Se una preferenza appare evidente è quella per Semeria, il genio dell’intuizione e il gigante della carità. Mentre Ernesto Buonaiuti risulta troppo incline a nascondersi dietro una miriade di pseudonimi, Semeria andò direttamente a parlare, con infinita sincerità, con lo stesso Papa Pio X. Mentre Pioli s’avvicinava alla massoneria, Fracassini rimase il fedele innamorato di Cristo e della spiritualis Ecclesia; non che Fracassini non sia scivolato in proposizioni audaci e discutibili, come la quadruplice distinzione tra il Cristo della storia e quello della fede, e della leggenda, e della teologia (e in quest’ultima depositava le affermazioni dogmatiche)… ma insomma, Fracassini morì rappacificato con la Chiesa. Scoppola sa che Fracassini ritiene i metodi moderni di ricerca storica ‘un immenso tesoro’, gli riconosce dunque una posizione culturale avanzata; non lo giudica teologicamente, ma culturalmente. Scoppola si muove sempre così, cauto e documentato; non è un libellista, è un vero storico.

AUTORE: Dante Cesarini