SCHIAMAZZI e musica a tutto volume in piena notte. In estate si concentrano le segnalazioni ma il problema esiste tutto l’anno in periferia come al centro

Vittime del rumore... e della maleducazione

p align=”justify”A difendere il cittadino dal rumore non bastano trenta leggi, nazionali o regionali. Traffico, esercizi pubblici, attività industriali, locali da ballo, sale giochi, cani, strumenti musicali e bambini, costituiscono il rumoroso esercito che assedia il cittadino. Fuori dai centri abitati sono i cantieri e le attività industriali i primi responsabili del fracasso; il condominio è lo scenario di battaglia per eccellenza delle popolose periferie (spesso l’amministratore ha ben pochi poteri per fare da arbitro e decidere sanzioni). In città, invece, i tamburi continuano a rullare sulle scalette del Duomo, mentre pub e birrerie, e altri locali di ritrovo del mondo giovanile, continuano a rovinare il sonno e la tranquillità di molti. Con una novità: sono apparse le birrerie con orario “anglosassone”, cioè dalle 17 in poi. Quindi il baccano comincia ben prima dell’ora di andare a dormire. Ma c’è anche l’altra faccia del rumore, cioè quella della punizione (anche se non sempre è così): sono in forte aumento, infatti, le denunce e i processi per disturbo della quiete pubblica. Centinaia i casi che si discutono ogni anno in Tribunale, in lunghe cause civili e penali, per un sonno interrotto o un pomeriggio troppo rumoroso. Ci si può imbattere nel molino troppo rumoroso, nel fracasso di un cantiere edile, nella cagnara di una compagnia di bambini che gioca, ma anche nel pianista che si esercita oppure nel cane che abbaia al primo mutare del vento. Per gli stessi motivi è notevole, anche il numero di ricorsi al giudice di pace, un procedimento decisamente più snello e veloce che non impegna per troppo tempo e che può portare ad una soddisfazione immediata. Basta poi scorrere qualche dato, relativo agli interventi e alle chiamate fatte al corpo dei vigili urbani di Perugia, per rendersi conto del fenomeno e farsi anche un’idea della “mappa” del rumore. Un centinaio di interventi (50 solo nei primi sei mesi dell’anno), divisi equamente tra periferia e centro; ma se nel primo caso si tratta di rumori legati ad attività produttive o a questioni abitative, nel secondo caso il disturbo della quiete è legato alla mancanza di una normale buona educazione. Quindi largo spazio a tamburi e chitarre nei punti strategici della città; urla e schiamazzi prima di entrare in birreria e poi anche uscendone; colpi di clacson notte fonda per segnalare un attraversamento irregolare; volume dell’autoradio così alto da riuscire a capire di quale brano musicale si tratti a chilometri di distanza. I limiti massimi di disturbo acustico sono di 70dB di giorno e 60 di notte; ma tale soglia è abbondantemente superata. Per difendersi dal rumore il cittadino ha in mano armi spuntate: il Codice civile o la legge 447/95 sull’inquinamento acustico. Quasi inutile il ricorso a Carabinieri, Polizia e Vigili urbani. Altra via è la richiesta di sopralluogo dell’Arpa per verificare i livelli di tollerabilità del rumore. In caso di emissioni moleste le sanzioni variano da 500 a 5 mila euro. Il ricorso al giudice è l’ultima spiaggia e l’appellante può chiedere al giudice di verificare la situazione e stabilire misure per contenere il disturbo. Il giudice è chiamato a stabilire anche l’entità del danno subito: patrimoniale, cioè la svalutazione dell’immobile; morale, relativo alle sofferenze provocate; biologico, che indica l’alterazione dello stato di salute o il sorgere di una malattia; esistenziale, che presuppone l’esistenza del danno quando vi è la provata lesione di un diritto costituzionale come quello alla salute.

AUTORE: Umberto Maiorca