E adesso? Nel senso, a numeri elettorali consolidati, che succede in Umbria? Che succede per chi governa? E per chi, nuovamente, farà opposizione? Dopo le regionali, il quinquennio a guida Catiuscia Marini come sarà? “Umbri, fidatevi di Catiuscia”, ha suggerito la Lorenzetti, brindando a spumante con la neo-eletta presidente della Regione al suo posto. A chi le succede sulla poltrona più alta di palazzo Donini, la cosiddetta “zarina” (non si è mai capito se la definizione è positiva o invece…) ha anche lasciato una “ricetta” per governare, la “sua” ricetta: “Catiuscia sia se stessa, e privilegi il contatto con le persone”. Che, letto fra le righe, vuol più o meno dire: “Non ti impastoiare fra gli arzigogoli di una coalizione sempre più litigiosa, e baipassa il condizionamento prima di tutto del tuo partito, il Pd”. Il consiglio della presidente uscente (uscente per volontà del suo stesso partito, e fan della Marini della primissima ora, questo va ricordato), oltre alla lettura fra le righe, suggerisce anche un altro tipo di riflessione, e cioè che la Lorenzetti non prevede una “navigazione” proprio tranquilla per la nuova timoniera. Forse perché le contraddizioni, gli scontri, le diatribe interne tra fazioni e componenti del maggior partito umbro (tornato ad esserlo dopo il “sorpasso” Pdl alle ultime europee) che hanno preceduto ed accompagnato le primarie che hanno dato Marini vincente possono – è il timore di molti, la speranza di alcuni – imbrigliare l’azione del nuovo governo regionale. “Metteremo un cuneo in queste contraddizioni, e lavoreremo per mandare a casa la nuova Giunta prima dei cinque anni canonici”: altro che squillo di guerra (politica) arriva dalla candidata uscita sconfitta, quella Fiammetta Modena che aveva impostato tutta la campagna elettorale come un “se non ora, quando?” per quel “sorpasso” che il suo partito aveva concretizzato, come detto, alle europee. Ora la Modena, e tutta l’opposizione (a proposito, c’è la Lega, anche in Umbria) contano molto non solo sulla propria, di azione, ma anche sulle guerre interne alla maggioranza, per interrompere anzitempo il cammino del centrosinistra. Ma in vista delle prossime elezioni regionali, quelle del 2015 (perché su questa data, a parte tutto, è meglio focalizzare l’impegno), forse il centrodestra dovrebbe risolvere prima le proprie, di contraddizioni, se vuole sperare di concretizzare il sospirato “sorpasso”. Perché è vero che in una competizione meramente valoriale come quella per il parlamento europeo il Pdl in Umbria era diventato il primo partito, ma è anche vero che, tornando sul territorio con le regionali, sono tornati anche quei personalismi esasperati che tanti danni, in passato e, forse, anche nel voto del 28 e 29 marzo, hanno prodotto nel centrodestra umbro. In generale, l’impressione che si ha è che comunque il quadro politico umbro sia tutt’altro che statico. Sulla consistenza e sulle motivazioni dell’astensionismo, in molti hanno già ragionato. Certo non si può liquidarlo, come si sono invece affrettati a fare molti politici, di maggioranza e di opposizione, dicendo che siccome è un fenomeno omogeneo su tutto il territorio nazionale, allora non è specificamente umbro. Ma una differenza ci sarà tra l’operaio ternano rimasto senza lavoro che non è andato a votare e l’impiegato pubblico del Lazio rimasto a casa perché la lista per cui avrebbe votato non è stata ammessa? O no? Il quadro politico umbro si muove anche e soprattutto per le dinamiche interne alle coalizioni ed ai singoli partiti. In Consiglio regionale – dicevamo – entra per la prima volta la Lega, e ci entra con una percentuale di tutto rispetto. Si aspetta ora di capire che cosa vorrà dire fare politica da leghista in Umbria (lotta agli sprechi? Chiusura al diverso? Linguaggio diretto e senza fronzoli?). Altra novità è il peso consistente dei dipietristi nella coalizione di centrosinistra: a livello regionale, su cosa punterà l’Idv, spesso più a sinistra della stessa sinistra cosiddetta “radicale”? Poi c’è l’Udc: Paola Binetti (o chi per lei, se l’ex teodem del Pd ora casiniana se ne torna in Parlamento) avrà il compito di rendere concreta nell’aula regionale quella “diversità” rispetto ai due poli principali che, se sostanziata con proposte originali ed autonome, è un valore che può andare a tutto vantaggio della collettività. Ma la grande incognita sul futuro della presidente Marini resta il suo partito, il Pd. “Scongiurato” il terzo mandato della Lorenzetti (con quali motivazioni politiche, nessuno sinora l’ha spiegato sino in fondo), quale blocco di potere si è concretizzato intorno a Catiuscia? Com’è andata avanti la dialettica tra ex Ds ed ex Margherita? E, soprattutto, riuscirà la Marini, con la forza dimostrata in campagna elettorale dopo il travaglio del congresso e delle primarie, a trasformare in positivo le innumerevoli diversità interne al Pd, per affrontare i problemi sempre più pressanti di un’economia e di una società regionale che lanciano evidenti segnali di debolezza, se non di declino? Poche settimane, al massimo un paio di mesi, e le prime risposte arriveranno.
Scenari da post-elezioni
Politica. Quali sfide attendono la neo eletta Marini
AUTORE:
Daris Giancarlini