Alla notizia della nomina di mons. Reali a Vescovo di Porto, per una di quelle spontanee associazioni di idee, che non devono necessariamente essere sempre né logiche né azzeccate, m’è venuto in mente il passo mille volte letto della profezia di Michea: “e tu Betlemme di Efrata, così piccola per essere tra i capoluoghi di Giuda…” (Mi 5,11). La Sede apostolica s’è accorta di noi, di questa Diocesi antica sì, ma anche da tempo un po’ marginalizzata, come un’oliva rimasta non colta in cima alle fronde d’un albero fuori mano. Alla Chiesa serviva un Vescovo come don Gino; la Chiesa si è accorta del nostro Vicario, con le sue doti e le sue specificità e il Papa lo ha chiamato a reggere una realtà ecclesiale grande quasi tre volte la nostra. Quando giunsi a Spoleto, sei anni fa, mi dissero che in base agli studi, nel 2002, la mia diocesi sarebbe stata soppressa per mancanza di clero e avrei fatto più funerali di preti che Ordinazioni. Non ho mai dubitato che il Signore mi avrebbe aiutato e in sei anni mi ha mandato diciassette presbiteri. Per quanto dotato di buona fantasia, davvero non avrei mai pensato di ordinare un vescovo. Forse ora debbo far appello a Giobbe: “Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!”(Gb 1,21). La nomina di don Gino Reali è l’occasione per fare anche un’esame di coscienza e per renderci conto che questa scelta superiore richiede ancora una volta di serrare le fila, per poter fare tutti, ancor meglio, la parte nostra. Sotto il profilo meramente umano, qualcuno commenterà che la nomina di don Gino è una grande perdita per la nostra diocesi: non avremo più tutto per noi il senso d’equilibrio volto a sdrammatizzare i problemi e a risolverli; la sua capacità di trovare la via d’uscita anche nelle situazioni più difficili; un prete disposto a farsi carico di moli enormi di lavoro, senza niente chiedere in cambio, se non la soddisfazione del proprio dovere compiuto e l’amore per questa Chiesa. L’amore siamo certi che resterà: siamo sicuri anche che di lavoro ne avrà così tanto, nella sua nuova Chiesa, da fargli dimenticare le fatiche fatte per noi: lo vollero fatto parroco appena prete, le ragioni ecclesiastiche lo identificarono come l’unico Vicario possibile, per togliere d’impiccio i Vescovi, ecc. Egli, rendendosene conto, accettò. Poi i terremoti, sia quelli provocati dalla natura, che quelli, non meno complessi a gestirsi, determinati da decisioni ecclesiastiche. Tempo fa, si direbbe “tempore non suspecto”, chiacchierando insieme a tavola, don Gino mi confidava la difficoltà, sopportata a lungo con pazienza, d’essere schedato come spoletino a Norcia e nursino a Spoleto, magari con qualche aggettivo d’aggiunta non sempre generoso. Ma il Papa aveva deciso nel 1986 che non esistessero più l’arcidiocesi di Spoleto e la diocesi di Norcia, ma l’Arcidiocesi di Spoleto-Norcia, dove quel trattino tra due nomi di città ben diverse tra loro, la dice lunga sulla capacità che abbiamo talvolta noi preti di “mandar l’acqua per l’insù”. A me, quasi ignaro, la stessa Santa Sede mandandomi a Spoleto-Norcia aveva dato tre raccomandazioni prioritarie: riaprire il Seminario, riorganizzare la presenza del clero sul territorio, unificare le due parti dell’arcidiocesi, rendendo efficace il provvedimento sancito nel Diritto da oltre un decennio. La Chiesa spoletana-nursina saluta con gioia il figlio del suo presbiterio chiamato all’Ordine Episcopale e lo accompagna nel nuovo Ministero, invocando per lui pace e benedizione: i doni di Dio tanto cari al nostro san Benedetto, che riuscì a spanderli per tutta l’Europa e per gran parte del mondo. Penso con gioia a tutta quella larga porzione della nostra diocesi che è sparsa nel mondo, quando avrà notizia della nomina di mons. Reali, magari, se non dalla Rai, dai bollettini dei nostri Santuari. Penso anche a quella porzione consistente di nostri diocesani che vivono nella diocesi Porto-Santa Rufina e che si ritrovano vescovo il nostro don Gino: a loro non occorrerà spiegare quanto il nuovo Pastore sia capace, abile, premuroso per il bene della Chiesa, sollecito verso tutti. Penso con piacere a don Gino che arriverà nella sua nuova diocesi preceduto da questi ‘ambasciatori’ che là vivono la fede dei padri, e, pur essendo romani, non hanno certo cessato d’esser dei nostri: esiste anche per noi, tra le identità culturali di questo territorio, la ‘fides spoletana et nursina’, come sinonimo di fede cattolica. E’ quello che commentavo con don Gino, passando in macchina davanti a santa Maria in Montesanto a Piazza del Popolo: potrebbe essere la nostra chiesa nazionale a Roma, quella della “Natio spoletana”, giacchè fu voluta e finanziata dai nostri Monthioni-Collicola, con lo stesso titolo che a S.Maria si dà nella valle del Vigi. O, forse, è più semplice ragionare come i poveri, come la gente comune del nostro popolo, che d’ora in poi tra i parenti, gli amici e i conoscenti a Roma, ricorderà anche il Vescovo della Chiesa suburbicaria di Porto-Santa Rufina, sapendo per certo di poter contare su di lui. Caro don Gino, grazie di tutto quello che hai fatto per noi. Il Signore ti benedica.
Sarà un Pastore capace, abile, premuroso per il bene della Chiesa
Mons. Riccardo Fontana gioisce per la nomina a Vescovo di mons. Gino Reali
AUTORE:
' Riccardo Fontana