Le banche non concedono crediti, le piccole aziende hanno sempre di più l’acqua alla gola, i risparmi e le pensioni di nonni e genitori non bastano più per pagare i mutui e le bollette di figli e nipoti che hanno perso il lavoro o che non riescono a trovarlo, e in questa difficile situazione una di quelle che erano le bandiere della solidarietà e del ‘buon governo’ della nostra regione rischia di sparire. È la Fondazione Umbria contro l’usura, nata negli anni ’90 per iniziativa della Regione, con il sostegno economico di enti locali, associazioni di categoria, Camere di commercio e Fondazioni bancarie, per aiutare famiglie e aziende in difficoltà e salvarle dal baratro del credito facile di strozzini e usurai. La benemerita Fondazione rischia infatti di restare senza soldi. Lo Stato dal 2007 non le concede più finanziamenti, la Regione, dalla quale veniva il contributo più rilevante, lo ha ridotto, la Provincia di Perugia che era tra i fondatori ha cancellato i suoi 5.000 euro, altri enti e soci da anni non pagano più la loro quota.
Giovedì 16 maggio a palazzo Donini era in programma l’assemblea annuale per l’approvazione del bilancio 2012, ma non si è potuta svolgere per mancanza del numero legale. Erano infatti presenti soltanto 9 dei 22 soci: Regione, Comune di Perugia, Camera di commercio, Cisl, Uil e Cgil, Confindustria, Cna e Confcommercio. “A questo punto – ha detto sconsolato il presidente della Fondazione, Alberto Bellocchi – bisogna capire se c’è un reale interesse dei soci per continuare a sostenere la nostra attività. Il tutto in un momento di grande difficoltà per l’economia e le famiglie dell’Umbria, terra dove purtroppo il fenomeno dell’usura è rilevante”.
Mafia, ’ndrangheta, camorra e criminalità organizzata brindano. Per loro si apre un’altra porta in Umbria. I ‘padrini’ e i loro figli e eredi non portano più la coppola, hanno studiato nelle migliori università, hanno reclutato ‘colletti bianchi’ che girano con valigie di soldi sporchi da riciclare. Buoni per acquistare negozi e aziende in difficoltà e per concedere, con le loro società finanziarie, prestiti facili alle famiglie. Per poi impossessarsi legalmente delle loro case e dei loro beni quando non avranno più soldi per pagare i loro debiti. Facendo crescere ancora quella “economia grigia’ al confine tra legalità e illegalità, che prospera quando lo Stato e le istituzioni non sono più in grado di garantire la dignità e i bisogni primari dei loro cittadini.
“In questi momenti di grande difficoltà – ha affermato l’assessore regionale allo Sviluppo economico, Vincenzo Riommi – strumenti di sostegno come la Fondazione Umbria contro l’usura devono essere più forti perché svolgono un ruolo importante: la Regione cercherà di trovare una soluzione, anche facendo pressioni sugli altri soci. Tutti gli enti locali hanno problemi di bilancio, e i Comuni in particolare attraversano una fase delicatissima, ma la mancanza di liquidità impedisce proprio l’operatività della Fondazione. Tutti – ha proseguito – dobbiamo quindi fare la nostra parte per garantirne l’attività, con grande determinazione”.
Per Riommi però “il più grande interlocutore che ‘spicca per assenza’ in questa fase è proprio lo Stato” che da anni non concede più contributi alla Fondazione. Anche le banche devono però rivedere la loro posizione. “C’è bisogno – ha concluso l’assessore – dell’impegno di tutti per sostenere la Fondazione, perché c’è la fila di cittadini che richiedono aiuto e non possono essere lasciati soli, con il rischio di finire nelle grinfie di organizzazioni che sfruttano proprio queste situazioni”.
In sette mesi, 300 le richieste di aiuto
La Fondazione anti-usura rischia di chiudere i battenti mentre aumentano le richieste di aiuto. Più di 300 – ha detto il presidente Bellocchi – solo negli ultimi sette mesi, tanto che è stata creata una linea telefonica dedicata, dalle 11 alle 13 di ogni giorno, per filtrare queste domande. Sono soprattutto famiglie di piccoli commercianti, artigiani e imprenditori con debiti che non riescono a saldare. Ci sono le banche che premono, e spesso hanno pendenze fiscali con Equitalia. Stanno però aumentando anche le richieste di famiglie normali con stipendi che non bastano più, e di quelle i cui componenti hanno perso il lavoro. Prestiti, mutui, bollette da pagare, debiti a volte anche non rilevanti ma che sono macigni quando i soldi non ci sono. Una realtà – ha detto Bellocchi – che è più o meno uguale in tutta l’ Umbria. La novità preoccupante – ha sottolineato – è l’ aumento delle richieste che vengono fatte dalle donne: in un anno sono passate dal 25 al 38 per cento delle pratiche trattate. Nel 2012 – ha riferito il presidente – sono stati deliberati aiuti per 613.000 euro. Dall’inizio della sua attività la Fondazione ha aiutato 509 tra persone, aziende e famiglie, mettendo a loro disposizione più di 16 milioni di euro. Aiuti che nella quasi totalità sono stati poi restituiti alla Fondazione da chi li aveva ricevuti nel momento del bisogno.