di Daris Giancarlini
Conte da zero a 100? Partito come un “signor Nessuno” rispetto agli stra-votati capi politici dei due partiti che hanno dato vita al “governo della convenienza reciproca”, Giuseppe (e non Antonio, come molti continuano a chiamarlo, essendo l’omonimo allenatore di calcio molto più noto del conterraneo docente di Diritto) Conte, in questi primi sei mesi sulla poltrona di palazzo Chigi è riuscito a uscire da quell’anonimato che era stato uno dei motivi per cui era stato scelto, e a ritagliarsi un proprio ruolo politico.
Avrà letto e riletto, il premier gialloverde in quota grillina, l’articolo 95 della Costituzione italiana, nel quale si afferma che “il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile”.
Un ruolo, dunque, non impalpabile o secondario, ma di primus inter pares, che all’inizio della parabola contiana si mostrava con i caratteri dell’evanescenza. Quasi un annuncio, il premier “vaso di coccio tra i due vasi di ferro” (Salvini e Di Maio), di quello schema di sistema politico in cui la cosiddetta “democrazia diretta” travolge tutte le figure di rappresentanza, magari tramite un click su un qualche sito internet dove “il popolo” (?) decide i propri destini.
E si racconta che, alle prime riunioni importanti a livello nazionale e internazionale, Conte autodefinitosi, alla prima uscita pubblica, come “avvocato del popolo” – passasse la maggior parte del tempo, prima di intervenire, a consultare telefonicamente i propri referenti politici, i due vicepremier con deleghe a tutto e il suo contrario (continua a leggere sull’edizione digitale de La Voce).