Si è conclusa il 23 aprile la delicata operazione di ricollocazione nella vetrina appositamente progettata, di uno dei più preziosi capolavori di oreficeria, conservati al Museo diocesano di Città di Castello, il Riccio di pastorale.
“Riccio di pastorale” esempio di arte orafa del 1324
Il Pastorale è un esempio di arte orafa senese del 1324 circa – ricorda Catia Cecchetti, reponsabile del museo – attribuito al senese Goro di Gregorio. Dall’anno 2000 è conservato nella sala II del Museo, faceva parte della collezione ancora prima dell’ampliamento dei locali museali; va ricordato che negli anni ‘70 fu trafugato e ritrovato in modo fortuito e riconsegnato da un concittadino.
Il manufatto è ancora oggi oggetto di studio sia per quanto riguarda l’attribuzione che la sua datazione; ne parlano, sottolineandone la preziosità, gli studiosi locali quali il Magherini Graziani, C. Rosini ma anche storici dell’arte e dell’oreficeria di indiscussa fama quali M. Salmi, U. Gnoli e P. Toesca.
Pulizia e patinatura degli smalti ad opera dell’orafo Sergio Bartoccioni e figli
Le operazioni di pulizia ordinaria del Pastorale e patinatura degli smalti sono state effettuate dall’orafo tifernate Sergio Bartoccioni e dai figli Riccardo e Andrea. La loro Bottega orafa vanta un’antica tradizione nella nostra città: il manufatto fu infatti già sottoposto in passato ad un loro accurato intervento. I lavori iniziati nel gennaio scorso sono stati regolarmente autorizzati e hanno visto la supervisione della dott.ssa Maria Brucato, funzionario di zona della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e paesaggio dell’Umbria.
Finanziatore dell’operazione il Rotary club di Città di Castello
Il laboratorio è stato allestito a piano terra nella sala dove l’opera è conservata e qui sono state effettuate tutte le operazioni in sicurezza, secondo le attuali normative anti covid e a museo chiuso. La procedura di pulizia ordinaria dell’argento è stata ritenuta quanto mai necessaria e le operazioni sono state avvallate dall’Ufficio beni Culturali della diocesi, dal suo direttore Gian Franco Scarabottini e naturalmente volute dal vescovo Domenico Cancian. Quest’ultimo nel ricordare la funzione pastorale di questa opera usata dai vescovi come simbolo e guida del loro gregge, intende ringraziare per la sensibilità dimostrata il finanziatore dell’operazione il Rotary club di Città di Castello in modo particolare il suo presidente il dott. Alessandro Leveque che non ha mancato di seguire le varie operazioni insieme al Consiglio direttivo e ai soci.
In autunno è prevista una Giornata di studio
Il risultato dell’intervento ha riportato al suo originario splendore il manufatto che colpisce per la delicatezza della voluta e delle statuine quali l’Angelo, la Madonna e il Vescovo inginocchiato, oltreché per la bellezza degli smalti che impreziosiscono le figure di santi e degli animali fantastici lavorati a traslucido.
Il Riccio di Pastorale – precisa Cecchetti – nel 1434 era custodito da Meo de’ Fucci che ne concesse l’uso al vescovo Sinibaldo (G. Magherini-Graziani, L’Arte a Città di Castello, 1897, p. 310): molti sono ancora oggi gli interrogativi legati alla provenienza del manufatto, alla sua datazione e all’autore: per questo si sta lavorando ad una Giornata di studio sempre in collaborazione con il Rotary Club che si terrà nel prossimo autunno, con la preziosa collaborazione del prof. Mirko Santanicchia docente di Storia dell’Arte medievale all’Università degli Studi di Perugia; l’appuntamento vuole accrescere il valore scientifico di questo capolavoro che la città e la diocesi tifernate ha la fortuna di possedere.