In fila, l’uno dopo l’altro, in queste settimane si ricordano in Umbria i Martiri e i Santi che gli antichi scelsero come patroni per le nostre città. È l’occasione che il calendario stesso ci offre per riflettere sulla nostra identità più vera e tornare a misurarci con noi stessi, per decidere ancora se in quei personaggi ci immedesimiamo e se nelle loro scelte di vita si ritrovano anche i nostri ideali. È molto facile, ma anche poco utile, un’adesione solo di affetti, di tradizione, di stereotipi in una società che è fortemente tentata da stili di vita poco conciliabili con il Vangelo. Vi è il rischio che anche le feste dei Martiri si risolvano con riti d’immagine ed esteriorità. Gli antichi ci hanno tramandato altra cosa. Scelsero come pietra di paragone per ogni comunità umbra personaggi che avevano dato la vita a testimonianza della loro fede: questi sono i nostri patroni. Si scelse cioè di privilegiare l’esemplarità sulla stessa intercessione. Il loro modello di vita nella città dell’uomo è presentano in modo ancor più avvincente che la stessa richiesta del loro aiuto, tanto fu forte la fede in Dio misericordioso. Si volle valorizzare il loro esser campioni nello sconfiggere il male, più che avvocati a difenderci in quel tribunale dove, come dice la Scrittura, chi ci deve giudicare è Gesù misericordioso, che ha dato la vita per noi. Sarebbe fare un gran torto ai nostri Santi se tacitassimo la profezia che ancora promana da quelle storie antiche, segnate dalla radicale sequela del Cristo. A misurarci con i nostri Santi per ritrovare il senso dell’identità cristiana nell’Umbria di oggi non può essere soltanto la via della contrapposizione con la novella cultura pagana da cui la nostra gente è fortemente tentata. Ai cristiani è chiesto molto di più. Tutti i nostri Martiri riuscirono a combinare la loro decisa testimonianza con la virtù della mitezza. Noi, pur testimoniando molto di meno, non fino al sangue, riusciamo a spaccare e dividere e magari a moraleggiare senza essere poi così credibili e forse neanche così puri nelle nostre intenzioni come lo furono i Santi patroni. Il martirio cristiano si combina necessariamente con le beatitudini. ‘Beati i perseguitati per causa della giustizia’ è l’ultimo e più alto ideale che il Vangelo ci insegna. L’ascesi cristiana ci insegna che non può essere praticato se non dai ‘poveri in spirito’, dai ‘misericordiosi e puri di cuore’, che si fanno operatori di pace. I Santi ci insegnano che per essere veramente alternativi alla logica del mondo bisogna amare anche i propri nemici. La civiltà ispirata al Vangelo non teme, con l’aiuto di Dio, niente e nessuno. Citando S. Paolo, Papa Benedetto XVI ci ha appena ripetuto ‘Spe salvi’, che è come dire che la salvezza è già definitivamente per noi conquistata dal sangue di Cristo e che diventa da noi acquistata, se accettiamo la dinamica di una vita spesa per amore, che ci fa progredire verso il Paradiso. Quella è la meta. Ci ottengano i Santi patroni dell’Umbria, che già hanno raggiunto la città di Dio, antichi e gioiosi testimoni della fede, d’essere fermi e sereni nelle nostre convinzioni di ‘discepoli del Signore’, pronti a dialogare con tutti, nella certezza che uno solo è il Padre e gli altri, tutti, anche quelli che ci insultassero, non possono essere altro che fratelli. La logica della lotta appartiene alle ideologie mondane, la fatica dell’impegno nelle opere buone, fino al martirio, attualizza il Regno di Dio. Questo è l’ennesimo bivio di fronte al quale scegliere; la via della pace da insegnare ai figli. La tradizione della Chiesa romana, dalla quale noi tutti in Umbria discendiamo, vuole i Martiri coronati di serti d’alloro a segno della loro vittoria. L’innologia più antica chiamò Pietro e Paolo i due olivi capaci di produrre frutti di pace nei secoli. Le nostre valli, segnate di siepi d’alloro odoroso e dell’argenteo barbagliare delle foglie d’olivo, ci ricordino che la testimonianza cristiana è forte come l’amore, umile e paziente come i grandi che invochiamo patroni.
Radici cristiane e Patroni
AUTORE:
' Riccardo Fontana