L’elaborazione del progetto di ‘Costituzione europea’ ha riproposto, con forza, il problema dei valori di fondo cui il Vecchio Continente dovrà richiamarsi; valori che certo fanno riferimento a ispirazioni diverse e non riconducibili a un unico denominatore comune, ma che non possono prescindere dalla tradizione cristiana. Il problema presenta una forte complessità che, purtroppo, almeno nel dibattito italiano, viene spesso semplificata e caricata di ambiguità, utile solo ad alimentare interessi di parte. A volte sembra che il tema della menzione o non menzione ‘di Dio’ nella Costituzione europea sia una battaglia ideale tra credenti e non credenti, altre volte si tenta di affermare l’importanza del cristianesimo nella identità e radici dell’Europa in una prospettiva che ha come fine di identificare strettamente cristianesimo ed Europa contro le altre religioni, in particolare contro gli immigrati islamici. Nel primo caso siamo evidentemente in un contesto assolutamente estraneo all’orizzonte di una Costituzione, che non può essere il terreno di scontro tra laicisti e spiriti credenti e religiosi; dall’altra siamo di fronte a una ripugnante strumentalizzazione che nello spirito appare anche profondamente antievangelica. La vicenda del continente europeo, nella sua millenaria storia, è venuta costituendosi in una pluralità di culture; un’Europa plurale, che ha conosciuto tuttavia nel cristianesimo il momento più alto di mediazione culturale. Il richiamo alle radici cristiane non può esaurirsi in un formale riferimento nell’articolato della nuova Costituzione, deve invece ispirare una visione della società e dello Stato che metta al centro la persona, la famiglia, i corpi intermedi della società. Democrazia, pluralismo, diritti umani, solidarietà ‘ cioè valori fissati nei trattati europei e che tutti gli Stati che vogliono accedere all’Unione devono rispettare – affondano le loro radici nell’ispirazione personalistica. Oggi viviamo in una società frammentata, divisa, nella quale non sembra più esserci un comune senso religioso, e nella quale, a un certo punto, un credo civile comune, un minimo di valori civili comuni condivisi, sui quali fondare la convivenza e sui quali radicare le regole del gioco, appare quantomeno necessario. Credo che ancora attuale sia quella lezione di Maritain ne L’uomo e lo Stato, relativa proprio alla funzione delle Costituzioni nelle società pluralistiche. Le istituzioni, gli ordinamenti, lo Stato, devono essere sempre al servizio della persona; un concetto determinante nel progetto per la nuova Europa che dovrebbe, in fondo, incassare la disponibilità degli Stati nazionali, rivelatisi incapaci nel corso del secolo precedente a difendere tali valori ‘ pensiamo ai vari totalitarismi e ai conseguenti genocidi – a cedere a istituzioni superiori e comuni una quota della propria sovranità. Le radici cristiane, con le loro implicazioni personalistiche e democratiche, e la disponibilità degli Stati nazionali a cedere sovranità appaiono due degli elementi fondanti l’identità della Nuova Europa; in questo contesto, la questione del riferimento o non riferimento ‘a Dio’ nella Costituzione appare, a mio avviso, ambigua e compromettente: il rischio cioè è di nominare Dio invano. Il regime di cristianità che ha caratterizzato la storia dell’Europa è tramontato; riconoscere l’importanza del cristianesimo nelle radici dell’Europa non significa inseguire progetti di nostalgia, rincorrere prospettive di ritorno alla ‘cristianità medievale’, non più realizzabili. La storia dell’Europa, a partire dalla frattura religiosa del Cinquecento, allorché appunto si passò ad opera di Lutero e degli altri riformatori, dall’Europa cristiana del Medioevo alle Chiese cristiane dell’età moderna, è lì a insegnarci che non sono state le istituzioni politiche e religiose a ispirarsi al Vangelo, come attestano le guerre di religione, le persecuzioni, le violenze e le oppressioni, bensì spesso i singoli e le comunità hanno avuto un ruolo determinante nel tramandare i valori fondamentali dell’ispirazione cristiana. Penso, per esempio, alla possente figura di Erasmo da Rotterdam e al suo progetto di umanesimo cristiano che esaltava i valori universali di concordia, di civiltà, che trovarono coronamento nell’ideale di tolleranza; penso agli eretici italiani Fausto e Lelio Socini, sostenitori del libero arbitrio, della tolleranza religiosa e fautori di un forte rigore etico e morale nella vita sociale, penso, infine, alla figura di Ludovico Antonio Muratori e al suo tentativo, nel secolo dei Lumi, di affermare metodi razionali nella pratica religiosa attraverso la promozione di una ‘regolata devozione’. Questa ricca eredità non va dispersa, va anzi ricordata con fierezza, ma è giustificata solo dalle azioni e dalle opere, talvolta umili, che la fede ha ispirato a innumerabili testimoni.
Radici cristiane dell’Europa / 1 L’intervento di Mario Tosti
Le molte radici dell'Europa e l'alta sintesi cristiana
AUTORE:
Mario Tosti