Sesso senza amore__________Violenza sessuale al termine di una festa tra amici o dopo la discoteca. L’hanno subita quattro ragazze che si sono rivolte al consultorio per verificare se hanno contratto malattie o se aspettano un bambino. ‘Non so se poi hanno sporto denuncia’ ha detto Elena Carpano, ginecologa allo ‘Spazio Giovani’ del consultorio di via XIV settembre a Perugia, spiegando che ‘fino a due anni fa i casi di violenza sessuale erano rarissimi, uno ogni cinque o sei anni’. L’aumento di casi rispetto agli anni precedenti (e il sospetto è che siano più di quelli dichiarati) per la dottoressa Carpano è da imputare a due fattori: meno pudore nel denunciare alcune situazioni ma anche aumento dei comportamenti a rischio. Tre delle quattro ragazze che si sono rivolte al servizio, hanno dichiarato di essere state violentate dopo aver bevuto. ‘C’è molta più libertà nei costumi – ha sottolineato la ginecologa – e per i giovani la sessualità è spesso associata solo al sesso’. In queste circostanze, spiega la dottoressa Carpano, per il colloquio con le ragazze è richiesta la presenza di due operatori, si accerta che non ci siano lesioni gravi, si compiono gli esami da ripetere dopo sei mesi, si consiglia la pillola del giorno dopo e si propone l’aiuto di uno psicologo. ‘Ma difficilmente accettano, così come, raramente, ritornano per la seconda tornata di controlli’.________________La notizia circa l’aumento delle aggressioni sessuali a danno di giovani donne perugine induce ad alcune considerazioni. Prima di tutto va messo in evidenza come i casi di cui si tratta siano accaduti in circostanze che vedevano le vittime, e probabilmente tutta la situazione a loro contestuale, in stato di alterazione dopo una festa o una discoteca. Riteniamo che questi episodi siano solamente la punta di un iceberg che ha dimensioni estese quanto il tessuto sociale stesso. Vogliamo intendere che queste violenze sono l’espressione ultima di una comune mentalità che ha ridotto il fatto affettivo-relazionale tra un ragazzo e una ragazza ad una prova di forza, ad un fatto strumentale nel quale sono dati per scontato alcuni elementi. Il primo di questi è che l’esperienza sessuale è una risposta ad un bisogno-diritto-impulso che si prova al momento (che magari è preparato da abbondante consumo di alcool o altro per abbassare le inibizioni) e che è considerato improcrastinabile e funzionale al proprio soddisfacimento. È chiaro che in questa ottica l’altro è lo strumento per raggiungere il proprio godimento che è percepito come un diritto. L’altro non sta di- fronte-a- me ma al-mio-servizio. Se questa mentalità aggressiva è tipicamente maschile, dobbiamo purtroppo rilevare che da parte femminile c’è allo stesso modo un notevole oscuramento delle coscienze che produce una inconsapevolezza sulla propria dignità espressione di un pressoché totale analfabetismo del fatto affettivo. Non possiamo che condividere l’opinione della dottoressa Carpano circa la riduzione della sessualità a sesso: difatti il linguaggio comune dei nostri adolescenti e giovani è ‘o fatto sesso’intendendo con questa espressione l’esercizio genitale non necessariamente espressione, almeno, di sentimenti. Incontrando i giovani e percorrendo con loro la fatica della maturazione all’amore, si resta meravigliati di come tutta la struttura affettiva sia in balìa di strumentalizzazioni culturali che di cultura, intesa come crescita in umanità, hanno ben poco. L’educazione sessuale che viene loro impartita punta sulla funzionalità genitale e sul diritto ad un sesso sicuro. Che questo sia inserito in un progetto che coinvolge tutta la vita umana e che in questo ambito è la totalità della persona e del suo destino ad essere messo in gioco, spesso ai nostri educatori sessuali non viene neppure in mente. L’educazione sessuale è in realtà educazione all’amore, ed è cosa ben diversa. Quando i giovani scoprono questo, allora si apre davanti a loro un universo, non ‘iò che la Chiesa vieta’ ma ciò che gli è proposto, secondo ragione, per aprire la porta della felicità. E la felicità, non va mai dimenticato, è sempre espressione della dignità propria ed altrui. È questo quello che manca completamente all’impianto di insieme che i nostri giovani ricevono dagli adulti, i primi a vivere un analfabetismo crasso su questi temi con il risultato dell’imbarbarimento della coscienza e delle relazioni uomo-donna. Una battuta infine, sul ruolo dei consultori: apprezzabilissimo ma, sarebbe possibile aprire il campo ad una modalità consultiva che preveda un approccio diverso dal suggerire la contraccezione d’emergenza? Di fronte alla violenza di uno stupro, aiuta veramente somministrare un farmaco che, riteniamo, espone la giovane ad un’ ulteriore ferita nella coscienza? Noi crediamo di no, crediamo anzi che questo approccio sia funzionale al potenziamento di quella mentalità strumentale di cui sopra abbiamo accennato.
Questo il modello proposto ai giovani. Ma chi gli insegna ad amare?
Un rapporto sessuale preteso come fosse un diritto per soddisfare il proprio piacere. E la donna ridotta ad oggetto.
AUTORE:
Roberta Vinerba