Che belle, il pomeriggio di domenica 23 febbraio 2014, le due ore e passa trascorse nel Duomo di Perugia gremito di gente, stretti intorno a Gualtiero Bassetti, neo cardinale di Santa Romana Chiesa, che Papa Francesco ha capato in una selva di zucchetti violacei assortiti, regalandogli uno zucchetto color porpora, perché faccia il cardinale così come lo intende lui.
Dalla parte destra del transetto, dov’ero seduto, tra i preti come me, riuscivo a vedere poco o niente, anche per la barriera formata dalle mitre dei Vescovi che sedevano 80 cm. più in alto. “Babo, perché ‘l vescovo se mette su la testa quela gumèra?” Gumèra, vomero. Da bambino l’avevo chiesto a babbo Adamo, che non aveva saputo rispondermi. Se qualcuno me le chiedesse oggi, risponderei: per impedire di vedere. Effettivamente non di rado la politica di certi settori delle gerarchie ecclesiastiche è stata improntata al proposito di nascondere, più che a quello di trasmettere.
Ma se non vedi, pensi. E io ho pensato a lungo, in quelle due ore. A molte cose. Anche, a quel 20 giugno 1859, quando le truppe papali, forti di duemila Svizzerotti dagli occhi di ghiaccio, sfondarono a Porta San Pietro le gracili difese dei Perugini, rei di non volere più lo Stato Pontificio, e passarono sopra le barricate, presero d’assalto tutte le case ed il convento ove uccisero e ferirono quanti poterono, non eccettuate alcune donne, e … nella Locanda a S. Ercolano uccisero il proprietario e due addetti: è la testimonianza di prima mano di un ufficiale dell’Esercito pontificio. Poi il beato Pio IX, a malincuore (credo, e spero) fece coniare una medaglia al valore per gli “eroi” di quelle giornate.
Quanto tempo è passato! Molto più di un secolo e mezzo. Intravvedevo a tratti, fra la selva di “gumère” vescovili, la faccia paciosa di Catiuscia Marini e quella arguta di Wladimiro Boccali, che è la stessa di quando, poco meno di venti anni fa, fondammo il CeSVol di Perugia, mia la prima firma, sua la seconda: aveva messo i calzoni lunghi da pochi giorni. Pensavo: loro sarebbero gli eredi delle vittime di allora, noi saremmo gli eredi dei carnefici di allora? Ma anche stavolta il calcolo dei dadi più non torna. Le parti si invertono, e la vittima diventa il prepotente. Il vero incontro fra Stato e Chiesa doveva avvenire sul piano sociale, lo Stato doveva chiedere alla Chiesa di esprimere al massimo le enormi potenzialità che nel rapporto con i poveri il Vangelo le assegna, e riservarsi di verificarne la correttezza civile e l’inquadramento in un disegno operativo d’insieme stabilito dallo Stato. E invece … Eh sì! La lingua batte dove il dente duole. Duole da quando Lorsignori nel 2005 dissero di voler recuperare il principio di sussidiarietà nel nuovo Statuto della Regione Umbria e riuscirono solo ad abbozzarne una caricatura.